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Alberto Giulini e Massimo Massenzio
Decine di indagati. Presidio di un centinaio di persone contro gli idranti della polizia: «Aska non si tocca». Lo Russo: «Disattese le condizioni per una collaborazione». L’idea era di legalizzare lo spazio come bene comune
Fine dell’esperienza dello storico centro sociale Askatasuna di Torino. Questa mattina, 18 dicembre, le forze dell’ordine stanno sgomberando lo spazio occupato da quasi trent’anni in corso Regina Margherita 47.
La destra esulta, sconfitta invece la linea del sindaco dem Stefano Lo Russo che aveva sponsorizzato l’idea di una legalizzazione come «bene comune».
«Askatasuna non si tocca, la difenderemo con la lotta. Se ci sgomberate bloccheremo tutto: pagherete caro, pagherete tutto» sono gli slogan dei militanti, un centinaio, presenti davanti al centro sociale. Alle 18 è previsto un corteo cittadino.
Dopo gli assalti pro Pal a Stampa e Ogr
Agenti dei reparti mobili e carabinieri presidiano la zona. Perquisizioni sono in corso anche all’interno di abitazioni di militanti. La maxi-operazione che ha portato all’irruzione allinterno del centro sociale , coordinata dalla procura di Torino, ed eseguita da questura carabinieri e guardia di finanza si inserisce nell’ambito dell’inchiesta sugli assalti compiuti nei mesi scorsi durante le manifestazioni pro Palestina a Ogr, stazioni, Città Metropolitana e alla sede de La Stampa.
Sequestrati pc, abiti e fumogeni
Le perquisizioni hanno interessato 8 attivisti e gli spazi del centro, con gli agenti che hanno sequestrato dispositivi elettronici, capi d’abbigliamento utilizzati durante le azioni violente contestate e fumogeni. Dalla questura fanno sapere, inoltre, che l’analisi del materiale audiovisivo acquisito servirà per individuare altri manifestanti «ritenuti responsabili degli atti più violenti e di definire compiutamente il quadro delle responsabilità personali». Violenza privata, lesioni personali aggravate, interruzione di pubblico servizio, danneggiamento aggravato, violenza e resistenza a pubblico ufficiale aggravata e blocco stradale in concorso sono i reati contestati.
Perquisizioni
Questa mattina sono stati eseguiti 8 decreti di perquisizioni, ma il fascicolo vede complessivamente decine di indagati per danneggiamento, imbrattamento, invasione di edifici, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Gli attivisti potranno entrare nello stabile, due alla volta e accompagnati dagli avvocati, per recuperare oggetti personali presenti nello stabile.
STORIA DI ASKATASUNA, IL CENTRO SOCIALE CHE DIVIDE LA POLITICA
Chiuso l’asilo
All’arrivo della polizia erano presenti sei attivisti all’interno di Askatasuna. Per motivi di ordine pubblico sono state chiusi per due giorni l’asilo e la scuola elementare accanto al centro sociale. Centinaia di uomini di polizia, carabinieri e guardia di finanza stanno presidiando l’area, militarizzata per impedire agli attivisti di avvicinarsi. In corso Regina Margherita il traffico è bloccato, non transitano le auto e trasporti pubblici.
Idranti sul presidio
Nel primo pomeriggio sono entrati in azione gli idranti per sgomberare il presidio di fronte ad Askatasuna. Dopo pochi minuti il presidio è stato sgomberato, è sparito il gazebo, ma gli attivisti sono tornati a occupare il viale centrale di corso Regina Margherita.
Lo Russo: mancato rispetto della collaborazione
Con lo sgombero decade anche l’idea della legalizzazione avallata da una delibera comunale emanata a inizio anno. «In questo contesto la Prefettura ha comunicato al Comune l’accertamento della violazione delle prescrizioni relative all’interdizione all’accesso ai locali di corso Regina Margherita 47». si legge in una nota del sindaco di Torino Stefano Lo Russo. «Tale situazione configura un mancato rispetto delle condizioni del patto di collaborazione (con un comitato di garanti, ndr) che pertanto è cessato, come comunicato ai proponenti».
Di quale «patto» si parla? Ricapitoliamo un po’ la vicenda: la giunta comunale lo scorso 18 marzo aveva approvato il rinnovo del patto di collaborazione per la trasformazione del centro sociale Askatasuna in bene comune, recependo anche la mozione che confermava l’accettazione dei metodi democratici e il ripudio di ogni forma di violenza e razzismo. La delibera rinnovava l’accordo, scaduto il 15 marzo, con un gruppo spontaneo di cinque cittadini per la cura e la rigenerazione dell’immobile di proprietà comunale.
Un comitato di garanti si era fatto carico di un progetto sui beni comuni, con la previsione di attività da svolgere al piano terra, mentre gli altri tre piani dell’edificio erano stati dichiarati inagibili e tra le clausole per il mantenimento del patto c’era proprio il divieto di utilizzare gli altri piani della palazzina.
Fdi esulta: «Con i violenti non si tratta»
«Ringraziamo il ministro Piantedosi per l’operazione di questa mattina, che conferma che avevamo ragione a chiedere la cancellazione del patto tra Comune di Torino e antagonisti. Con i violenti non si tratta, non si fanno accordi, non si nasconde la testa per fingere di non vedere», dichiarano la vicecapogruppo di FdI alla Camera Augusta Montaruli e l’assessore alle Politiche sociali della Regione Piemonte Maurizio Marrone.
Il ministro Zangrillo: non esistono zone franche
«Caro sindaco, te l’avevo detto, te l’avevamo detto. Adesso lo sgombero sùbito. Quel già assurdo patto di collaborazione siglato con il Comune è stato un’altra volta apertamente violato». Parole del ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, che prosegue: «Non esistono zone franche né scorciatoie ideologiche che giustifichino l’illegalità. Chi occupa spazi pubblici e non rispetta gli accordi presi con le istituzioni non può pretendere indulgenza o coperture politiche».
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18 dicembre 2025 ( modifica il 18 dicembre 2025 | 16:45)
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