Il Parlamento europeo vuole una stretta sull’uso di algoritmi e intelligenza artificiale nei luoghi di lavoro, per evitare che assunzioni, licenziamenti, valutazioni o sanzioni disciplinari siano decisi da sistemi automatizzati senza un controllo umano effettivo. 

Con il diffondersi delle nuove tecnologie, il rischio del controllo stile Grande fratello digitale si fa sempre più forte, e già in passato sono emersi diversi casi che hanno fatto discutere non poco.

I casi più eclatanti

Un caso simbolo riguarda Amazon in Francia, dove lo scorso anno l’autorità garante ha inflitto una maxi sanzione da 32 milioni di euro all’azienda, che ha fatto ricorso, per pratiche di monitoraggio nei magazzini ritenute in violazione del diritti dei lavoratori, monitoraggio che avveniva anche attraverso indicatori che misuravano in modo estremamente granulare i ritmi e le prestazioni dei lavoratori.

La Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés (Cnil) ha puntato il dito contro il controllo automatizzato che veniva fatto sull’uso degli scanner dei pacchi. IN particolare tre pratiche sono state dihciarate illegali dalla Commissione: lo “Stow Machine Gun” che registra il dipendente che scansione un articolo in meno di 1,25 secondi dopo la scansione dell’articolo precedente, l’indicatore “Tempo di inattività” che segnala quando un dipendente non ha scansionato nulla per dieci minuti o più e l’indicatore “Latenza inferiore a dieci minuti” segnala quando non si scansiona nulla per un tempo compreso tra uno e dieci minuti. 

Nel 2021 invece, in Italia un tribunale ha ritenuto discriminatorio il sistema di ranking usato da Deliveroo per assegnare le sessioni di lavoro, perché per i giudici finiva per penalizzare indiscriminatamente anche chi si assentava per motivi legittimi (come malattia o sciopero), aprendo un precedente spesso citato nel dibattito europeo sulla gestione algoritmica.

Approccio incentrato sulla persona

In una relazione di iniziativa legislativa approvata a larga maggioranza (451 voti a favore, 45 contrari e 153 astensioni), gli eurodeputati invitano la Commissione a presentare una nuova proposta normativa che estenda a tutti i lavoratori europei le garanzie già previste per chi opera sulle piattaforme digitali.

“Questo tema riguarda sia i datori di lavoro sia 200 milioni di lavoratori nell’Ue. Un approccio incentrato sulla persona è fondamentale e i diritti, la sicurezza e la dignità di datori di lavoro e lavoratori devono essere rigorosamente rispettati”, ha dichiarato il relatore del testo, il popolare polacco Andrzej Buła, secondo cui “si tratta di un segnale forte: l’Europa può coniugare competitività e responsabilità sociale. Può sostenere le imprese innovative senza sacrificare standard elevati e la tutela dei lavoratori”.

Nel testo, l’Eurocamera sottolinea che la trasformazione digitale del lavoro deve essere guidata da un principio chiaro: le nuove tecnologie devono essere utilizzate “con l’obiettivo generale di servire le persone”, seguendo un approccio “incentrato sull’essere umano”, fondato su etica, precauzione e controllo umano effettivo.

Niente lavoro “deciso da una macchina”

Il principio cardine della risoluzione è che la gestione algoritmica non può sostituire la responsabilità umana. Il Parlamento afferma che il controllo umano non deve essere “un esercizio meramente formale”, ma una garanzia concreta per “verificare, spiegare e correggere le decisioni prese dall’intelligenza artificiale” che incidono sulla vita professionale dei lavoratori.

Per questo, la relazione stabilisce che le decisioni che incidono sugli aspetti essenziali del rapporto di lavoro, dall’assunzione alla cessazione, dal rinnovo contrattuale alle variazioni retributive o alle sanzioni disciplinari, “devono sempre essere prese da una persona ed essere soggette a revisione umana”. Gli algoritmi possono supportare, ma non sostituire, la decisione finale.

Diritto di sapere come funziona l’algoritmo

La trasparenza è uno dei pilastri della proposta. Secondo il Parlamento, i lavoratori devono sapere se e come vengono utilizzati sistemi di gestione algoritmica nel loro luogo di lavoro. La risoluzione chiede che i datori di lavoro forniscano informazioni chiare e accessibili sull’uso di questi sistemi, sul loro impatto sulle condizioni di lavoro e sui dati trattati.

Nel testo si legge che le informazioni devono permettere ai lavoratori di “comprendere come i sistemi algoritmici influenzano le decisioni che li riguardano e di esercitare i propri diritti”. I dipendenti devono inoltre poter chiedere spiegazioni e ottenere una revisione delle decisioni automatizzate che li riguardano.

Privacy: linee rosse invalicabili

Sul fronte della protezione dei dati personali, la risoluzione fissa paletti molto chiari. Il Parlamento chiede di vietare la raccolta e il trattamento di informazioni particolarmente sensibili, come dati sullo stato emotivo, psicologico o neurologico dei lavoratori, sulle comunicazioni private o sulla geolocalizzazione al di fuori dell’orario di lavoro.

La relazione parla esplicitamente di pratiche che non devono essere ammesse, come l’uso dei dati “al di fuori dell’orario di lavoro, quando il lavoratore non offre né svolge prestazioni lavorative o si trova in spazi privati”, o il trattamento di informazioni volte a prevedere l’esercizio di diritti fondamentali, dalla libertà di associazione alla contrattazione collettiva.

Salute, sicurezza e carico di lavoro

Il Parlamento lega strettamente la gestione algoritmica alla tutela della salute e della sicurezza. La risoluzione avverte che questi sistemi possono aumentare pressione, intensità del lavoro e rischi psicosociali, portando a stress, burnout e perdita di autonomia. Per questo chiede che l’introduzione o la modifica significativa di sistemi algoritmici sia sempre accompagnata da una valutazione dei rischi per la salute fisica e mentale dei lavoratori.

Nel testo si sottolinea che l’intelligenza artificiale deve essere usata come “uno strumento di supporto con un reale valore aggiunto per i lavoratori” e non come uno strumento di sorveglianza invasiva o di intensificazione incontrollata del lavoro.

Tutele oltre le piattaforme digitali

La risoluzione riconosce che l’Ue dispone già di un quadro normativo su intelligenza artificiale e protezione dei dati, dal regolamento sull’IA al Gdpr, e che la direttiva sul lavoro tramite piattaforme digitali ha introdotto regole importanti sulla gestione algoritmica. Tuttavia, il Parlamento avverte che queste tutele “si applicano solo alle persone che svolgono lavoro tramite piattaforme”, mentre l’uso degli algoritmi si sta estendendo a tutto il mercato del lavoro.

Per questo, gli eurodeputati chiedono di garantire “pari trattamento a tutti i lavoratori” e di colmare le lacune che lasciano milioni di dipendenti meno protetti rispetto a pratiche automatizzate opache o discriminatorie.

Palla alla Commissione

Trattandosi di una relazione di iniziativa legislativa, ora spetta alla Commissione europea rispondere alla richiesta del Parlamento. In base ai Trattati, l’esecutivo Ue ha tre mesi per indicare le misure che intende adottare o spiegare le ragioni di un eventuale rifiuto.