di
Gaia Piccardi

Le tensioni tra lo storico allenatore e il numero uno del mondo sono culminate con il divorzio unilaterale. Carlos verrà seguito da Lopez, il ruolo del fratello Alvaro crescerà

Carlitos è cresciuto. Adesso è Carlos, e vuole fare a modo suo. A 32 giorni dall’inizio ufficiale della stagione 2026, Alcaraz annuncia il divorzio dall’allenatore che l’ha allevato come un quarto figlio, portandolo a vincere 24 titoli Atp (6 del Grande Slam) a 22 anni, Juan Carlos Ferrero. Come nella separazione non consensuale tra Jannik Sinner e Riccardo Piatti, è la crisi del settimo anno a scatenare la rottura ed è ancora una volta il coach a subire la decisione del giocatore. «Juanki ed io abbiamo deciso di concludere la nostra storia. Grazie per aver trasformato i sogni di un bambino in realtà», è il messaggio che Alcaraz affida al megafono dei social, lasciando intendere che sia una scelta condivisa. Ma Ferrero lo smentisce: «Siamo stati una squadra incredibile, sono sicuro che continuerete a raggiungere grandi successi. Avrei voluto continuare».

Era previsto che Carlitos partisse per l’esibizione di Seul del 10 gennaio con Sinner insieme a Ferrero e che poi proseguissero per Melbourne, dove il 18 gennaio scatta l’Australian Open, primo obiettivo dichiarato dell’anno nuovo. Invece no. E non è un caso che il brusco distacco arrivi proprio all’inizio della rinegoziazione del contratto del tecnico, che aveva accolto alla sua accademia a Villena (Alicante) il giovane Alcaraz a 15 anni. Culminano, con la rivoluzione, tensioni crescenti già raccontate nella docu-serie di Netflix e riemerse al tavolo della definizione dei dettagli: la libertà che il ragazzo chiede e il maestro non concede, il fastidio per le vacanze a Ibiza contingentate, la richiesta di allenarsi a Murcia non accordata. In generale, l’intransigenza che Jannik rimproverava a Piatti, pur essendo molto più tagliato per una vita (quasi) monastica. L’anomalia della tempistica è evidente: sostituire il coach quando si è in vetta. Però è chiaro anche il senso: lasciarsi un attimo prima di cominciare a detestarsi.



















































Dopo le esibizioni negli Usa (vittoria con Fonseca, sconfitta con Tiafoe), l’off season di Alcaraz era scattato il 13 dicembre con una settimana di palestra. Completati i test fisici (compreso il Vo2 Max con la maschera che misura il massimo consumo di ossigeno durante uno sforzo intenso), il ritorno in campo era previsto ieri, aspettando l’arrivo di Flavio Cobolli da Montecarlo come sparring partner. La tabella di marcia non cambia, cambia chi accompagnerà Alcaraz verso i nuovi traguardi e le prossime sfide con Sinner, eletto campione del mondo dall’Itf per il secondo anno di fila: sarà Samuel Lopez, 55 anni, a seguire la crescita del talento di Murcia. Uno strappo nel segno della continuità. «Samu» già si alternava con Ferrero in panchina, con la nomea di portafortuna: con Lopez a bordo campo, Alcaraz ha sempre vinto. E crescerà d’importanza il ruolo di Alvaro Alcaraz, fratello maggiore di Carlos, suo palleggiatore.

La necessità di un super coach verrà valutata strada facendo. I nomi più gettonati, al di là della fascinazione di Rafa Nadal come tutore di lusso (ma l’ex niño avrà voglia di ricominciare a viaggiare?), sono sempre spagnoli: David Ferrer capitano di Coppa Davis e Carlos Moya ex n.1. Certo le incognite del contraccolpo emotivo del parricidio di Ferrero, rimangono. Ma, a volte, si cresce anche così. Sinner insegna.

18 dicembre 2025 ( modifica il 18 dicembre 2025 | 07:22)