Entriamo nella casa di Orna Tamir Schestowitz a Cap-Ferrat.
«Il Mediterraneo è uno stile di vita, sono nata su questo mare e ha forgiato ogni parte di me», dice spesso Orna Tamir Schestowitz. Artista, attivista, curatrice ed ex giornalista di design, nata a Tel Aviv, ha appena pubblicato Mediterranean Homes: The Art of Embracing Light (Rizzoli), un meraviglioso volume (con testi di Beth Dunlop) in cui il fotografo di moda – e amico – Dudi Hasson ha interpretato le sue case, scelte col cuore in luoghi che, se uniti, disegnano un simbolico abbraccio al mare nostrum: Tel Aviv, Paros e Cap-Ferrat.
Nella camera da letto al piano alto, due Aluminium lounge chair degli Eames (Vitra); tavolino E1027 (ClassiCon) e tappeto Mediterranee fine anni ’20, entrambi di Eileen Gray.
Foto Dudi Hasson
La casa, del 1960, ha un tetto a V che ricorda le ali di un gabbiano.
Foto Dudi HassonLa casa di Orna Tamir Schestowitz a Cap-Ferrat, un sogno che si avvera
«Per me il concetto di casa è legato alla stratificazione e al sole», racconta Orna sfogliando le pagine di un catalogo di stanze meravigliose, ma soprattutto di memorie culturali che nel corso degli anni ha collezionato per far riverberare l’identità del luogo con la propria. «Cap-Ferrat la residenza su cui ci soffermiamo (svelando anche foto che non si trovano nel volume). Perché la storia di questa architettura e di questi oggetti racconta molto bene la storia di Orna Tamir Schestowitz. Nel 1999 si innamora di questa struttura modernista: «Non potevo permettermi di acquistare una casa in questo luogo di vip, qui c’erano Cocteau, Chanel, Léger, Édith Piaf, Picasso aveva il suo studio Vallauris… Ma questa casa è un parallelepipedo di 24 metri per soli 4 di larghezza, con una scala che conduce alla piscina e uno strano tetto a forma triangolare che ricorda la prua di una barca. Al tempo di simile in zona c’era solo la E-1027 di Eileen Gray, e non piaceva a nessuno. Così riuscii a comprarla e ad ampliarla».