Nel ciclismo moderno la velocità non nasce solo dalle gambe o dai watt. Nasce dall’equilibrio tra il corpo e la macchina, un sistema complesso che unisce biomeccanica, fisica e design. Ogni angolo, ogni centimetro del telaio, ogni regolazione del manubrio o della sella determinano come l’energia del ciclista viene trasferita alla strada. È la “geometria della performance”, una scienza silenziosa che fa la differenza tra pedalare bene e pedalare davvero forte.

Il libro La biomeccanica applicata al ciclismo di Luca Bartoli, (Hoepli, 2018), lo spiega con chiarezza: non basta spingere, serve capire come il corpo interagisce con la bici. E, soprattutto, serve liberarsi dai falsi miti, come quello del manubrio bassissimo, che “schiaccia” il ciclista in nome dell’aerodinamica ma spesso produce l’effetto opposto.

La postura non è una questione estetica

Abbassare il manubrio, ne avevamo già detto qui, non significa automaticamente guadagnare efficienza aerodinamica. Anzi, nella maggior parte dei casi si aumenta la resistenza dell’aria. Un manubrio troppo basso obbliga a distendere le braccia e inarcare la schiena: l’aria, invece di scivolare lungo il corpo, si stacca e genera vortici e turbolenze. È la dimostrazione che la posizione “più bassa” non è sempre quella “più veloce”.

L’aerodinamica reale nasce da una postura armoniosa, che permetta all’aria di fluire senza interruzioni dietro il corpo. Per questo le braccia devono essere piegate, la schiena curva in modo naturale e il busto inclinato quanto basta per ridurre la sezione frontale senza compromettere respirazione e potenza.

In altre parole, la performance non si costruisce “schiacciandosi” sul manubrio, ma trovando la linea di equilibrio tra biomeccanica e fisica del movimento. Una posizione sostenibile e stabile consente al ciclista di mantenere la potenza costante, riducendo l’affaticamento e migliorando la penetrazione aerodinamica complessiva.

Reach e drop: la postura disegnata sui millimetri

Nel linguaggio dei progettisti, il reach e il drop sono i due parametri che più influenzano la postura. Il primo misura la distanza orizzontale tra movimento centrale e manubrio, il secondo la differenza verticale tra manubrio e sella. Piccole variazioni, anche di pochi millimetri, possono cambiare radicalmente il modo in cui il ciclista si muove e respira.

Un reach lungo tende a distendere il busto, migliorando la penetrazione aerodinamica, ma richiede maggiore flessibilità lombare e forza addominale. Un drop accentuato abbassa il baricentro e migliora il controllo in discesa, ma può compromettere la respirazione e la distribuzione del peso se eccessivo. La combinazione ideale è quella che consente di unire stabilità, comfort e fluidità.

Bartoli lo sottolinea come l’assetto ottimale sia sempre il risultato di un equilibrio. Non esiste una formula universale. Ogni ciclista ha la sua mobilità articolare, la sua lunghezza del busto, il suo modo di pedalare. Ecco perché la ricerca della posizione perfetta non si risolve davanti a uno specchio o copiando quella dei professionisti.

Passo e carro: la stabilità che nasce dal telaio

Il passo (la distanza tra i due assi delle ruote) e la lunghezza del carro posteriore influenzano la risposta dinamica della bici. Un passo lungo rende la bicicletta più stabile alle alte velocità e in discesa, mentre un passo corto la rende più nervosa e reattiva. Allo stesso modo, un carro corto offre accelerazioni immediate e sensazioni “racing”, ma sacrifica un po’ di comfort e trazione sui fondi irregolari.

Ogni disciplina ciclistica sceglie un compromesso diverso. Le bici da cronometro estremizzano l’aerodinamica, sacrificando maneggevolezza e comfort; quelle da endurance allungano gli angoli e alzano il manubrio, favorendo una posizione più rilassata e sostenibile. Tutto è una questione di equilibrio tra potenza e resistenza, tra efficienza e controllo.

Un’immagine di lavorazione presso 3T
Aerodinamica e comfort: un compromesso necessario

Nel ciclismo di oggi, i progettisti lavorano su un principio chiaro: non si tratta di rendere la bici “più veloce”, ma “più efficiente”. Un telaio troppo rigido o una posizione troppo aggressiva possono produrre watt in meno, non in più, perché il corpo, sotto stress, perde stabilità e forza.

La geometria ideale è quella che consente al ciclista di mantenere la stessa posizione per ore senza rigidità, permettendo una respirazione piena e una pedalata fluida. L’aerodinamica, così, non è solo una questione di aria, ma di continuità del gesto: il flusso che attraversa il corpo deve essere lo stesso che attraversa il movimento.

langma liv 2022Uno studio sull’aerodinamica di Liv
Il valore della personalizzazione

Il bike fitting moderno non serve a “mettere in sella”, ma a costruire un equilibrio dinamico. È la traduzione numerica di un principio biomeccanico: adattare la macchina all’uomo, e non l’uomo alla macchina. Ogni ciclista ha la sua combinazione di reach, drop, passo e carro. Ogni corpo racconta un modo diverso di generare potenza.

officina battaglinLa realizzazione di un telaio su misura (presso Officina Battaglin)

L’obiettivo finale è sempre lo stesso: trasformare l’energia muscolare in velocità senza dispersioni, riducendo lo stress articolare e mantenendo il comfort. È una forma di efficienza che va oltre i numeri, perché la bici, quando è davvero cucita addosso, non si sente più come un mezzo, ma come un’estensione naturale del corpo.