di
Roberta Polese
La vicenda del concorso per professore ordinario vinto da Riccardo Nocini, figlio dell’ex rettore Pier Francesco. Il microbiologo e docente: «L’università perde credibilità»
«Sono anni che dico che il metodo di reclutamento universitario italiano è radicalmente sbagliato, ogni concorso è fatto su misura per qualcuno, non ho mai trovato un professore che smentisse questa mia affermazione». Il professor Andrea Crisanti, microbiologo, docente all’università di Padova e all’Imperial College di Londra e oggi senatore del Partito Democratico, recentemente ha fatto un post su Instagram che riprende un suo discorso su questi temi in parlamento, il video è stato visto da quasi tre milioni di persone e rilanciato da migliaia di volte. Della trasparenza dei bandi universitari Crisanti ha fatto una battaglia personale. E il tema è finito sotto i riflettori per il concorso vinto da Riccardo Nocini, figlio dell’ex rettore dell’università di Verona Pier Francesco, che a soli 33 anni (e con ben 242 pubblicazioni all’attivo) è diventato professore ordinario di otorinolaringoiatria al dipartimento di scienze chirurgiche odontostomatologiche e materno infantili (Discomi) nello stesso ateneo. Un concorso ha cui ha partecipato da solo, e che sta generando infinite polemiche.
Professore, ha saputo della vicenda di Verona?
«Non conosco il caso specifico ma sono cose che si ripetono all’infinito, e la nuova riforma non cambierà le cose».
Lei a che età è diventato professore?
«In Italia divenni professore a 47 anni, so bene cosa vuol dire non riuscire a vincere i concorsi».
Venne scartato dalle commissioni?
«Sì, capitò talmente tante volte che neanche le ricordo più, e arrivavo dall’ Imperial College di Londra, una delle migliori università al mondo, eppure ai concorsi italiani non vincevo mai, ho cominciato a segnalare tutti i concorsi che perdevo, ogni volta facevo un esposto, a un certo punto, ricevetti una telefonata “ok hai rotto, ora facciamo un concorso per te”, io non volevo un concorso per me, volevo partecipare a una selezione equa».
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Che cosa non funziona nel sistema italiano?
«Ormai all’università tutti sanno che si fanno i bandi ad personam, nessuno si stupisce più, ma non può essere così: i bandi devono essere aperti, un professore non può studiare, fare ricerca, fare la specializzazione e poi diventare professore a contratto e infine ordinario sempre all’interno della medesima università, all’estero questa cosa è rarissima, in Italia è la regola, e non c’è alcun modo per uscire da questa modalità».
E poi ci sono le pubblicazioni, nel caso di Verona il docente vincitore della cattedra ne aveva 242, molte di più della media, com’è possibile?
«Non entro nel caso specifico che non conosco, ma ora le spiego come funzionano le pubblicazioni: mi è capitato più di una volta che gli specializzandi venissero da me per chiedermi di poter aggiungere la loro firma ai miei lavori, che venivano pubblicati nelle riviste scientifiche, io li ho mandati via tutti, facevo firmare solo le persone che avevano effettivamente lavorato con me, ma c’è chi si presta, e si crea un giro di firme che poi non corrispondono ad un vero lavoro di ricerca… In questo modo l’università perde credibilità, i ragazzi se ne vanno all’estero e non tornano più».
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20 dicembre 2025 ( modifica il 20 dicembre 2025 | 12:52)
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