ROMA Otto e venteisei. Sono i numeri intorno ai quali ruota il futuro del Festival di Sanremo. Otto come la data dell’8 agosto, venerdì prossimo: è il termine entro il quale da viale Mazzini aspettano che si sblocchi la trattativa con il Comune di Sanremo per l’organizzazione delle prossime tre edizioni della kermesse. Affinché questo accada, però, l’amministrazione sanremese deve rivedere al ribasso le richieste economiche avanzate alla Rai, giudicate dai dirigenti della tv di Stato insostenibili: non solo dalla Città dei Fiori chiedono un corrispettivo «non inferiore» ai 6,5 milioni di euro all’anno per ottenere la concessione del marchio “Festival della Canzone Italiana” (di proprietà del Comune – si tratta di un aumento del 30% della cifra attualmente versata da viale Mazzini, pari a 5 milioni di euro), ma vogliono per sé perfino una parte degli introiti della raccolta pubblicitaria. La Rai, dunque, ha già pronto il piano b: trasferire il Festival altrove, pur rinunciando al nome di Festival della Canzone Italiana.
LE REAZIONI. E qui entra in ballo l’altro numero: 26. Ventisei come i milioni che la Rai risparmierebbe qualora decidesse di organizzare il suo nuovo Festival a Roma. Dove? All’Auditorium Parco della Musica. La suggestione l’ha lanciata dalle pagine de Il Messaggero l’ad di Fondazione Musica per Roma, che gestisce l’Auditorium progettato da Renzo Piano, Raffaele Ranucci: «Quale miglior posto, per il festival della musica italiana, se non il Parco della Musica di Roma?». «Una domanda che meriterebbe risposta, magari accompagnata da un bilancio dei costi e delle trasferte», ha commentato Michele Anzaldi, per dieci anni in commissione di vigilanza Rai. Secondo le stime, il Festival di Sanremo costa all’azienda circa 20 milioni di euro per edizione: una cifra che include i costi di produzione e le spese organizzative (hotel, logistica, trasporti ecc.). A questo dato bisogna aggiungere i 6,5 milioni che il Comune di Sanremo, forte della sentenza del Tar che lo scorso dicembre ha stabilito che l’organizzazione della kermesse dovrà essere assegnata tramite un bando anziché essere affidata direttamente alla Rai, chiede a viale Mazzini per la concessione del marchio. Denaro pubblico che, organizzando il Festival nella Capitale, la tv di Stato risparmierebbe. Il Parco della Musica è abituato a confrontarsi con eventi muscolari: dal 2006 il complesso ospita la Festa del Cinema di Roma, che solo lo scorso anno ha registrato oltre 109 mila presenze in dodici giorni (per il Festival di Sanremo 2025 dall’11 al 15 febbraio sono state invece pari a 35 mila le presenze turistiche nella città ligure). «I limiti di Sanremo sono sotto gli occhi di tutti. Dalla logistica al teatro non più adatto, fino ad arrivare ai costi in continuo aumento. Rai potrebbe investire ciò che oggi mette nella convenzione con il Comune in un grande evento, anche a Roma. Perché no?», fa sapere Enzo Mazza di Fimi, Federazione Industria Musicale Italiana, che rappresenta circa 2.500 imprese.
GLI ARTISTI. «Roma è Caput Mundi, no? Meglio a Roma che da nessuna parte», dice la sua Al Bano, quindici volte in gara alla kermesse, che vinse nel 1984 con Ci sarà insieme a Romina Power. «L’Auditorium è un posto in cui si respira grande musica: ci ho ascoltato molti dei miei colleghi. Mi comprerò il biglietto e andrò a vedere qualche serata del nuovo Festival in platea. Certo, potrebbe esserci un po’ di malinconia legata al passato. Ma di eterno non c’è niente», commenta Gigliola Cinquetti, veronese di nascita ma romana d’adozione, che con Non ho l’età (vinse nel 1964) e Dio, come ti amo (altra vittoria nel 1966, in coppia con Domenico Modugno) ha fatto la storia di Sanremo. «La location non è determinante: parla uno che al Festival spopolò quando neppure si svolse all’Ariston, ma al Palafiori, nel 1990, l’anno di Vattene amore. Da romano sarei felice: Roma è capace di tutto», le fa eco Amedeo Minghi, otto volte in gara a Sanremo. Gli ampi spazi dell’Auditorium – il complesso polivalente si estende su un’area di 55 mila metri quadri – consentirebbero a manovalanze e tecnici maggiore agilità rispetto agli spazi dell’Ariston: «Sarebbe una sfida emozionante per chi ci lavora – commenta Stefano Vicario, regista romano dietro alle telecamere del Festival per nove edizioni, l’ultima nel 2024 – l’Ariston è un tempio, ma è complicato muoversi lì per come oggi si fa la tv. La Rai ha i mezzi e gli uomini per fare quello che vuole».
Mattia Marzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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