Immaginiamo di viaggiare nel futuro e di trovarci per qualche ora nel 2028: la norma sulla ritenuta dell’1 per cento su tutte le fatture di tutte le aziende è in vigore, ecco cosa succederà
Il modo migliore per affrontare le novità è quello di immaginare la loro concreta applicazione.
È quanto proveremo a fare in questo intervento: descrivere (anche con un po’ di dovuta ironia) quello che accadrà se – come pare – verrà introdotta la ritenuta d’acconto nelle transazioni B2B.
Una breve introduzione “tecnica” è indispensabile: con l’emendamento nr. 4.1000 al disegno di legge di bilancio, presentato presso la 5ª Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio) del Senato della Repubblica, seduta 489 del 16 dicembre 2025, è emersa l’intenzione di intervenire sull’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600, prevedendo l’applicazione di una ritenuta a titolo di acconto, pari all’1%, applicata ai corrispettivi dovuti per le prestazioni di servizi e per le cessioni di beni effettuate nell’esercizio di imprese.
Quanto sopra con decorrenza 1° gennaio 2029.
Stando alle ultime indiscrezioni emerse dalle successive Commissioni, tale ritenuta (che tutti si immaginavano con una trovata estemporanea, destinata ad essere subito abbandonata) verrebbe addirittura anticipata al 2028, con percentuale 0,5%.
Soltanto due sono le esclusioni previste dall’applicazione di questo nuovo meccanismo che, se effettivamente vedrà la luce, andrà a complicare in maniera indicibile la “vita fiscale” dei contribuenti e dei loro consulenti fiscali:
- la ritenuta non sarebbe applicabile nel caso in cui il percipiente ha aderito al concordato preventivo biennale oppure si trova in regime di adempimento collaborativo;
- o nel caso in cui già sia soggetto ad altra tipologia di ritenuta.
Al di fuori di questi casi, quindi, sarebbe sempre applicabile, indipendentemente dalla modalità di pagamento e, si badi bene, non si tratterebbe di un meccanismo simile a quello dei bonus edilizi, e quindi “gestito” dagli istituti bancari attraverso i bonifici dedicati.
Per come attualmente formulata la proposta normativa, infatti, il sostituto d’imposta è direttamente il fornitore di beni o servizi che incassa, avendo quale controparte un’impresa.
Ebbene, gli operatori di settore fiscale hanno subito colto l’aspetto tragico di questa novità: migliaia, anzi, milioni di ritenute da gestire e certificare, ed un modello 770 che diverrebbe tanto lungo da sembrare un romanzo.
Ma se tutto ciò non fosse già abbastanza, proviamo ad immaginare cosa accadrebbe nella realtà quotidiana in capo alle imprese coinvolte.
Siamo in un qualunque ristorante di una città qualunque, orario pranzo di lavoro.
Mario, l’esercente, si destreggia faticosamente tra emissione di documenti commerciali e fatture.
Ecco arrivare alla cassa Fabrizio, imprenditore, che – come imposto dalla norma – richiede fattura.
Mario, imprenditore dall’esperienza consolidata, sa perfettamente che deve richiedere gli estremi per l’emissione della fattura elettronica, estremi che probabilmente memorizza in un gestionale al fine di non dover nuovamente richiederli la volta successiva.
Ma… attenzione! Siamo nel 2028!
Mentre la coda alla cassa aumenta a vista d’occhio, Mario scruta Fabrizio e lo interroga con aria inquisitoria: “Ma tu, hai fatto il concordato?”
Fabrizio replica: “Ma scusa, ma a te che ti importa? Saranno fatti miei?”
Segue una discussione di dieci minuti, nella quale Mario dismette i panni del ristoratore per rivestire quelli del fiscalista.
Terminata tale discussione, Fabrizio riferisce a Mario di non aver fatto il concordato.
Ovviamente, la risposta viene fornita non prima di aver chiamato tre volte il suo commercialista per:
- capire la domanda;
- capire il perché della domanda;
- accertarsi che effettivamente fosse necessario raccontare gli affari suoi al ristoratore.
Più una quarta, perché a questo punto Fabrizio si chiede anche… perché non ho fatto il concordato?!
A questo punto, e solo a questo punto, finalmente Mario può definire l’ammontare effettivo da incassare da Fabrizio (mentre la coda alla cassa raggiunge ormai l’isolato successivo), procedere ad emissione di fattura ed esporre la ritenuta (ben 0,10 euro!).
Nei giorni successivi, poi, dovrà a sua volta consegnare il tutto al suo consulente fiscale per la predisposizione del modello di versamento, nella consapevolezza di dover poi fare, a tempo debito, la certificazione unica e il modello 770.
Nel frattempo, Fabrizio ha lasciato il locale. Tuttavia, un dubbio coglie Mario: “E se Fabrizio non mi ha detto la verità? E se si è sbagliato? Il mio consulente mi ha detto che la responsabilità è del sostituto d’imposta! Chissà chi è sto sostituto… ma non è che sono io?”.
Mario, quindi, si affretta a contattare il suo consulente per sottoporgli la spinosa questione (e anche l’inevitabile domanda: ma non è possibile evitare tutto questo pandemonio?!).
Le risposte ottenute lo gettano in uno stato di sconforto. Sì, la responsabilità è sua. E no, non è possibile evitarlo, la Legge è Legge!
Ecco perché Mario, contribuente modello, decide di approntare un modulo da far firmare ogni volta che il cliente gli dice che la ritenuta non è applicabile, e in base a quale motivazione. Il fatto che ciò comporti altri preziosissimi minuti di lavoro sprecati, nonché una montagna di adempimenti propedeutici e successivi per la corretta gestione dei dati raccolti sotto il profilo privacy è un aspetto di cui si occuperà. Prima o poi.
Facile no?
Ma sì, dai, si tratta di entrare nella nuova mentalità e raccogliere l’informazione la prima volta. Una volta memorizzato il tutto, per le prossime occasioni sarà tutto in discesa, si consola Mario.
E invece no! Perché il trovarsi in regime di concordato preventivo biennale è un qualcosa soggetto a mutevoli cambiamenti nel tempo.
Il contribuente, infatti, può esprimere adesione al concordato per l’anno “X” entro il 30 settembre di quello stesso anno.
Quindi, il nostro Fabrizio potrebbe essere un non concordatario fino a tale data (perché non ha aderito in precedenza e non ha ancora deciso di aderire per l’anno in corso) e poi, appunto, cambiare situazione.
E ancora… Fabrizio potrebbe anche essere già in concordato, ma essere incorso in una causa di cessazione (che nel 99% dei casi non conosce o comunque non comprende).
E quindi, eccolo il nostro Fabrizio, che ogni volta che si reca da Mario a mangiare si sente rivolgere la fatidica domanda, e quindi chiama il suo commercialista… “Scusami… non mi ricordo, ma alla fine l’ho fatto sto concordato?”.
Non ti preoccupare, Mario. Andrà tutto bene.
Forse.