di
Guido Olimpio

Sono state diffuse altre immagini del presunto sparatore: figura tarchiata, cappuccio, mascherina

Sono passati 5 giorni dall’attacco in un’aula della Brown University a Providence, nel Rhode Island, ma il killer resta introvabile. Un crimine, costato la vita a due studenti, diverso dai tanti episodi che hanno insanguinato le scuole americane. Una storia che è diventata anche tema di scontro politico.

L’Fbi, in collaborazione con la polizia locale, ha esteso le ricerche e ha offerto una ricompensa di 50 mila dollari a chiunque fornirà informazioni utili. Gli agenti hanno perlustrato il quartiere, sono stati interrogati gli abitanti e soprattutto hanno esaminato i video dei sistemi di sicurezza. Martedì sono state diffuse altre immagini del presunto sparatore: figura tarchiata, cappuccio, mascherina. Si aggira lungo un marciapiede, si guarda intorno. Per la polizia avrebbe l’atteggiamento di un criminale che fa una ricognizione. Sono filmati precedenti all’attentato, registrati attorno alle 10 del mattino. Clip che si aggiungono ad un’altra dove l’individuo cammina in modo tranquillo, senza fretta, nonostante abbia appena sparato in un’aula del primo piano dell’ateneo dove erano in corso gli esami. Almeno 40 i proiettili esplosi di una calibro 9.



















































Compiuta l’incursione l’omicida si è allontanato e non ci sono altri filmati perché questa sezione dell’edificio è dotata di meno telecamere rispetto al resto del complesso. Un particolare che ha fornito a Donald Trump il pretesto per una polemica con l’Università accusata di non aver fatto abbastanza per vigilare. Un modo forse di deviare l’attenzione dai vertici dell’FBI. Il direttore Kash Patel, da tempo oggetto di critiche, aveva annunciato la cattura del killer già nelle ore successive inducendo all’errore anche il presidente. Poi è stato fermato un veterano dell’esercito, un tiratore scelto, ma è stato rilasciato subito.

Chi indaga – e qualche esperto – si interroga sul comportamento dell’omicida. Le statistiche dicono che nel 70 per cento dei casi lo sparatore che prende di mira una scuola si toglie la vita oppure aspetta l’arrivo della polizia. Per consegnarsi oppure cercare il suicidio per mano degli agenti. Ci sono per contro delle eccezioni, con il responsabile in fuga e individuato dopo un po’ di tempo. L’aspetto anomalo è comunque considerato, anche perché non c’è molto altro.

Nella vicenda della Brown University l’omicida è parso in pieno controllo. È entrato con facilità nell’ateneo perché l’ingresso era libero, senza eccessivi controlli. Ha sfruttato a proprio vantaggio l’andirivieni nei corridoi in quanto c’erano i test. Una volta dentro non è stato «captato» dagli occhi elettronici e poi ha lasciato la zona indisturbato. La sua presenza lungo i viali circostanti prima dell’assalto può far pensare ad un sopralluogo.
Viene da chiedersi se si farà vivo con qualche messaggio. Sta studiando le reazioni?

Gli autori di gesti violenti spesso cercano di fornire pretesti, sono considerati dei cacciatori di infamia, vogliono notorietà negativa, del tipo «adesso sapete chi sono». E, non di rado, come i terroristi professionisti lasciano un manifesto in rete. Vedremo cosa accade.

In queste ore c’è poi un altro dossier ad impegnare gli inquirenti e coinvolge sempre il mondo universitario. 

Nuno Loureiro, 47 anni, professore al famoso MIT di Boston, specialista di questioni nucleari, è stato trovato senza vita all’interno della sua abitazione a Brookline, Massachusetts. Causa del decesso: omicidio. Una figura di prestigio nella realtà accademica, a capo di un dipartimento importante. 

L’FBI, al momento, ha escluso collegamenti con quanto avvenuto alla Brown University, distante circa 50 miglia.

17 dicembre 2025