di
Valentina Santarpia

La denuncia: la commissione che ha deciso aveva due soli criteri: altimetria e pendenza. «Banalizzata la complessità dei Comuni montani», dicono le società di geografia, offrendo aiuto per ridefinire i territori

«Una sforbiciata» giustificata solo dai tagli di spesa, che «banalizza» la «complessità e la diversità dei territori montani»: è l’accusa che le associazioni di geografia italiane rivolgono al governo dopo la scelta di ridurre il numero dei Comuni montani. L’Associazione dei Geografi Italiani (AGeI), l’Associazione Italiana di Cartografia (AIC), l’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia (AIIG), il  Centro Italiano per gli Studi Storico-geografici (CISGE), la Società Geografica Italiana, Società di Studi Geografici si ribellano alla decisione del ministro degli affari regionali Roberto Calderoli di rivedere la legge del ’52, già modificata nel ’94, per mettere ordine in un quadro «troppo vecchio», secondo il ministro. «La geografia italiana sin dagli anni Cinquanta – inascoltata – ha invocato una definizione complessa di “area montana”, basata su un’analisi multicriteriale che tenga conto delle caratteristiche territoriali, nel rispetto di tutte le aree montane e della loro varietà», reclamano le associazioni. Ma le novità introdotte, sostengono, arrivano da una commissione di sei esperti, indicati da Comuni, Province e Regioni, che aveva «le mani legate in partenza dai 2 soli criteri imposti dalla Legge 131/2025, ovvero altimetria e pendenza». 

Un approccio, contestano, «che non distingue la condizione montana fra le diverse regioni e parti del Paese, ma che semplicemente restringe le condizioni di riconoscimento, ne favorisce alcune – in particolare quelle del Nord – a scapito delle altre, perpetuando i divari territoriali che tanto hanno nuociuto allo sviluppo dell’Italia». In oltre 70 anni di storia dalla prima legge sulla montagna, «la novità di questa nuova classificazione è che rimane ancorata a criteri vecchi», denunciano i geografi. «Siamo quindi lontani da una definizione di montagna “vera” (vera poi per chi?), ma piuttosto ci troviamo di fronte alla necessità di giustificare tagli di spesa, in questo caso banalizzando la complessità e la diversità dei territori montani», concludono. Un esempio su tanti: «Chiunque può constatare che l’isola d’Elba con il monte Capanne supera i 1000 metri di quota, o che il territorio comunale di Vieste nel Gargano supera gli 800 metri di quota pur affacciato sul mare, eppure non sono nel novero dei Comuni montani». 



















































Di qui l’offerta di aiuto: «I geografi italiani mettono a disposizione le proprie competenze scientifiche per una definizione di “montanità” operativa e soddisfacente», dice la presidente dell’Associazione italiana geografi e geografe Elena Dell’Agnese. 

La legge difesa da Calderoli, approvata a settembre, e che porterà alla revisione dei Comuni montani a inizio anno, definisce montagna quel territorio con almeno il 25% di superficie sopra i 600 metri e il 30% con un 20% di pendenza. «Ma non è l’unico criterio», sottolinea il ministro. Un secondo stabilisce che anche con un’altimetria di 500 metri ci si può ritenere Comune montano: «Così si tutelano gli altipiani», continua. Quindi, terzo criterio, rientrano le amministrazioni circondate da monti.  Stando alle primissime stime, si passerà da quattromila (di 7.900 complessivi in Italia) a 2.800 Comuni, ossia il 30% in meno. Sul piatto della bilancia ci sono fondi consistenti: 40 milioni per la sanità, 16 milioni per sostenere la residenza con aiuti alle giovani coppie, altri 18,5 milioni per incentivare il telelavoro, 4 milioni per l’agricoltura e 2o milioni per le start up. Ci sono poi stanziamenti per scuole, nidi di comunità ma anche all’insediamento di università o comunque di istituti di alta formazione e per la banda larga. 


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18 dicembre 2025 ( modifica il 18 dicembre 2025 | 17:23)