di
Chiara Bidoli
Lo studio dei CDC ha analizzato oltre 44.500 visite in emergenza di piccoli tra 9 mesi e 4 anni, e più di 53.000 tra 5 e 17 anni, in nove stati. Intervista all’epidemiologo Paolo Bonanni
I vaccini anti-Covid hanno ridotto drasticamente il numero di bambini americani che hanno avuto bisogno di un ricovero ospedaliero e cure urgenti. È quanto emerso dallo studio pubblicato sul Morbidity and Mortality Weekly Report, la principale pubblicazione dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), l’agenzia federale degli Stati Uniti incaricata di proteggere la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini. Il rapporto ha mostrato che i vaccini anti-Covid hanno ridotto del 76% il rischio di cure e ricoveri nei bambini sotto i 4 anni (nei primi sei mesi dopo la vaccinazione) e del 56% nei bambini dai 5 ai 17 anni.
Come riportato da The New York Times i ricercatori hanno verificato in nove stati (attraverso la rete Virtual SARS-CoV-2, Influenza, and Other respiratory viruses Network) gli accessi ai Pronto soccorso pediatrici dal 29 agosto 2024 al 2 settembre 2025 e analizzato oltre 44.500 visite in emergenza di bambini tra 9 mesi e 4 anni e più di 53.000 tra 5 e 17 anni. Quello che è emerso è che i vaccini hanno fornito protezione contro sintomi gravi della malattia tra i bambini, in pieno contrasto con alcune prese di posizioni dell’amministrazione Trump. Il Segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr. aveva descritto i vaccini anti-Covid come «il vaccino più mortale mai realizzato» limitandone la disponibilità per le donne sane in dolce attesa. A settembre, i consulenti del CDC scelti da Kennedy hanno raccomandato agli americani di vaccinarsi contro il Covid solo dopo un consulto con un medico. E ancora, nelle ultime settimane, funzionari della Food and Drug Administration hanno affermato che i vaccini anti-Covid potrebbero aver causato decessi tra bambini e adulti, senza però fornire dati a sostegno di tali affermazioni e qualche giorno fa la Children’s Health Defense, il gruppo no-profit fondato da Kennedy, ha chiesto alla FDA di revocare l’approvazione dei vaccini mRNA.
«Quello che dimostra questo studio è che vaccinarsi fa bene, e tentare di revocare l’autorizzazione ai vaccini Covid in età pediatrica è fuori da ogni logica – spiega Paolo Bonanni, professore Ordinario di Igiene presso l’Università di Firenze –. Questo studio, in linea con gli altri sul tema, dimostra che il vaccino offre una protezione in più ai bambini. La preoccupazione sui vaccini a mRNA nella popolazione pediatrica è infondata, anche durante la pandemia essi non hanno mai destato preoccupazione. Ci sono stati rari casi di miocardite di modesta entità nei maschi di 16-17 anni che, tuttavia, se confrontati con i rischi delle malattie respiratorie (incluse ospedalizzazioni e morti da Covid nel periodo della pandemia, non hanno mai messo in dubbio l’opportunità di vaccinarsi. Peraltro, la stessa malattia da Covid è causa ben più frequente di miocarditi. Il rapporto beneficio-rischio è sempre stato a favore della vaccinazione».
Le preoccupazioni sulla sicurezza dei vaccini anti-Covid sono, quindi, infondate?
«Le dosi di vaccini anti-Covid somministrate nel mondo sono oltre 13 miliardi, e non si sono mai evidenziati effetti collaterali tali da destare preoccupazione. Questo viene costantemente confermato dalle valutazioni del rapporto rischi-benefici, e dalla puntualissima, quasi maniacale attenzione delle autorità di sanità pubblica sul monitoraggio degli eventi avversi da vaccino in tutto il mondo. Basta un sospetto, anche remoto, che un vaccino possa essere collegato a un avvento avverso di un certo rilievo, per far sì che un esso venga ritirato. La sicurezza dei vaccini anti-Covid non può essere messa in discussione».
In età pediatrica, chi dev’essere vaccinato?
«In questo momento non è prevista una vaccinazione universale dei bambini contro il Covid, i rischi di complicanze per la popolazione pediatrica sana sono bassi, ma restano invece assai elevati per i bambini con malattie croniche (ad esempio cardiopatie, malattie genetiche che determinano immunodeficienza, malattie respiratorie, metaboliche, ematologiche, renali, etc.). Per questi soggetti il vaccino mRNA è vitale, perché evita l’ospedalizzazione e, nei casi più gravi, il decesso».
Com’è la copertura dei vaccini anti-Covid nel nostro Paese?
«Inspiegabilmente bassissima. L’anno scorso, nella stagione invernale 2024-2025, in Italia abbiamo vaccinato contro il Covid circa 1 milione di persone, ovvero il 4,5% della popolazione considerata fragile, sopra i 60 anni, che poi è quella che avrebbe avuto il diritto di fare il vaccino gratuitamente. In Svezia, Norvegia e Inghilterra vaccinano tra il 60 e il 70% della popolazione a rischio. La falsa credenza che il Covid sia scomparso, non costituisca più un problema per la nostra salute e non porti a gravi conseguenze è molto pericolosa. Dovremmo tenere presente che gli effetti del Covid – per i soggetti fragili – possono essere pericolosi come e più di quelli dell’influenza. Dati recenti, sempre americani, mostrano che il numero di ospedalizzazioni dovute al Covid in un anno solare è leggermente più alto di quelle legate all’influenza, ma sui rischi dell’influenza c’è un po’ più di consapevolezza, sui rischi del Covid nessuno o quasi inspiegabilmente si preoccupa. Anche le donne in gravidanza devono vaccinarsi contro il Covid, perché durante i nove mesi le difese immunitarie si abbassano, e la probabilità di avere complicanze serie da Covid o influenza, in particolare le polmoniti, aumenta, con rischi gravi sia per la mamma che per il nascituro».
Il vaccino anti-Covid va fatto durante la stagione invernale?
«L’incidenza del Covid è distribuita con più picchi durante l’anno, a differenza di quella dell’influenza, che è tipicamente invernale. La vaccinazione per l’influenza può essere un’occasione opportuna per ricevere simultaneamente anche quella contro il Covid, anche se ci si può vaccinare pure in altri periodi dell’anno».
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19 dicembre 2025
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