C’era qualcosa di nuovo ieri nel sole, anzi d’antico: i primi raggi che illuminavano il compleanno della città, gli stessi che brillavano su Napoli 2500 anni fa. Allora non c’era la reggia di Capodimonte, oggi sì e sul suo belvedere dalle 7, per salutare la ricorrenza, una piccola folla di settanta persone ha assistito al primo degli appuntamenti di «Buon compleanno Neapolis», la maratona culturale pensata dagli organizzatori delle celebrazioni per questo 21 dicembre, data che canonicamente viene individuata come quella della fondazione della città: l’esibizione delle Matriarcanto, un ensemble che nella sezione vocale è tutto al femminile.

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Le quattro cantanti hanno intonato brani del repertorio tradizionale avendo come sfondo ideale Roberto De Simone, il maestro che ci ha lasciato ad aprile: alle villanelle e alle moresche alternavano, in controcanto, «Jesce sole», naturalmente, la «Tarantella di San Michele» e alla fine il secondo coro delle lavandaie da «La gatta cenerentola», su concessione della famiglia del compositore e regista. «L’inizio di un giorno importante celebrato da donne in concerto: Napoli è città donna, città del canto», ha detto Teresa Armato, assessore al Turismo del Comune che ha sostenuto le iniziative dell’anniversario. Laura Valente, direttrice artistica delle celebrazioni, felice e infreddolita ha apprezzato la partecipazione del pubblico: «Tanta gente a un orario insolito, è una soddisfazione vedere le persone emozionate dallo spettacolo svolto in un punto inedito».

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Non c’era invece molto pubblico – una decina i partecipanti – alle 11.30 nel foyer del teatro San Ferdinando dove è stata inaugurata la mostra «Frammenti di una vita per il teatro. Paolo Grassi e Eduardo De Filippo tra Sud e Nord», a cura di Francesca Grassi, figlia dell’impresario, fondatore del primo teatro pubblico italiano (il Piccolo di Milano). Una foto dei due campeggiava tra articoli di giornale e altre immagini, e al loro rapporto è stato dedicato il recital di Antonello Cossia che ha letto stralci della loro corrispondenza tratti dal volume Vorrei caro Eduardo (Guida editore): «Caro Paolo, che gioia è una tua lettera! Le tue parole hanno il potere di mettere addosso al destinatario un prepotente, goliardico entusiasmo» scriveva il drammaturgo partenopeo. Per poi recuperare la proverbiale rudezza alla fine della missiva: «Quando sarò a Milano (se non ti renderai prezioso, ricorda che i superbi sono disprezzati da Dio) studieremo ogni possibilità». Le possibilità che Eduardo cita sono le intense collaborazioni che i due ebbero, sostanziate nelle registrazioni tv delle commedie di Eduardo durante il periodo di presidenza della Rai di Grassi, oltre al legame personale che la figlia evoca: «Erano amici davvero. Di Eduardo ho ricordi vaghi, ero bambina, ma posso dire che stava spesso a casa nostra; riuscivo a percepirne l’aura del gigante».

PROPOSTE NO STOP

Il programma del compleanno di Napoli è stato concepito per durare dall’alba al tramonto: nel pomeriggio gli eventi di punta sono tornati a Capodimonte dove sono andati in scena due spettacoli, distanti per ispirazione e interpreti, ma entrambi targati NA. Il primo, in programma alle 17 nel salone delle feste, è stato scritto da Erri De Luca. Il titolo è «In nome della madre per Napoli 2500» con la regia di Gianluca Barbadori e l’interpretazione di Galatea Ranzi – tra le protagoniste in «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino – che ha interpretato una Madonna dei nostri giorni con cadenza mediorientale: «Sono sposa promessa e non devo guardare in faccia gli uomini» ha detto, in uno dei passaggi più toccanti del monologo. È la storia, narrata in prima persona, di Miriàm, una ragazza della Galilea che ha una strana visione nella quale un angelo le annuncia che avrà un figlio e le profetizza per lui un destino di grandezza; subito dopo, la giovane scopre di essere incinta e decide di avvertire Iosef, il suo promesso sposo: sa che rischia di essere lapidata, ma rifiuta ogni menzogna, rivendicando il mistero della sua gravidanza e la sua assoluta buona fede. Applausi della sala, sold out da giorni.

Così come c’è stato un pienone alle 20.30 per la seconda performance, il clou del programma: lo spettacolo che ha fuso la breakdance, la musica classica e il rap dal nome «Napoli millenaria». Regia, coreografia e danza di Yaman Okur, francese di origini turche, con il compositore Salvio Vassallo, la voce di Valentina Gaudini e la partecipazione straordinaria del virtuoso del violoncello Christian Pierre La Marca, contrappuntati dai giovani cantati, attori e rapper del progetto «La Costituzione in lingua napoletana» curato, nella parte laboratoriale, dagli attori Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo. Okur ha costruito il lavoro partendo da Napoli come corpo vivo: una città attraversata da culture, lingue, ritmi, complessità. E così gli stili diversi, incontrandosi, trasformandosi, si tenevano insieme: la coreografia era espressione di continuità, di un linguaggio che cambia senza perdere memoria, con la danza urbana e i suoi recitativi a intrecciare un tempo antico rituale. Presenti il sindaco Gaetano Manfredi e il direttore del museo Eike Schmidt che ha detto: «Assistere insieme ai cittadini a performance di qualità e aprire il nostro salone delle feste ai ragazzi che con il rap e la lingua napoletana celebrano i valori della Costituzione dà grande gioia». Ma la festa non è ancora finita. Il compleanno di Napoli arriva fino a fine anno con alcune “bonus track”. Il prossimo 28 dicembre c’è il recupero dello spettacolo di ballo “Tanghedia” che si doveva fare ad agosto al faro ma fu fermato da un acquazzone; e il 30, in anteprima a Casa del cinema, il corto animato di Alessandro Rak sui 100 anni del Napoli calcio.