È morto Michele Dancelli. Il grande campione bresciano è spento a 83 anni in una Rsa di Castenedolo, la sua città natale. Negli anni Sessanta e Settanta è stato uno dei più grandi in un ciclismo pieno di fenomeni. Fu contemporaneo di Adorni, Anquetil, Merckx, Gimondi, Poulidor, De Vlaeminck, e riuscì a trovare i suoi spazi: un’ottantina di vittorie in undici anni di professionismo, dal 1963 al 1974. Uomo veloce, coraggioso, amante delle fughe complicate e disperate. Era nato povero, da ragazzino aveva fatto il muratore per sostentarsi. Conobbe il ciclismo negli anni dell’adolescenza,a 14 anni, pedalando su una Condor azzurra. Nel 1963 la vittoria al campionato italiano dilettanti gli schiuse le porte del professionismo.

Con la Molteni a 21 anni

Il suo esordio da pro con la maglia della Molteni nel 1963, con in ammiraglia Giorgio Albani, che anni dopo sarebbe stato mentore di Merckx. Bronzo al Mondiale di Imola 1968 dietro Adorni e Van Springel, e Zolder 1969 (oro a Ottenbros, argento a Stevens), ha vinto due volte il titolo italiano, 11 tappe al Giro d’Italia ed è stato 14 giorni in maglia rosa. Si è anche imposto in una tappa al Tour 1969 e nella Freccia Vallone del 1966.

La Milano-Sanremo 1970

La più grande impresa di Michele Dancelli è la vittoria alla Milano-Sanremo del 1970. Un successo storico, il primo per un corridore italiano nella Classicissima dopo un digiuno di 17 anni (il precedente trionfo di Loretto Petrucci era datato 1953). L’azione vincente partì a quasi 200 chilometri dal traguardo: un gruppo di 17 corridori comprendente tanti dei grandi campioni dell’epoca – Franco Bitossi, Roger De Vlaeminck, Walter Godefroot, Gerben Karstens, Aldo Moser, Rik Van Looy e Italo Zilioli, oltre allo stesso Dancelli – si mosse in pianura, assai prima del Turchino, dove i fuggitivi transitarono con 5 minuti di vantaggio. Ai -70 km Dancelli scattò. Gli si riporò sotto De Vlamenick, ma Dancelli riuscì a staccarlo. Rimasto solo, il corridore bresciano mostrò le sue migliori doti di passista e portò al termine la sua lunga fuga giungendo sul traguardo con oltre un minuto e mezzo di vantaggio su Karstens, Leman, Zilioli, Godefroot e Wolfshohl. Il favoritissimo Eddy Merckx arrivò a oltre 2 minuti. Al Giro 1970 Dancelli si piazzò 4°, con 4 vittorie di tappa. Indossò 8 volte la maglia azzurra ai Mondiali. La sua carriera venne tagliata in due da una frattura al femore durante la Tirreno-Adriatico 1971. Dopo aver lasciato la bici nel 1974 di dedicò al settore immobiliare. Negli ultimi anni si divertiva ad accompagnare cicloamatori. Gianni Mura lo definì “un sognatore nomade”. “Adesso i critici mi daranno la patente di campione?”, domandò Dancelli sul podio della Sanremo 1970. Lo è stato. Un grandissimo, indimenticabile campione.