di
Stefano Montefiori
L’11 settembre 1968 il disastro del Caravelle nel quale persero la vita 95 persone. La lettera del segretario dell’esercito a uno dei figli delle vittime: fu un missile lanciato dall’isola di Levante
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI – Cinquantasette anni dopo la sciagura aerea del volo Ajaccio-Nizza, che si inabissò al largo della Costa Azzurra, davanti a Antibes, il relitto è stato finalmente ritrovato e fotografato, a 2300 metri di profondità. Il mistero della “Ustica francese” potrebbe forse essere presto chiarito. I famigliari delle 95 vittime sono convinti che l’aereo sia stato colpito da un missile lanciato per errore dalla vicina base militare di Hyères.
La procura di Nizza ha annunciato che le ricerche condotte in segreto dall’11 al 13 ottobre hanno permesso di «rilevare e identificare diversi resti dell’apparecchio, tra cui forse alcuni elementi della coda e due reattori». «La procedura da seguire ora è quella di verificare se sia tecnicamente possibile recuperare questi pezzi senza danneggiarli», si legge nel comunicato della procura.
L’11 settembre 1968 l’aereo Caravelle del volo AF 1611 partito 20 minuti prima da Ajaccio, in Corsica, ha già cominciato la fase di atterraggio verso Nizza quando, alle 9 e 30, il comandante Michel Salomon segnala «problemi» alla torre di controllo. A bordo ci sono 6 membri dell’equipaggio, 13 bambini, in totale 95 persone. Ange-Marie e Toussainte Paoli, per esempio, devono tornare un’ultima volta a Nizza prima di trasferirsi definitivamente in Corsica, a godersi la pensione. Jean-François Ceccaldi, 34enne sottufficiale dell’esercito, sta tornando a Parigi dopo una visita alla famiglia.
Alle 9 e 31 il pilota aggiunge: «Ci sono fiamme a bordo». Autorizzato a puntare direttamente verso l’aeroporto, alle 9 e 32 il comandante dice «se continua così ci schianteremo». Alle 9 e 33 le ultime immagini sui radar. L’aereo Air France precipita in mare poco lontano dal Cap d’Antibes. Un testimone dirà di avere notato una luce bluastra penetrare nella coda dell’aereo prima della picchiata. Alle 11 e 22 uno dei tanti aerei ed elicotteri avvista pezzi del relitto, poco dopo il primo dei 95 cadaveri viene trasportato a Nizza.
Il rapporto finale del 1972 conclude che «la perdita di controllo è stata provocata da un incendio nella zona della toilette posteriore destra (…). Non è possibile determinare l’origine dell’incendio», ma sulla tomba di Jean-François Ceccaldi il fratello maggiore Valère ha fatto mettere una lapide con la scritta «morto nella sciagura dell’aereo colpito da un missile a infrarossi». È la verità di tanti famigliari, che negli anni hanno raccolto decine di indizi scontrandosi talvolta con atteggiamenti poco collaborativi delle autorità. Il volo AF1611 assomiglia a una specie di Ustica dei francesi, con le famiglie che non si arrendono e le forze armate che preferiscono tagliare corto quando viene evocata l’ipotesi di un loro coinvolgimento.
Il 12 maggio 2011 Mathieu Paoli, orfano di Ange-Marie e Toussainte Paoli, ha ricevuto una lettera scritta poco prima di morire da Michel Laty, segretario dell’esercito a Tolone, che nel 1968 redasse il primo rapporto posto sotto il segreto di Stato. Laty, affetto da un cancro in fase terminale, ha voluto confidare a Paoli che l’aereo venne colpito da un missile disarmato lanciato dall’isola di Levante, proprio davanti alla Costa Azzurra, dove si trova il Celm (poligono di lancio missili). Il missile, finito fuori controllo, avrebbe raggiunto uno dei reattori provocando un’incendio ma non un’esplosione perché privo della carica.
Le parti civili considerano il ritrovamento del relitto adesso «un importante passo avanti» e riconoscono «il lavoro straordinario ed eccezionale» svolto dalla giustizia e dagli investigatori in un caso rimasto in sospeso per quasi sei decenni, in particolare a causa di quello che i sostenitori dell’ipotesi del missile giudicano un atteggiamento omertoso dell’esercito.
Lo stesso Mathieu Paoli, 81 anni, presidente dell’associazione delle vittime dell’incidente, rimane cauto: «È un passo importante verso la verità, un barlume di speranza, ma vedremo a che punto saremo quando i pezzi saranno stati ricomposti», ha dichiarato a Le Monde.
19 dicembre 2025
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