di
Livia Gamondi

I «Musei gentili» sono aperti a tutti e davvero fruibili da tutti, anche da chi vive una disabilità fisica o cognitiva. Luoghi in cui l’accessibilità non è un servizio speciale da prenotare in anticipo, ma una condizione naturale

Musei, siti archeologici, centri di cultura stanno vivendo una trasformazione che li porta a essere sempre più vicini alle persone: si sta passando da luoghi dove è possibile ammirare opere «a distanza» senza toccare a luoghi dove vivere appieno l’esperienza della bellezza e che spesso si può anche toccare con mano. Sono sempre più numerosi i musei che stanno cambiando pelle, trasformandosi da spazi di mera conservazione a luoghi di esperienza, di bellezza vissuta, di incontro autentico. Nasce così l’idea dei «Musei gentili»: musei aperti a tutti e davvero fruibili da tutti, anche da chi vive una disabilità fisica o cognitiva. Luoghi in cui l’accessibilità non è un servizio speciale da prenotare in anticipo, ma una condizione naturale, discreta, che non segna differenze né crea etichette. Perché, quando lo desidera, la persona con fragilità deve poter entrare in un museo con la stessa libertà di chiunque altro. C’è poi una dimensione ancora più profonda, spesso sottovalutata: l’accesso alla cultura è un’attività fondamentale per la crescita, l’autonomia e il benessere delle persone con disabilità intellettive. L’esperienza artistica stimola le emozioni, rafforza le capacità cognitive e relazionali, offre strumenti per esprimersi e riconoscersi. L’arte non è solo qualcosa da contemplare, ma un linguaggio che cura, che accompagna, che può diventare parte di un percorso di supporto e di una qualità della vita migliore. In questa prospettiva il museo diventa uno spazio di cura gentile, dove la bellezza non è un privilegio, ma un diritto condiviso.

L’inclusione passa anche dalla bellezza

«Museo per tutti» è il progetto di accessibilità ai luoghi della cultura promosso dall’associazione L’abilità Onlus. Nato nel 2015, ha l’obiettivo di rendere fruibili collezioni permanenti, siti archeologici, musei e mostre temporanee attraverso guide facilitate, redatte in linguaggio Easy to read e con i simboli della Comunicazione aumentativa alternativa (grazie all’utilizzo dei simboli ARASAAC), e strumenti educativi specifici pensati per le persone con disabilità intellettiva. Oggi, sono 35 i luoghi di arte e cultura e 16 i beni del Fai, Fondo per l’ambiente italiano, che hanno aderito al circuito. La finalità è migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità intellettiva, permettendo loro di vivere l’esperienza della visita culturale come ogni cittadino: comprendere il patrimonio grazie a linguaggi accessibili, interiorizzarne la bellezza sul piano cognitivo ed emotivo e sentirsi parte di una narrazione culturale condivisa da cui troppo spesso restano escluse. «Per le persone con disabilità intellettiva l’accesso alla cultura è un elemento essenziale di crescita personale e di qualità della vita – spiega Carlo Riva, direttore dei servizi di L’abilità onlus e ideatore di Museo per tutti -. Perché questa esperienza sia davvero inclusiva, i percorsi nei musei devono essere pensati in sintonia con i loro codici di comunicazione e di relazione. L’inclusione non può essere ridotta a soluzioni solo tecniche, come scivoli o ascensori. L’accessibilità è prima di tutto una pratica educativa e comunicativa, orientata alla partecipazione sociale delle persone. Ogni processo inclusivo deve partire dal coinvolgimento diretto delle persone con disabilità, perché non esiste una disabilità uguale a un’altra e i bisogni cambiano da persona a persona. La maggior parte delle disabilità non è di tipo motorio, eppure continuiamo a identificarle con il simbolo della carrozzina. Per questo il diritto alla cultura è centrale per le persone con disabilità intellettiva. Negare l’accesso alla cultura significa negare la possibilità di sviluppare pienamente la propria identità, sia sul piano cognitivo sia su quello emotivo».



















































Museo Gentile

Un museo non solo come luogo di conservazione e fruizione culturale, ma come spazio di benessere, inclusione e persino di cura. È da questa visione che nasce l’esperienza del Museo gentile della Fondazione Luigi Rovati. Fondata nel 2016 da una famiglia di medici, la Fondazione ha inscritto fin dall’inizio nel proprio statuto una doppia anima: la promozione dell’arte e della cultura e il sostegno alla ricerca scientifica. Due mondi che, nel museo, non solo dialogano, ma si fondono. L’idea è semplice e radicale allo stesso tempo: l’arte può essere un fattore attivo di benessere. «Questa visione si traduce in scelte concrete già dall’apertura del museo, avvenuta a settembre 2022. Fin dall’inizio, l’attenzione non è stata rivolta solo al pubblico tradizionale, ma anche alle persone con fragilità – spiega Lucrezia Rovati, vicepresidente della Fondazione Luigi Rovati -. Nasce così il concetto di Museo gentile: un museo pensato per essere accessibile a tutti, sempre, senza la necessità di prenotazioni o percorsi speciali programmati. Il progetto simbolo è “Stare bene insieme”, sviluppato in collaborazione con la Cooperativa La Meridiana di Monza, attiva da anni nell’assistenza alle persone con Alzheimer. Il percorso è rivolto alle persone con patologie neurodegenerative e ai loro caregiver, considerati come una diade: due persone che vivono insieme l’esperienza museale. Le visite sono autonome e facilitate, grazie alla selezione di opere particolarmente adatte e a materiali cartacei pensati per favorire la comprensione e la relazione. L’obiettivo non è solo prendersi cura della persona con demenza, ma anche del caregiver, spesso invisibile e sotto forte pressione emotiva – continua Rovati -. nel 2023 il progetto è stato validato attraverso uno studio pilota che ha coinvolto 12 diadi, seguite da osservatori esterni. I risultati hanno portato a un affinamento dei percorsi e a feedback molto positivi da parte di partecipanti e caregiver. Un lavoro che ha valso al museo il riconoscimento di “Dementia friendly museum” da parte della Federazione Alzheimer». Accanto a questo percorso, il Museo gentile comprende iniziative dedicate alle persone con disabilità intellettive e cognitive, a persone ipovedenti e non vedenti – grazie a riproduzioni tattili in 3D delle opere – e a persone con ipoacusia, con conferenze e video-guide in lingua dei segni. C’è anche una dimensione meno visibile ma altrettanto significativa: tirocini e percorsi formativi per ragazzi con fragilità cognitive, che al museo non svolgono mansioni ripetitive, ma vengono coinvolti attivamente, anche nel rapporto con il pubblico.

Laboratorio di ricerca

«Parallelamente, il museo è diventato un vero e proprio laboratorio di ricerca – spiega l’esperta -. Tra i progetti più rilevanti c’è “Health in arts“, uno studio condotto su 70 giovani sani di 18-30 anni, che ha dimostrato come una visita museale possa migliorare il benessere psicofisico, riducendo l’ansia e modificando parametri fisiologici misurabili. Un primo passo verso un approccio innovativo: studiare l’arte con lo stesso rigore con cui si studia un farmaco. È proprio questa la direzione futura: utilizzare la visita museale come un intervento terapeutico misurabile, da testare anche in ambito clinico, ad esempio nelle patologie neurodegenerative come il Parkinson – conclude Lucrezia Rovati – perché, in questo museo, l’arte non è solo da guardare. È qualcosa che agisce, che accompagna, che, in un certo senso, cura».

18 dicembre 2025