Un carrarmato di 118 chili per 196 centimetri che correva come uno sprinter. Il 18 giugno 1995 lasciò senza parole il mondo rivoluzionando il rugby con un’azione. Ma la sua è una storia alla Shakespeare, ricolma di meraviglia e tragedia…
Un impatto devastante. La prima volta che il mondo si accorge di Jonah Lomu è durante la Coppa del Mondo di rugby in Sudafrica, quella di Mandela e del film Invictus. È il 18 giugno 1995, il giorno della semifinale: al Newlands Stadium di Città del Capo si sfidano Nuova Zelanda contro Inghilterra. Jonah ha vent’anni, gioca nella Federazione di Counties Manukau, l’anno prima è stato il più giovane debuttante tra gli All Blacks. Ha segnato i suoi primi punti internazionali al debutto nel torneo, contro l’Irlanda. La semifinale è cominciata da meno di due minuti. Lomu riceve la palla da Graeme Bachop sul fronte sinistro, corre verso la linea di meta. Gli inglesi provano a placcarlo. Prima Tony Underwood, poi Will Carling, allontanato con un braccio, infine Mike Catt: Lomu gli passa letteralmente sopra, segnando i primi punti per gli All Blacks, che vinceranno 45-29. I 25 passi in sette secondi di Lomu sono la cosa più vicina possibile agli undici tocchi di Diego Maradona, sempre contro gli inglesi, ai mondiali di calcio del 1986, in Messico. È il fuoriclasse assoluto che prevale su qualsiasi tattica, supera l’organizzazione di squadra e porta l’unicità del talento al massimo livello. Lomu quel giorno segna quattro mete, lasciandosi alle spalle le macerie della nazionale inglese. Cambia la percezione collettiva del rugby.