L’Agenzia delle Entrate continua la sua interminabile lotta all’evasione fiscale, mettendo in campo nuove pratiche.

Nel 2026 il Fisco italiano si prepara a cambiare marcia, introducendo una strategia di controlli molto più selettiva e mirata rispetto al passato. Non si tratta più di verifiche “a tappeto”, ma di un piano operativo basato su algoritmi, incroci di dati e indizi che fanno scattare l’alert.

Gli osservati speciali saranno le partite IVA e i piccoli imprenditori, soprattutto in presenza di anomalie nei ricavi o mancata risposta alle comunicazioni ufficiali. L’Agenzia delle Entrate, insieme alla Guardia di Finanza, ha delineato un intervento su larga scala che prevede oltre 270.000 controlli mirati.

Nuovi controlli per i contribuenti

Uno dei parametri decisivi nella selezione dei contribuenti da sottoporre a verifica resta il punteggio ISA, indice di affidabilità fiscale che servirà come indicatore. Questi indici vengono assegnati alle attività economiche sulla base dei dati contabili e dei fattori strutturali dell’impresa, classificandole in base al grado di attendibilità.

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Un punteggio elevato vicino al 10 porta benefici rilevanti, come tempi più brevi per eventuali accertamenti e soglie più alte per la certificazione di conformità. Al contrario, chi si colloca nella fascia bassa viene considerato statisticamente più esposto a incongruenze tra ricavi dichiarati e ricavi attesi.

In particolare, i controlli scattano automaticamente in caso di punteggi inferiori a 6, attivando un livello superiore di attenzione da parte del Fisco. L’Agenzia tiene conto di diversi elementi, come il settore di riferimento, la localizzazione geografica, la struttura dei costi e il personale impiegato.

Quando i dati dichiarati risultano significativamente inferiori rispetto alle analisi effettuate, scatta l’alert automatico che può sfociare in un accertamento formale. Non si tratta di un indice presuntivo di evasione che genera quindi un sistema di colpa, ma di un segnale che richiede ulteriori verifiche.

Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha puntato sulla cosiddetta “compliance collaborativa”, privilegiando lo scambio di informazioni rispetto a un’immediata attività accertativa. Questo approccio ha portato a un uso massiccio delle lettere di compliance, strumenti attraverso i quali il Fisco segnala eventuali discordanze nei dati dichiarati.

Fondamentale diventa quindi la condotta del contribuente, chi non risponde o non fornisce chiarimenti adeguati passa automaticamente nella categoria dei soggetti a rischio. In questi casi si attivano controlli, sia formali che sostanziali, con conseguenze più pesanti per chi non collabora o genera ritardi nelle procedure.

Un ulteriore criterio di selezione riguarda l’adesione al concordato preventivo biennale, lo strumento che definisce anticipatamente una base imponibile per due anni. Per chi sceglie di aderire, il livello dei controlli si riduce sensibilmente grazie alla maggiore certezza data dalla base imponibile concordata.

Chi invece non partecipa alla procedura finisce nelle liste di controllo per il 2026, affrontando un rischio concreto di verifiche approfondite. Ancora una volta, l’Agenzia delle Entrate mette in atto una serie di pratiche mirate alla compliance e alla collaborazione con gli utenti.