C’è un nuovo asse dell’Eurosinistra che lancia un appello a tutti i governi del continente: sull’immigrazione. Non è quello che ci si aspetta. Il Manifesto in questione chiede e promette politiche più restrittive, legittima regole severe, espulsioni incluse. A guidare questa nuova linea sono Londra e Copenaghen. Sarebbe più corretto invertire l’ordine: Copenaghen e Londra (spiego subito il perché). 

Mi riferisco all’articolo firmato congiuntamente dal premier britannico Keir Starmer e dalla premier danese Mette Frederiksen. Laburista lui, socialdemocratica lei. Anche la testata che hanno scelto per questa loro uscita è schierata: The Guardian, quotidiano inglese, è uno dei media saldamente ancorati nell’universo progressista



















































Ma la linea che i due leader dell’Eurosinistra propongono è molto diversa da quella che altre forze della famiglia socialista hanno difeso in passato, o sostengono tuttora. Accennavo al «primato» della leader socialdemocratica danese: in effetti la sinistra di governo a Copenaghen ha avuto un ruolo pionieristico nell’applicare in casa propria politiche molto rigorose sull’immigrazione: controlli, limitazioni, e requisiti stringenti sull’integrazione dei nuovi arrivati. Non a caso in Danimarca non c’è un’avanzata dell’estrema destra paragonabile a quella di altri Paesi. In questo senso è il laburista Starmer che prende esempio. Insieme i due rappresentano comunque un pezzo rilevante della sinistra di governo europea.

Attiro la vostra attenzione su un fatto: questo non è solo un generico appello a politiche più severe. Frederiksen e Starmer osano affrontare un tabù, sia pure con delicatezza, nella parte finale dell’articolo: la normativa internazionale sul diritto di asilo. Questa legislazione ha un impianto – in tutto l’Occidente, ma non altrove – che risale alla fine della Seconda Guerra Mondiale, all’Olocausto, al senso di colpa per i troppi ebrei in fuga dallo sterminio nazista che si videro chiudere le frontiere in faccia. Ma quell’impianto è diventato inadeguato, obsoleto, a furia di essere abusato. Oggi il diritto d’asilo è invocato in circostanze ben diverse, da flussi migratori di tutt’altra natura, scrivono i due premier di sinistra. (Aggiungo che quella precisa definizione del diritto d’asilo che conosciamo in Occidente, è assente o molto diversa, non a caso, in vaste aree del mondo tra cui la Cina e anche grandi democrazie come India e Giappone). Ecco cos’hanno scritto la premier danese e il collega del Regno Unito su The Guardian:

«Quando la fiducia nella capacità dei governi di affrontare le sfide del presente vacilla, il nostro senso di appartenenza condivisa può incrinarsi. In qualità di primi ministri di due grandi nazioni europee, non permetteremo che questo accada.

Il modo in cui affrontiamo l’immigrazione irregolare è al centro di questa sfida, e sappiamo che la risposta deve essere all’altezza della sua portata.

Le comunità dei nostri concittadini devono sentirsi sostenute, non sotto pressione. L’asilo per chi fugge davvero da persecuzioni resterà sempre il segno distintivo di Paesi civili e compassionevoli. Ma controllare chi entra è un compito essenziale di ogni governo, ed è ciò che l’opinione pubblica giustamente chiede.

È per questo che entrambi stiamo intraprendendo azioni concrete per rimettere in sesto il sistema dell’asilo. La Danimarca ha fatto da apripista, con riforme severe ma giuste che hanno prodotto risultati.

Lo scorso anno, il numero di persone a cui è stato concesso l’asilo in Danimarca è stato il più basso degli ultimi quarant’anni, escluso l’anno del Covid 2020.

Anche il Regno Unito ha intrapreso passi simili. Dopo anni di espedienti e politiche fallimentari, stiamo andando oltre ogni precedente: rafforzando le espulsioni di chi non ha diritto a restare, rendendo la stabilizzazione nel Paese dipendente dall’integrazione e dal contributo alla società, e allo stesso tempo spingendo per un’azione internazionale coordinata.

L’attuale quadro dell’asilo è stato costruito per un’altra epoca. In un mondo di mobilità di massa, le risposte di ieri non funzionano più. Continueremo sempre a proteggere chi fugge da guerra e terrorismo, ma il mondo è cambiato e i sistemi di asilo devono cambiare con esso.

Oggi milioni di persone si muovono non solo perché la loro vita è in pericolo, ma perché cercano un futuro migliore. Se non tenessimo conto di questo dato, tradiremmo sia i bisogni dei veri rifugiati sia quelli delle comunità che per troppo tempo sono state chiamate ad assorbire cambiamenti rapidi.

Da decenni i cittadini dei nostri Paesi chiedono interventi. E noi stiamo intervenendo: non per sfruttare questi temi e alimentare risentimenti, come fanno alcuni, ma per trovare soluzioni reali.

Il modo migliore per contrastare le forze dell’odio e della divisione è dimostrare che la politica progressista e di governo è in grado di risolvere questo problema.

Ascoltare le preoccupazioni legittime e agire di conseguenza è l’essenza della nostra politica. Non è populismo vuoto, è democrazia. Siamo determinati a dimostrare che le nostre società possono agire con compassione, rispettando al tempo stesso la legge, l’ordine e l’equità.

Stiamo portando questo messaggio in tutta Europa, e l’impulso al cambiamento sta crescendo. Sempre più Paesi stanno adottando approcci simili: garantire protezione a chi ne ha realmente bisogno, collegandola però a chiare aspettative di integrazione e di contributo.

È questo che le persone vogliono dai loro governi: mantenere il controllo su chi entra e chi resta, e farlo alle nostre condizioni. Lo capiamo. E se si commettono reati gravi, si perde il diritto di restare. Questo principio non è estremo, è semplice buon senso.

Nel Regno Unito, le deportazioni di criminali stranieri sono aumentate del 12 per cento dallo scorso novembre e stiamo cambiando la legge per espellere i criminali stranieri più rapidamente, già nelle fasi iniziali della pena: togliendoli dalle nostre strade, dalle nostre carceri e risparmiando denaro ai contribuenti.

La migrazione deve essere ordinata, gestita e sostenibile. Le rotte irregolari non devono diventare l’opzione principale: per questo dobbiamo smantellare le reti di trafficanti di esseri umani che si nutrono della disperazione.

Insieme, chiediamo ai nostri amici in tutta Europa di fare di più per affrontare queste sfide comuni.

Ministri europei, compresi quelli di Regno Unito e Danimarca, si incontrano a Strasburgo per promuovere una modernizzazione dell’interpretazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, affinché il sistema della Convenzione, in cui crediamo, possa evolversi e rispecchiare le sfide del XXI secolo.

L’Europa ha già affrontato grandi prove in passato e le ha superate agendo insieme. Ora dobbiamo farlo di nuovo. Altrimenti, le forze che cercano di dividerci diventeranno più forti.

Questo è dunque il nostro messaggio: come governi responsabili e progressisti, realizzeremo il cambiamento che le persone chiedono a gran voce. Controlleremo i nostri confini per proteggere le nostre democrazie e rendere le nostre nazioni più forti che mai negli anni a venire».

18 dicembre 2025