Scandicci, 21 dicembre 2025 – Paolo Nocentini, lei ha sempre detto che preferisce seguire la sua Savino Del Bene in televisione quando è in trasferta. Stavolta ha fatto bene ad andare a San Paolo.
«E’ vero, ma le dirò una cosa: tutto è nato dal rientro in aereo dalla finale di Champions League di Istanbul. Ero insieme a un gruppo di amici e nonostante la sconfitta contro Conegliano (le finaliste accedono di diritto al Mondiale per Club, ndr) ho detto ‘Andiamo in Brasile lo stesso’. E così abbiamo fatto».
E ne è valsa la pena, non le pare?
«Mi faceva fatica andare, ma ormai la parola l’avevo data e devo riconoscere che sì, assolutamente ne è valsa la pena, nonostante 22 ore di viaggio».
E’ andato là con che spirito?
«Stavolta più che mai avevo la sensazione di fare un bel torneo. Eppure ero convinto che una volta davanti a Conegliano avremmo avuto le loro stesse possibilità di vincere. Attenzione, però».
Dica pure…
«Siamo arrivati in finale e non è stato facile. Anzi, devo dire è stata un’impresa. Leggi le avversarie e dici ‘Beh, c’è la formazione kazaka del Zhetysu’ e invece trovi dentro tante giocatrici russe, fortissime. Poi affronti Club Alianza Lima e l’Osasco e ti rendi conto che sono tutte squadre attrezzate e preparate. Per non parlare del Praia Clube. Sì, è stata proprio un’impresa arrivare in finale».
E dovevate affrontare di nuovo la squadra imbattibile.
«Siamo sempre stati sicuri dei nostri mezzi e Conegliano, anche se nelle ultime finali sono sembrate meno imbattibili, erano sempre la squadra da battere».
Ora il volley italiano all’estero è rappresentato, ai vertici, non solo da Conegliano.
«Questo è quello che mi fa più piacere: ora c’è anche Scandicci ed è la ricchezza del campionato italiano e importante per tutto il movimento, anche se qualcosa andrebbe corretto».
Si spieghi meglio.
«Non lo dico adesso che abbiamo vinto, ma è un mio pensiero da sempre e riferito a tutte le squadre: gli impegni sono tanti e sono tutti ravvicinati. Capisco la necessità delle nazionali, ma le atlete hanno poco tempo per recuperare d’estate (pochi giorni di ferie, ndr). Bisognerebbe avere maggiore attenzione su questo».
Torniamo alla finale.
«Adesso non potranno dire che ho vinto ’la coppa del nonno’ (ride, ndr). Dopo la Challenge e la Coppa Cev abbiamo centrato il top delle competizioni, battendo una grandissima squadra».
Qual è stata l’emozione più forte, alzare il trofeo?
«No anche se c’era ancora tanta adrenalina. Quella più forte appena è caduto a terra il pallone della vittoria di Bosetti: mi sono alzato e guardato gli altri per essere sicuro che fosse finita. Che avevamo vinto. Non lo realizzi subito. Momenti indimenticabili».
E ora?
«Adesso non abbiamo la pancia piena e ho subito detto alla squadra ’Vedete di non perdere gare più facili’. Ne sarebbero capaci (dice tra lo scherzo e il serio, ndr)».
Dietro a una vittoria del genere non c’è solo una squadra top, ma anche una grande organizzazione. Non crede?
«Più che altro i contenuti dell’organizzazione. Conta lo staff tecnico, quello medico sempre presente e la capacità di essere meticolosi in ogni particolare».
Per lei il volley resta sempre un gioco, ma un gioco importante…
«Assolutamente sì. Ho tante altre attività da seguire, però d’estate mi manca».
Per chiudere, ci sono tante voci. Antropova resta?
«Stiamo lavorando per convincerla a giocare ancora con noi, per continuare qui la sua carriera».