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Guido Olimpio e Marta Serafini, inviata a Zaporizhzhia
Il raid sarebbe avvenuto con droni ucraini. Colpito da Mosca un ponte strategico per le forniture di beni e armi vicino al confine con la Moldavia
Una petroliera della flotta ombra russa colpita nel Mediterraneo dai droni ucraini. Lo rivendica Kiev precisando che si tratta di «nuova operazione speciale senza precedenti». La conferma arriva da una fonte del Servizio di sicurezza ucraino (Sbu) che ha parlato con diversi media locali. Un video condiviso sempre dalla stessa fonte e di cui non siamo in grado di verificare l’autenticità mostra una serie di esplosioni su una nave.
Si tratterebbe della Qendil, petroliera battente bandiera dell’Oman e in rotta dall’India verso Ust-Luga in Russia, sarebbe stata bombardata da un’unità chiamata Alpha in «acque neutrali» e sarebbe stata messa fuori uso senza provocare danni ambientali «in quanto scarica di greggio» al momento del raid. L’interruzione delle comunicazioni della Qendil sarebbe avvenuta al largo delle acque greche, tra Creta e le coste libiche, secondo quanto si evince dal tracciamento della rotta dalle piattaforme open source. Non è invece chiaro da dove siano partiti i droni ucraini che hanno colpito l’obiettivo.
La «flotta ombra» di Mosca è composta da petroliere che si affidano a proprietà poco trasparenti, bandiere di comodo e pratiche di trasporto irregolari utili per trasportare il petrolio russo, nonostante le restrizioni occidentali e aggirare l’embargo. In inferiorità numerica e di armamento sul fronte, l’Ucraina rivendica nelle ultime settimane operazioni contro obiettivi sul mare, con droni di produzione nazionale, in particolare proprio contro le petroliere fantasma.
Di recente, sarebbero state affondate la Kairos e Virat, al largo della costa turca del Mar Nero a fine novembre. Poi il 10 dicembre, l’Sbu ha annunciato di aver utilizzato i droni navali Sea Baby per colpire e danneggiare un’altra nave nel Mar Nero. Inoltre, per la terza volta nelle ultime settimane, i droni a lungo raggio dell’Alpha Special Operations Center dell’Sbu avrebbero colpito una piattaforma petrolifera nel Mar Caspio, di proprietà della Lukoil.
Ma non solo. Il caso della Qendl è stato preceduto da una lunga serie di esplosioni, spesso attribuite alle forze speciali ucraine, in mari ben più lontani. Il primo evento, il 22 dicembre di un anno fa con lo strano affondamento della Ursa Major, cargo diretto in Siria e colato picco davanti alle coste spagnole. Poi a seguire «lampi» ovunque con quella nebbia di guerra a coprire colpi reali e propaganda. Ordigni aprono squarci negli scafi delle petroliere nel Mediterraneo, come a Vado Ligure il 15 febbraio (sono state usate mine magnetiche) oppure nel tratto di mare tra Libia e Malta. Una deflagrazione danneggia una nave nell’Estremo Oriente russo, un’altra apre una falla sulla Mersin mentre è «davanti» al Senegal, storia che accompagna fatti analoghi con al centro sempre la flotta ombra.
In questa sfida c’è inoltre una seconda dimensione, più recente e che riguarda le attività dell’intelligence russa. Prima i britannici e poi i danesi hanno denunciato la presenza di militari sulle navi civili legate alla Russia: forse spie oppure elementi in grado di appoggiare mosse clandestine. Un’indagine della Cnn ha indicato l’attività di una società privata nota per i suoi legami con gli apparati dell’Armata rossa: fornirebbe mercenari ed «esperti» poi imbarcati sulle unità.
Pochi giorni fa la magistratura francese ha ordinato il fermo di un cittadino lettone: c’è il sospetto che volesse manipolare i sistemi di un traghetto in modo da dirottarlo da remoto. Un arresto reso possibile da una segnalazione degli 007 italiani. Vicenda che si mescola agli allarmi sull’uso di droni, alle minacce contro i cavi sottomarini, a possibili infiltrazioni nelle vicinanze di basi.
E non solo. Secondo quanto riportato da alcuni canali Telegram ucraini – ma la notizia non è confermata da nessuna fonte ufficiale – su una di queste petroliere colpite – non viene specificato quale – ci sarebbe stato il capo dei servizi segreti militari russi, il generale del Gru Andrei Averyanov, considerato uno dei più stretti confidenti di Putin. Con lui anche i suoi vice. In totale, sette persone sarebbero rimaste ferite e due sono morte. Andrei Averyanov è un generale dell’intelligence russa accusato di spionaggio in altri Paesi, sabotaggio, esplosioni e utilizzo di droni nell’UE. È inoltre considerato l’autore del piano per eliminare il capo della Wagner Evgeny Prigozhin morto a bordo di un aereo esploso e di aver avvelenato l’ex agente Sergey Skripal nel Regno Unito. Una voce, quella della morte del generale, che però è difficile verificare e che resterà probabilmente avvolta dalla nebbia delle guerra, come spesso avviene nei conflitti. Che sia in terra o che sia in mare.
In questo quadro Mosca ieri ha segnato un colpo importante. Il traffico di auto e tir sulla tratta Chisinau-Odessa è stato temporaneamente interrotto a causa della chiusura del ponte di Mayaki dopo multipli attacchi russi con 15 droni e un missile con testata grappolo. Questo passaggio sul fiume Dnestr rappresenta il collegamento principale per l’ingresso di merci e armi in Ucraina dalla Moldavia e dalla Romania. Le autorità di Chisinău e Kiev stanno studiando vie alternative.
19 dicembre 2025 ( modifica il 19 dicembre 2025 | 21:02)
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