Nel 2024, a Helsinki non è morto nessuno a causa di incidenti stradali. Nessun pedone, nessun ciclista, nessun automobilista. È la prima volta che succede nella capitale finlandese e in quasi tutte le grandi città europee. Un risultato che non è arrivato per caso o per fortuna. Come raccontato da Il Post in un articolo pubblicato il 2 agosto 2025, è frutto di anni di politiche pubbliche pensate, implementate e valutate con metodo. Al centro, una scelta urbanistica e culturale sempre più diffusa: il limite generalizzato dei 30 km/h.

Helsinki non è l’unica a puntare su questo modello, ma rappresenta un caso particolarmente emblematico. Oltre la metà delle strade cittadine è oggi soggetta al limite dei 30 all’ora, con controlli automatici, spazi ripensati per la mobilità attiva e un approccio che mette la sicurezza – reale, misurabile – al di sopra della convenienza individuale o del senso comune.

(foto d’archivio)

Le città 30 funzionano

I numeri parlano chiaro. La velocità è il fattore principale nella gravità degli incidenti urbani: tra 30 e 50 km/h cambia tutto. A 30 all’ora, un impatto con un pedone è raramente mortale; a 50, le probabilità di morte salgono drasticamente. Ridurre la velocità media di circolazione nelle aree urbane significa ridurre in modo diretto e documentato il numero di feriti gravi e morti.

Una recente meta-analisi condotta in 40 città europee ha stimato una riduzione media degli incidenti pari al 23 per cento, delle vittime al 37 per cento e dei feriti al 38 per cento dopo l’adozione di limiti generalizzati a 30 km/h. Cifre che si traducono in vite umane, in famiglie che non piangono una perdita, in ospedali meno affollati, in comunità più vivibili.

limite 30In Svizzera, le zone 30 hanno prodotto una riduzione degli incidenti gravi del 38 per cento. A Bologna, dove il limite è stato introdotto su larga scala nel 2024, gli incidenti con feriti si sono ridotti di oltre il 13 per cento. Il modello non è perfetto, ma i dati si accumulano, solidi, da anni.

Non è solo una regola: è un cambio di visione

Pensare che la riduzione del limite di velocità sia una misura ideologica o “contro gli automobilisti” significa non coglierne il senso. La questione non è politica, ma tecnica. Gli effetti delle città 30 non si basano su opinioni, ma su evidenze raccolte da urbanisti, ingegneri del traffico, epidemiologi, amministratori che da decenni studiano i fattori che rendono una strada più o meno sicura.

Eppure, il dibattito pubblico è spesso dominato da impressioni personali: “a 30 all’ora si va troppo piano”, “non si arriva più da nessuna parte”, “è solo un modo per fare multe”. Sono argomenti comprensibili, ma fondati su percezioni e non su dati. La verità è che le città non possono essere progettate solo sulla base della sensazione di chi le attraversa in macchina. Devono rispondere a un principio di sicurezza collettiva, basato su competenze che vanno oltre il nostro sguardo individuale di cittadini.

Helsinki non è un caso isolato

Le politiche di Helsinki sono coerenti con un orientamento europeo sempre più diffuso. Bruxelles, Parigi, Bilbao, Graz, Lione: sono tutte città che hanno adottato limiti generalizzati a 30 km/h e che stanno registrando riduzioni significative di incidenti e mortalità. In Spagna, dopo l’introduzione del limite in tutte le strade urbane a senso unico, i morti sono calati del 14 per cento in un solo anno.

Non si tratta solo di mettere cartelli o autovelox. Le città 30 funzionano se accompagnate da una progettazione dello spazio coerente: marciapiedi ampi, attraversamenti ben segnalati, strade più strette, segnaletica chiara, controlli efficaci. Non si punta solo a rallentare, ma a rendere evidente che lo spazio urbano è condiviso e che le persone – a piedi, in bici, in carrozzina, con un passeggino – devono poterlo attraversare senza rischiare la vita.

Quando la tecnica salva la politica (e le vite)

Il successo di queste misure dovrebbe insegnarci una lezione più ampia. La sicurezza stradale non è un tema da talk show o da sondaggi improvvisati. È una materia seria, che richiede analisi, studio, competenze. È il frutto di decisioni che devono guardare oltre il consenso immediato, e che talvolta devono saper dire “no” anche quando l’opinione pubblica è ostile o disinformata.

Helsinki ha salvato vite, e lo ha fatto seguendo una direzione precisa: affidarsi alla scienza, non all’emotività. Chi amministra una città ha la responsabilità di proteggere tutti, anche da rischi che i cittadini stessi non percepiscono. E i risultati dimostrano che le città 30 sono una delle risposte più efficaci, semplici e replicabili.

In fondo, è una questione di priorità: se la vita vale più di qualche minuto in meno al volante, allora la strada da seguire è già tracciata.