di
Roberta Scorranese

L’Educazione di Maria, del grande artista veneziano, racchiude un messaggio profondo. Vivo ancora oggi

Giambattista Tiepolo è stato il pittore delle nuvole che sembrano panna montata, dei cieli azzurri che assomigliano a distese di smalto, di figure aeree e di corpi che si elevano in cielo, possibilmente racchiuse in enormi pale d’altare o affreschi avvolgenti, indizi di uno splendore al suo massimo, quella perfetta maturità che precede la fine — nel 1797, quasi trent’anni dopo la morte dell’artista, Venezia cadrà per l’intervento dei francesi. 

Giambattista Tiepolo, Banchetto di Antonio e Cleopatra, 1743

Nato nel 1696, Tiepolo vive un momento chiave della storia della Serenissima, una fase che in qualche modo resiste ancora oggi: mentre perde la sua egemonia nelle grandi rotte commerciali (che si erano spostate verso l’Atlantico, favorendo Stati come Inghilterra e Olanda), Venezia accresce il suo prestigio interno e, insieme, il ruolo di regina del turismo aristocratico. Tappa importante del Gran Tour, la città comincia a essere ammirata e «consumata» dagli stranieri, più che vissuta dai suoi abitanti. Nell’arte visiva l’esempio è lampante: un quasi coetaneo di Tiepolo, il Canaletto, con le sue vedute «costruisce» una Venezia idealizzata e perfetta per le tante cartoline che ne accrescono il fascino all’estero. 



















































Personaggi come Vivaldi e Goldoni inventano nuovi linguaggi, il potere cambia pelle e assume la qualità più raffinata e impalpabile della cultura. Abilissimo nell’assorbire idee e gusti moderni, pittore veloce (forse troppo, secondo Roberto Longhi, che lo definì un «praticone di mano») e rapido nell’assecondare i desideri di una classe politica più attenta alla bellezza, Giambattista Tiepolo ci ha lasciato numerose opere in Italia e all’estero, quasi tutte caratterizzate da uno stile brillante, arioso, leggero e al tempo stesso monumentale. 

Grandi carri mitologici che attraversano cieli punteggiati da nuvole morbide, divinità pagane che navigano in oceani d’aria, i rossi intensi (rielaborazione della tradizione veneta, da Tiziano a Veronese), i tocchi di giallo, l’eleganza degli abiti di gusto ormai rococò, ma anche una straordinaria eleganza nel costruire scenari, quinte, rappresentazioni visive. Tutto, in Tiepolo, pare riconducibile a un mondo lontano e mitologico, dove i santi e gli dei pagani convivono in uno sbuffo di cipria e crinoline. 

Eppure, come abbiamo già scritto in una puntata di «Capolavoro!» di qualche tempo fa, dietro questa polvere di stelle settecentesca si nascondeva un artista sensibile e persino malinconico, perfettamente consapevole di costruire un mondo pronto al consumo dei ricchi, conscio del destino della sua città e pronto a partire per servire le grandi corti europee (prima a Wurzburg, poi a Madrid, dove morì nel 1770). Lo spirito critico di Tiepolo affiora nei dettagli, in opere meno conosciute ma proprio per questo molto interessanti. 

Come «L’educazione di Maria», un dipinto del 1732, realizzato per la Chiesa di Santa Maria della Consolazione: una bambina al centro, illuminata da fasci di luce che si irradiano dall’alto e dal basso; una donna anziana alla sua destra che sbircia nel libro che la piccola tiene in mano, con un dito puntato su un rigo particolare; alla sua sinistra un uomo che, invece, volge gli occhi al cielo, dove un soffitto affollato di angeli veglia sulla giovane. Anche se si tratta tecnicamente di un’ispirazione tratta dai Vangeli apocrifi, dove si narra l’infanzia di Maria, potremmo definirla una libera interpretazione della cosiddetta «Virgo Legens», la Madonna che legge, iconografia diffusa nel Rinascimento europeo, ma soprattutto molto complessa, densa di stratificazioni simboliche cristiane e giudaiche. 

educazione

La Madonna che legge è colei che finisce per «incarnare» le Scritture, ma anche — aspetto secondo me più interessante — colei che, «leggendo concepisce». L’atto della lettura, in questa iconografia, non è un mero passatempo o uno dei tanti compiti concessi con benevolenza alle donne. Leggere è nutrirsi di un messaggio profondo, pronto per essere restituito sotto forma di vita vera. Leggere è conoscere, quindi elevarsi dalla dimensione umana a quella divina

Leggere non è un atto naturale, ma culturale, quindi difficile, che si impara a fatica e si dimentica presto e proprio per questo è da coltivare. Proprio come la fede, soggetta alle tentazioni e ai dubbi. Tiepolo intuisce bene questo messaggio e così, accanto ai genitori di Maria, Anna e Gioacchino, inserisce una pletora di creature celesti: quello che accade nella vita di Maria, compresa l’educazione, è anche un dono del cielo, è una grazia divina. Ecco perché in questa lettura c’è armonia: troviamo una bambina che – sorretta dalla sua famiglia – si dà a Dio e, in parallelo, un mondo sovrannaturale che le concede la fede. 

Tiepolo, così, sintetizza il vastissimo e complesso concetto di «educazione». Che non vuol dire (solo) superare prove scritte o orali, conoscere le date della parabola napoleonica o saper risolvere equazioni matematiche. L’educazione è molto più vicina all’idea della vita, del nostro destino e di quello che «siamo chiamati a fare», e non sto certamente parlando di vocazione religiosa, bensì di scelte individuali, che nascono proprio da quel processo educativo che riceviamo. 

E, invece, in queste settimane di polemiche feroci sulle scelte dei genitori della cosiddetta «famiglia del bosco», in Abruzzo, abbiamo sentito e visto di tutto: la polarizzazione dell’opinione pubblica, la divisione netta tra «chi sta con i genitori e chi no», giudizi sulle capacità scolastiche dei bambini, riflessioni indignate sulla strumentalizzazione politica. 

Bene, c’è un artista vissuto nella prima metà del Settecento – Tiepolo, appunto – che con questa pala ci ricorda una cosa fondamentale: i figli non sono una proprietà privata, non appartengono né ai genitori né a un potere superiore (che sia lo Stato o Dio), ma sono il risultato di un percorso armonioso tra le due parti, perché l’educazione è, ogni volta, un piccolo miracolo laico, una cosa complicatissima ma che, con l’amore, può diventare una bella avventura di vita. 
Buon Natale.
rscorranese@corriere.it

19 dicembre 2025