Firenze, 20 dicembre 2025 – La zona Cesarini dei regali di Natale all’ultimo tuffo è alle porte. Ma Babbo Natale avrà a disposizione meno ‘fornitori’ a cui rivolgersi per i regali per bambini. Questo perché la crisi del giocattolo morde anche Firenze. Il dato dei dati: dal 2014, oltre il 18% dei bandoni è andato giù per sempre, tra città e provincia. Questo il verdetto dell’ufficio studi statistica della Camera di Commercio di Firenze: dalle 201 “unità locali attive” siamo passati alle 164 del dicembre 2024. In dieci anni nell’area comunale le attività commerciali di vendita al dettaglio di giochi e giocattoli (inclusi quelli elettronici) la parabola è discendente: da 69 esercizi totali (fra sedi logistiche e punti vendita) siamo passati ai 63 del 2019 fino ai 58 di fine ‘24 (-15,9%).

In 10 anni perse 37 attività in provincia. Tra le cause denatalità, concorrenza sleale e tecnologia

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Stesso trend in provincia: 132 attività nel 2014, 114 nel 2019 e 106 nel 2024 (-19,7%). Cifre e numeri che necessitano di un contesto. Intrecciato da un insieme di fattori a mo’ di tempesta perfetta che spiegano il crollo verticale del comparto: meno nascite e meno carrozzine a scandire un inverno demografico sempre più freddo, calo dei consumi interni, potere d’acquisto delle famiglie eroso da salari stagnanti e che non crescono compensando i tassi d’inflazione.

La polaroid nazionale è scattata da Infocamere-Unioncamere tramite la banca dati di Movimprese e archivio Inps. A fine ‘24 si contano 17mila realtà attive nei principali settori dell’economia dell’infanzia, in calo del 16% rispetto al 2014. Tradotto: -3.300 imprese in totale. Con la manifattura d’area specializzata nella fabbricazione dei giocattoli e passeggini in caduta libera (-32,7% in dieci anni). Idem gli occupati della filiera (30.400, il 7% in meno del 2014). La ciliegina sulla torta è il dato demografico che certifica la crisi. Al primo gennaio ‘25 il bacino di potenziali consumatori si componeva di 4,8 milioni di bambini nella fascia d’età 0-10. Il saldo dei residenti calcolato da InfoCamere-Unioncamere è -1,2 milioni.

“La crisi dei negozi di giocattoli è il segnale di una trasformazione profonda del commercio di prossimità, messo sotto pressione dall’aumento dei costi, dalla concorrenza dell’online e dal cambiamento delle abitudini di consumo. Perdere queste attività significa impoverire i quartieri e il tessuto sociale della città, per questo servono politiche di sostegno mirate e una riflessione seria sul futuro del commercio tradizionale”, l’analisi di Massimo Manetti, presidente della Camera di commercio di Firenze. In soccorso arriva il commento di Giuseppe Salvini, segretario generale della Camera di commercio di Firenze: “I dati confermano una difficoltà strutturale che non riguarda solo il settore dei giocattoli, ma molte piccole attività specializzate. Come Camera di commercio di Firenze accompagniamo le imprese in un percorso di innovazione, aiutandole a intercettare nuovi modelli di consumo”.

A complicare il quadro degli esercenti che scelgono di rimanere sul campo e sul mercato è la concorrenza agguerritissima dei portali online e dei giocattoli venduti a due spiccioli importati dall’Asia. Merce che risulta spesso contraffatta, peraltro, o quantomeno non conforme secondo le normative nazionali e europee.

L’altra constatazione è di carattere tecnologico. Nell’era del gaming virtuale e delle console all’avanguardia con cui giocare virtualmente con il compagno di banco, anche se distante fisicamente per chilometri, passa di moda il gioco fisico per il bambino. Che sogna meno la Playmobil e più la PlayStation 5. Il colpo di reni arriva dall’adulto, che si è riscoperto (nerd) collezionista di Lego, o di modellini di Warhammer. Ma è magra la consolazione al tempo dei social network o delle sedute notturne alla Play per battersi nell’arena di Call of Duty, perché come sottolinea Silvia Dreoni (nell’intervista qui di fianco, ndr), titolare insieme alla sorella della storica giocattoleria fiorentina, “riusciamo a vendere ai bambini fino agli 8 anni. Perché poi già guardano ad altro, rinunciando alla fantasia”.