«Su corso Rinascimento, Emanuela era a venti metri da me, mi sono girata per controllare e non c’era più». Quando Laura Casagrande, l’amica di Emanuela indagata per false dichiarazioni al pm Stefano Luciani nel nuovo fascicolo aperto dalla procura di Roma, viene sentita per la seconda volta, il 4 agosto del 1983, la quindicenne è già scomparsa da oltre un mese. Casagrande era stata convocata precedentemente, dagli uomini della Squadra mobile, aveva detto che quel giorno lei ed Emanuela avevano fatto un tratto di strada insieme e che l’aveva lasciata alla fermata dell’autobus. La versione di agosto è già diversa e diversa è anche quella che la donna ha fornito adesso agli inquirenti e alla commissione parlamentare di inchiesta sul caso Orlandi, ai quali ha detto di non avere proprio visto la sua amica all’uscita della scuola di musica, quel 22 giugno dell’83. Ma Casagrande potrebbe non essere l’unica amica sospettata di non avere raccontato tutto su quel giorno, quando Emanuela è svanita nel nulla.
IL VERBALE
«Durante la lezione si è svolto tutto normalmente. Terminata la lezione, siccome io andavo di fretta, in compagnia della mia amica Maria Teresa, abbiamo preceduto sia Emanuela sia tutto il gruppo. Scendendo le scale della scuola, Emanuela era dietro di me per cui, giunta nel cortile, l’ho salutata e ho aspettato, anche se andavo di fretta tutto il gruppo. Quando ci siamo riuniti, nel cortile esterno della scuola, vedendo che il gruppo si attardava a parlare, ho deciso di avviarmi verso la mia abitazione, sempre in compagnia della mia amica».
Ma Casagrande, che adesso sostiene che quel giorno all’uscita dalla scuola non avesse proprio visto Emanuela, nel verbale del 4 agosto riferisce di avere anche avuto delle attenzioni specifiche nei confronti di Emanuela: «Durante il tratto di corso Rinascimento, che ho percorso a piedi, mi sono girata diverse volte per controllare se il gruppo si fosse mosso. Durante tali controlli – aggiunge – ho appurato che Emanuela era circa 20 metri più indietro di me e che più indietro venivano tutti gli altri». Ma poi Emanuela svanisce nel nulla: «Arrivati quasi alla fine di corso Rinascimento – ha raccontato – mi sono di nuovo girata, vedendo solo gli amici, mentre Emanuela non c’era più». Casagrande racconta di avere chiesto notizie: «Alla fermata dell’autobus della linea 64, venivo raggiunta da tutto il gruppo e ho chiesto a un mio amico, non ricordo a chi, dove stava Emanuela, lui mi rispondeva di non saperne niente, o meglio di non avere fatto caso a Emanuela». A quel punto Casagrande sale sull’autobus, mentre di Emanuela non si saprà più nulla. Alla Digos dirà: «Prendevo l’autobus con Emanuela e altre amiche, lei non mi ha mai confidato nulla di sé, né mi sono mai accorta di persone sospette o di auto che ci seguissero».
LA TELEFONATA
Ma la ragazza era stata coinvolta anche da un’altra circostanza. Poco più di un mese prima del verbale reso ai carabinieri, l’8 luglio, insieme alla madre, era stata sentita negli uffici della Digos per la telefonata anonima che aveva ricevuto «prova concreta del fatto che Emanuela fosse viva». Le era stato detto di consegnare il messaggio all’Ansa, le richieste riguardavano la liberazione di Alì Agca e la sollecitazione di una linea diretta con monsignor Casaroli, all’epoca segretario di Stato Vaticano, l’anonimo a aveva aggiunto che non erano stati loro a sollecitare l’appello del Papa, fatto cinque giorni prima. Durante la conversazione l’interlocutore che, tra l’altro sembrava conoscere Laura, si era raccomandato di consegnare il messaggio all’agenzia di stampa.
«Verso le 16 di oggi – racconta la mamma di Laura agli uomini della Digos – ho ricevuto una telefonata da un anonimo che parlava un italiano corretto ma con un timbro apparentemente mediorientale, il quale per prima cosa mi ha chiesto se fosse in casa mio marito». Alla risposta negativa della donna, l’anonimo chiede quando sarebbe rincasato. Poi, alla notizia che ssarebbe ritornato alle 20,30, l’uomo aggiunge: «Lei sa del caso di Emanuela? Lei deve andare all’Ansa». Quindi aveva cominciato a dettare: «Dimostriamo il buono stato della ragazza con la sua collaborazione consegnando questo numero telefonico». A quel punto, la signora passa il telefono alla figlia «per la difficoltà di seguire la dettatura», dice. Laura è più lucida della mamma, quando prende la cornetta, si legge nel verbale, «La voce maschile – racconta Casagrande – ha detto, ah tu sei Laura e ha ricominciato a dettare, fermandosi al termine di ogni frase e facendomi rileggere quanto avevo scritto per controllare. A metà circa del messaggio, l’anonimo mi ha ammonito di andare subito all’Ansa, senza avvertire i genitori (di Emanuela) Vaticano e polizia». Poi Laura integra il verbale: «Ho chiesto all’anonimo chi avesse dato loro il mio numero di telefono, al che mi è stato detto: “Ce l’ha dato Emanuela, dicendoci che sei una sua amica di scuola, lo so che tornavate a casa insieme». L’anonimo porima di riattaccare fornisce l’indirizzo dell’Ansa: «Se non avete la macchina, prendete un taxi». Così termina la conversazione.
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