Lc 1,46-55 – Feria propria del 22 dicembre

Nel Magnificat di Maria c’è tutta la sorpresa di Dio che entra nella storia senza fare rumore, senza bussare forte, ma scegliendo ciò che è piccolo, nascosto, apparentemente irrilevante. È come se Maria ci dicesse: “Guarda cosa succede quando lasci spazio a Dio. Non devi diventare grande tu: è Lui che fa grandi le cose dentro di te”. Ed è proprio questo il cuore della Novena di Natale: lasciarci raggiungere da un Dio che non pretende, ma chiede di essere accolto.

Maria canta non perché la sua vita sia diventata facile, ma perché ha scoperto che Dio è fedele. Lo sguardo di Dio, posato sulla sua umiltà, diventa il punto da cui tutto si trasforma. E forse anche noi, in questi giorni che precedono il Natale, dovremmo chiederci: dove si posa lo sguardo di Dio nella nostra vita? Quali piccolezze, quali fragilità, quali attese custodite in silenzio vuole visitare? Il Magnificat non è il canto di chi ha risolto i problemi, ma di chi ha capito Chi li attraversa con lui.

Per questo Maria osa annunciare che i potenti saranno rovesciati e gli umili innalzati: non perché il mondo cambi improvvisamente struttura, ma perché il cuore, quando si lascia toccare dalla grazia, vede tutto in modo nuovo. L’onnipotenza di Dio non schiaccia, rialza. Non impone, libera. Nel Natale che si avvicina, il Signore ci chiede di imparare questo sguardo: vedere l’opera di Dio nelle crepe, nei silenzi, nelle attese lunghe, nelle contraddizioni della nostra storia. Il magnificat ci domanda se noi sappiamo rileggere la nostra storia così come fa Maria, rendendoci conto che Dio centra sempre anche quando sembra non esserci.

Solo questa consapevolezza può fondare una gioia nuova, perché se Lui c’è sempre allora possiamo vivere tutto, anche ciò che è difforme, strano, difficile, oscuro, e provare così una inaspettata gratitudine.