di
Nando Pagnoncelli
Il Partito democratico al 21,3%, stabile il M5S al 13,5%. Il partito di Salvini all’8,1%, quello di Tajani all’8,3%. L’apprezzamento per il governo è in aumento. Migliora anche per la premier Meloni: l’indice è 43
Sono trascorse poche settimane dall’ultimo scenario politico presentato sul Corriere, ma si è trattato di settimane dense di avvenimenti. In primo luogo, come da tempo avviene, a livello di politica internazionale. Dominata innanzitutto dalla pubblicazione dell’annuale documento sulla strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti che ha evidenziato un attacco radicale all’Unione europea. Attacco pesante, che si collega strettamente alla questione ucraina e al complicato percorso delle trattative per un cessate il fuoco (difficile parlare di pace vera e propria). Il tutto ha creato qualche difficoltà al governo e alla premier Meloni, stretta fra il sostegno indiscusso all’Ucraina da un lato e dall’altro la necessità di tenere un canale aperto per la «special relationship» con Trump e gli Usa.
Situazione complessa, come si evince dalla difficoltà di decidere sull’utilizzo degli asset russi a favore di Zelensky. Dal punto di vista della politica interna almeno tre elementi vanno sottolineati: la discussione della manovra di bilancio, ormai agli sgoccioli dato che deve essere approvata entro la fine dell’anno; la kermesse di Atreju, che ha visto il manifestarsi delle divisioni all’interno del centrosinistra con Giuseppe Conte che sostiene di non vedere nessuna alleanza a priori, con una sorta di presa di distanza dal Campo largo; l’assemblea del Pd tesa a ricompattare le forze grazie all’ingresso di Bonaccini nella maggioranza lasciando fuori solo i riformisti. Qualche altro elemento riguarda la dialettica interna a Forza Italia, con l’emergere del ruolo di Occhiuto, governatore riconfermato della Calabria, e le polemiche anche aspre nel Pd sul tema del disegno di legge di Graziano Delrio in materia di contrasto all’antisemitismo.
Come succede da tempo, l’impatto di tutti questi avvenimenti sugli orientamenti dell’elettorato è quasi nullo. Guardando agli orientamenti di voto, infatti, le variazioni sono quasi fisiologiche, di pochi decimali. Nel centrodestra Fratelli d’Italia si colloca al 28,4% (+0,4%), Forza Italia all’8,3% (-0,3%), mentre la Lega è l’unica formazione a segnalare un calo apprezzabile: oggi è stimata all’8,1%, con un calo dello 0,8%. Non è improbabile che sia un riflesso delle posizioni simpatizzanti verso la Russia del segretario (peraltro smentite dal presidente della Camera) e forse anche del crescere dei malumori del «partito del Nord» evidenziate dal recente successo di Luca Zaia alle regionali venete. Nel centrosinistra i cambiamenti sono ancora più contenuti: il Pd al 21,3% (-0,3%), il Movimento 5 Stelle stabile al 13,5%, AVS al 6,1% (-0,2%), come pure assolutamente stabili le altre formazioni. In lieve aumento l’area grigia di incerti e astensionisti, oggi al 41,8% (+0,3%).
L’esecutivo fa emergere qualche piccolo segnale di miglioramento. L’indice di apprezzamento (la percentuale di valutazioni positive su chi si esprime, esclusi i non sa) sale di due punti, collocandosi al 42 e recuperando il piccolo decremento segnalato il mese scorso. Simile l’andamento dell’apprezzamento della presidente Meloni, che cresce di un punto (a quota 43), avvicinandosi al dato di due mesi fa.
Per quel che riguarda la valutazione dei leader politici si nota in generale un decremento delle valutazioni dei personaggi che dominano la classifica. Tajani, pur rimanendo in testa alla graduatoria, cala di due punti collocandosi al 28. È evidente che conta la richiesta di rinnovamento espressa da Pier Silvio Berlusconi che, pur dicendosi grato nei confronti di Tajani, ha espresso l’esigenza di trovare facce nuove nel partito. Anche Giuseppe Conte segna un calo apprezzabile, di tre punti, passando da un indice di gradimento di 27 all’attuale 24. In questo caso pesano probabilmente sia il manifesto sostegno a Trump, estensore a suo parere dell’unico piano percorribile per il conflitto ucraino, sia la recente presa di distanza, alla festa di Atreju, dall’alleanza del Campo largo. Anche Schlein scende di un punto (e qui basta ricordare le differenziazioni interne, pur se sopite dal recente ingresso in maggioranza di Bonaccini). Di due punti scende invece l’apprezzamento di Salvini, oggi al 22 contro il 24 del mese scorso, e abbiamo già dato conto precedentemente dei probabili motivi. Sostanzialmente nessun cambiamento per tutti gli altri leader testati.
È interessante sottolineare come, a fronte di qualche malumore verso i leader, non ci siano cambiamenti apprezzabili (con la parziale eccezione della Lega) negli orientamenti di voto per i partiti. È probabile che ciò derivi dalla scarsa partecipazione: il fatto che meno del 60% dichiari un orientamento di voto indica che presumibilmente chi si esprime sia un elettorato orientato quasi «a prescindere». Insomma, le «curve» di cui abbiamo più volte parlato. Il che dà conto dell’assenza o quasi di cambiamenti apprezzabili anche a fronte di avvenimenti importanti. È evidente, e lo abbiamo detto più volte, che il tema della partecipazione e della lotta contro l’astensionismo rimane questione centrale.
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19 dicembre 2025
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