di
Valentina Baldisserri

La lettera al Corriere della Sera di Francesca Michelon in risposta alle nuove accuse di Tiziana Giardoni

La battaglia tra la figlia legittima di Stefano D’Orazio e la vedova del batterista dei Pooh Tiziana Giardoni si sposta dalle aule del tribunale ai giornali. Botta e risposta a distanza su temi delicatissimi che riguardano un rapporto padre-figlia mai nato,  il riconoscimento del legame di sangue diretto arrivato dopo il test del dna, l’annullamento del testamento chiesto dai giudici, il ricorso della vedova contro quella sentenza con anche la richiesta di risarcimento per danni esistenziali su un uomo deceduto nel 2020.
Francesca Michelon  ha scritto una lettera  «per chiarire – dice – alcuni punti fondamentali»,  e per rispondere alle dichiarazioni fatte oggi al Corriere dal Tiziana Giardoni che le ha rivolto principalmente due accuse: di essere stata la causa dell’addio di D’Orazio ai Pooh e di avere usato il padre come bancomat. 
La lettera inizia con una ricostruzione dei rapporti padre figlia, dal momento della scoperta a vent’anni di essere il frutto di una relazione segreta tra sua madre Oriana e il batterista dei Pooh: 
«Dopo un primo periodo di rapporti civili ed amichevoli – scrive Michelon – nel 2007 ogni contatto si è interrotto improvvisamente e senza spiegazioni. Nei tre anni successivi ho tentato esclusivamente, e senza alcun riferimento economico, di ottenere chiarimenti e di ricostruire un dialogo umano, anche attraverso semplici messaggi di auguri, che non hanno mai ricevuto risposta». 

Mio padre non è stato il mio bancomat

La questione economica è un punto che ha particolarmente ferito la figlia di D’Orazio che spiega: «Nel 2010, tramite legale, fu inviata una lettera con l’unico intento di comprendere le ragioni di tale allontanamento. Anche tale iniziativa rimase priva di riscontro. A questa seguì successivamente una comunicazione di diverso tenore, anch’essa ignorata. Dopo il 2010 non vi è stato alcun ulteriore contatto fino all’avvio del procedimento giudiziario nel 2014. Appaiono pertanto prive di fondamento le ricostruzioni secondo cui vi sarebbero state pressioni, richieste economiche o benefici ricevuti».
Francesca chiarisce una volta per tutte che: « Non esistono transazioni bancarie né altri riscontri oggettivi a sostegno di tali affermazioni, che risultano incompatibili anche con le circostanze concrete della mia vita personale in quegli anni (ai tempi vivevo in una camera doppia a Roma con altre 2 ragazze, sarei stata una sciocca a non approfittare del tenore di vita che ora mi viene attribuito da altri, ma che io non ho mai vissuto).
Non c’è, e non c’è mai stata traccia di nessun tornaconto economico da parte mia- Ribadisco quando già detto in passato: a parte un computer che mi aveva generosamente regalato nel maggio 2007 (accettato non con pochi complimenti), non ho mai ricevuto o soprattutto richiesto altro».



















































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«Non sono la causa dell’addio ai Pooh»

Tra le accuse della vedova di D’Orazio, una di quelle che fa più male alla 41enne è  di aver fatto soffrire e ammalare di depressione il padre, e di aver causato l’addio del batterista ai Pooh. Nella lettera precisa che: «Nel corso del giudizio di primo grado, la maggior parte dei testimoni abbia dichiarato di non aver mai sentito parlare di me, arrivando in alcuni casi a negare del tutto la mia esistenza. Tali dichiarazioni risultano difficilmente conciliabili con successive affermazioni che mi attribuirebbero un ruolo determinante in scelte personali e professionali altrui.
Come l’abbandono dalla band dei Pooh: li ha lasciati nel 2009 dopo 2 anni che non parlava e non aveva nessuno tipo di rapporto con me (e non c’erano ancora avvocati di mezzo). Quindi non posso essere io la causa diretta per tale decisione: erano due anni che non avevamo nessuno tipo di contatto».

I danni esistenziali chiesti alla figlia dalla vedova 

«Per quanto riguarda la richiesta per danni esistenziali (La vedova Giardoni ha chiesto 100 mila euro di danni esistenziali che sarebbero stati causati da Michelon al padre) la notizia non è partita da me – scrive Francesca Michelon -.Non si tratta di un argomento che mi valorizzi o mi favorisca, anzi, e’ una versione talmente spiacevole, che, come già dichiarato, mi ha lasciata letteralmente basita, e preferirei dimenticarla. Quindi non avevo alcun interesse ad usarla a mio vantaggio».
Michelon aggiunge un dato importante. «Tale richiesta (100 mila euro per  danni esistenziali ndr) , già respinta dai giudici in primo grado, riguardava un presunto stato depressivo del mio padre biologico, che secondo loro sarebbe stato causato dalla mia richiesta di riconoscimento (e conseguente iter processuale).
Non era invece collegata ad un mio rifiuto di avere un rapporto con lui, come viene sostenuto ora».
Michelon conclude la lettera con delle considerazioni: «La mia versione dei fatti è rimasta invariata dal 2007 ed è sempre stata improntata alla coerenza e alla trasparenza. C’è una sentenza e un test del DNA per il momento, che ricostruiscono la verità, e questo mi rasserena, sopra ogni cosa. 
Sul resto, di fronte a rappresentazioni pubbliche che ritengo inesatte e lesive, mi riservo di tutelare la mia immagine e i miei diritti nelle sedi opportune».

La sentenza d’appello a febbraio 2027

Per la cronaca la Corte d’appello di Roma il 16 dicembre scorso ha scritto di non ritenere necessario riaprire una istruttoria (già in primo grado il ricorso dei legali di Giardoni era stato respinto) , rimandando l’udienza finale della causa al febbraio 2027 , come da documento che segue.

19 dicembre 2025 ( modifica il 19 dicembre 2025 | 09:09)