di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén
Il maxi-emendamento alla legge di Bilancio riduce dal 2031 il valore del riscatto della laurea ai fini pensionistici, allungando i tempi di uscita dal lavoro. La premier Meloni ha promesso che si interverrà per correggerlo
Dopo che la premier Giorgia Meloni in Senato aveva assicurato che sarebbe stato corretto l’articolo 33 del maxi-emendamento alla Manovra 2026, quello che depotenzia il riscatto della laurea breve come mezzo per andare prima in pensione (e su cui si dividono anche i costituzionalisti), una nuova riformulazione governativa è arrivata a metà pomeriggio del 18 dicembre in commissione Bilancio a Palazzo Madama. Ora, il governo propone di togliere la retroattività dalla stretta prevista sui riscatti di laurea.
Il chiarimento di Giorgetti
Nel tardo pomeriggio è intervenuto nell’aula di Montecitorio anche il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, che ha assicurato che sul riscatto delle lauree «sono stati tenuti indenni tutti coloro che hanno fatto il riscatto fino adesso: sono stati, dunque, salvati i cosiddetti diritti acquisiti». Ma dopo questa rassicurazione, il ministro ha lanciato la bomba per chi stava progettando di riscattare gli anni di laurea dal prossimo anno con l’intento di anticipare l’uscita dal lavoro. Per il futuro, ha infatti detto Giorgetti si potrà continuare a riscattare gli anni universitari e «quello che si versa aumenterà la pensione, ma non inciderà rispetto alla data di pensionamento». Il tutto, in una «logica puramente assicurativa».
Come potrebbe cambiare il riscatto della laurea
Ora, ovviamente, la palla passa al parlamento. Ma partendo dalla dichiarazione di Giorgetti, e ipotizzando che vada a buon fine il nuovo emendamento dei relatori del governo, cosa cambierà concretamente dal prossimo anno?
Per rispondere a questa domanda teniamo presente il testo dell’art. 33 del maxi-emendamento (escludendone la retroattività). Il testo ha previsto a partire dal 2031 (vedi tabella qui sotto) che una parte del periodo riscattato non concorra più al calcolo dell’anzianità contributiva. In termini concreti: soldi già versati che continuano ad assicurare un aumento dell’assegno, ma che non accorciano la strada verso la pensione.

Cosa prevede l’attuale emendamento alla Manovra (ma senza la retroattività)
Dall’art. 33 si evince che il taglio al valore del riscatto sarebbe progressivo. Dunque, per chi matura il requisito nel 2031, verrebbero sottratti sei mesi di contribuzione utile; nel 2032 diventerebbero 12, poi 18 nel 2033, 24 nel 2034 e 30 mesi dal 2035. Questo significa (e lo si evince bene dai calcoli fatti dalla Cgil, riportati in queste tabelle) che, per la platea coinvolta, l’uscita dal lavoro slitterebbe di sei mesi già tra cinque anni e di oltre 30 mesi a metà del prossimo decennio.
«Oltre» trenta mesi perché a questo meccanismo si deve sommare un secondo intervento previsto sempre dalla Manovra (e al momento confermato): l’allungamento delle finestre mobili, cioè dell’attesa tra il momento in cui si raggiunge il requisito contributivo e quello in cui la pensione viene effettivamente erogata. La finestra, oggi ferma a tre mesi, aumenterebbe gradualmente fino ad arrivare a sei mesi dal 2035.
Cgil: «Dal 2031 quota crescente del riscatto non sarà utile»
È su questo intreccio che si basano i calcoli diffusi dalla Cgil. Le simulazioni (vedi tabella qui sotto) mostrano che il combinato disposto tra minore valore del riscatto e finestre più lunghe porta, nel tempo, a un allungamento consistente della permanenza al lavoro. «A partire dal 2031, una quota crescente dei periodi di laurea riscattati dal prossimo anno non sarà più utile ai fini del diritto alla pensione anticipata, pur continuando a essere integralmente pagata», spiega Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Cgil nazionale.

Gli esempi
Gli esempi seguenti sono validi per tutti coloro che hanno avviato il riscatto della laurea, qualora non vi sia l’annunciata correzione dell’art. 33; diversamente, varranno per tutti coloro che avvieranno il riscatto a partire dal primo gennaio 2026:
* Dal 2031, un lavoratore che ha riscattato il periodo di studi dovrà lavorare 44 anni e due mesi, quasi un anno e mezzo in più rispetto ai 42 anni e 10 mesi previsti nel 2026.
* Dal 2034, un lavoratore che ha riscattato i periodo di studi dovrà lavorare 45 anni e 11 mesi, oltre 3 anni in più rispetto a quanto previsto se potesse andare in pensione nel 2026.
* Dal 2037, a quasi un lavoratore che ha riscattato il periodo di studi potrà arrivare a quasi 4 anni in più (46 anni e 9 mesi) di permanenza forzata nel lavoro o nel sistema previdenziale, a fronte dei 42 anni e 10 mesi previsti nel 2026.
18 dicembre 2025 ( modifica il 18 dicembre 2025 | 19:25)
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