Uno dei momenti che ha lasciato i presenti alla presentazione della Vuelta España 2026 più sorpresi è stato indubbiamente l’omaggio che, una volta svelato il percorso della prossima edizione, gli organizzatori della corsa iberica hanno voluto tributare a Chris Froome, presente in sala per l’occasione.

Vedendo scorrere le immagini scelte per celebrare il quarantenne di Nairobi e, in generale, pensando al carattere dell’iniziativa intrapresa da Unipublic, a quasi tutti in sala è venuto spontaneo pensare che tale gesto fosse il preludio, di lì a poco, dell’annuncio del ritiro da parte del quattro volte vincitore del Tour de France che però, invece, non è arrivato.

Inevitabile dunque, una volta conclusa la cerimonia, andare a chiedere al diretto interessato lumi circa le sue intenzioni e il suo futuro da atleta, questione questa sul quale Froome non si è voluto sbilanciare illustrando comunque in maniera educata ed esaustiva il suo punto di vista.

Non sono ancora pronto per parlare dei miei piani per il futuro, ma quando lo sarò lo farò sapere a tutti. Una tempistica? Nei prossimi due mesi” ha detto l’ex Israel-Premier Tech.

“Dal mese scorso mi sto solo concentrando solo sul recupero e provando a rimettermi in salute. Posso dire che un’idea abbastanza buona ce l’ho, ma non sono ancora pronto ad annunciarla” ha chiarito ulteriormente Froome, vittima a fine agosto di una caduta potenzialmente fatale dove si è procurato la frattura di cinque costole e una vertebra lombare, uno pneumotorace e, soprattutto, una lacerazione delle membrane pericardiche.

Da tutto ciò Froome, seppur ancora lontano dalla piena riabilitazione, ha saputo recuperare in tempi record a tal punto da tornare ad uscire su strada a fine novembre e riuscire a presenziare sulle sue gambe (e senza apparenti ostacoli) alla presentazione del tracciato 2026 della Vuelta che non ha mancato di apprezzare.

“È davvero incredibile come gli organizzatori riescano a rendere ogni edizione più difficile della precedente. Penso che il prossimo anno non deluderà le attese. Sarà l’edizione con il maggior dislivello mai registrato nella storia dell’evento e poi con il percorso che, partendo da Monaco e proseguendo poi verso sud per tutta la gara, il caldo diventerà sempre più intenso e un fattore brutale” ha commentato il “kenyano bianco”, trionfatore (nel 2011 e nel 2017) di una corsa che sicuramente porta e porterà sempre nel cuore.

“Penso che la Vuelta sia diversa dagli altri Grandi Giri. Non hai la stessa pressione che provi al Tour de France, ma, allo stesso tempo, direi è ancora più brutale dal punto di vista sportivo. I tifosi poi sono incredibili e il paese, tra il nord, il sud e tutte le zone intermedie, ha davvero tanto da offrire. È sempre una gara speciale. Il ricordo più prezioso? Direi la mia prima vittoria da professionista a Peña Cabarga: non la dimenticherò mai perché è lì che per me è iniziato tutto, è lì che ho acquisito consapevolezza riguardo al mio potenziale per la generale dei Grandi Giri e a ciò che avrei potuto ottenere come ciclista professionista” ha chiosato un Froome ammorbidito dalle dolci carezze dei ricordi quasi 15 anni fa.