di
Valerio Cappelli

Il nuovo film del comico esce il giorno di Natale in mille copie. Due battute politicamente scorrette su Gaza e su «Schindler’s List». Commedia sulla paternità: «Con mia figlia di 13 anni ho un rapporto conflittuale»

«Io come tipo sono parecchio emotivo, sento la tensione», dice Checco Zalone alla presentazione di «Buen Camino», il film che Medusa fa uscire il giorno di Natale in mille copie. «Se sento la pressione? Dopo questa domanda, no», scherza. «Cosa ci aspettiamo? Di incassare, di fare tanti soldi». Pensa a James Cameron, il regista di «Avatar», che è uscito ma resta il competitor durante le feste natalizie: «Vorrei che il 26 dicembre si alzasse e dicesse “ma chi ca… è sto Zalone?”».

Il tema è la paternità: un padre ricchissimo e una figlia (Letizia Arnò) che lo rifiuta, lui, tutto preso da barche e modelle, non ricorda nemmeno quando è nata, lei in cerca di valori autentici, e compie il pellegrinaggio diretta a Santiago di Compostela. Zalone pensa al pubblico più giovane. «Il vero problema sono i ragazzini, loro sì mi spaventano, sono abituati alla frantumazione di Tik Tok e qui devono restare fermi per un’ora e mezza. Ma sembra che anche spezzettato io funzioni. I genitori gli fanno vedere le battute sui cellulari; questa è una storia, c’è una drammaturgia».



















































Il film ha dei lampi ma è meno corrosivo del primo Zalone. Poi arriva la zampata. Come sopravvivere al politicamente corretto? «Invece di lamentarsene, bisogna essere intelligentissimamente scorretti».
Zalone è al quinto film (su sei) con il regista e conterraneo barese Gennaro Nunziante: «In verità non avevamo mai litigato, càpita che si prendano strade diverse, ma fortunatamente Bari è piccola, ora poi abitiamo a distanza di due metri». 

Sono passati cinque anni da «Tolo Tolo»: «Siamo un po’ indolenti, vivo malissimo questa roba qui di dover parlare, dicendo anche cose banali». La figlia gli indica un cammino. «Non come la mia che passa il tempo sul cellulare. Questa roba nel film può apparire anche un po’ ruffiana, con mia figlia di 13 anni ho un rapporto conflittuale». 

Ci sono due battute che a molti possono risultare indigeste: su Gaza (a proposito del  compagno intellettuale dell’ex moglie: «È l’unico palestinese che occupa un territorio a Gaza, gaza mia», e sulla modestia degli ostelli dei pellegrini che gli ricorda il lager nazista di «La lista di Schindler», il film di Spielberg. «A questa domanda risponde lui», dice Zalone, e schivando la trappola indica Nunziante che spiega: «I romanzi di formazione partono da un presupposto ma bisogna arrivare al finale, c’è una rigenerazione, una crescita».

Gli chiedono di definire il film con un aggettivo. «Un film per famiglie. Medusa ci tiene, così li faccio contenti». E in futuro il cammino dove porterà, lei e Nunziante? «Non lo so, mi piacerebbe tornare a girare un film in Italia perché in Spagna si mangia di m…, ho il colesterolo a mille». Lei da giovane ha cercato un percorso spirituale, come la sua giovane figlia nel film? «No, volevo fare il pianista, in parte il sogno l’ho realizzato, ma poi è venuto fuori il comico. Ho sentito tanta gente cambiare dopo il cammino di Compostela. Chissà che un giorno non lo faccia veramente».

Il produttore Pietro Valsecchi sul Corriere è stato critico nei confronti del comico che ha lanciato, ha detto che «è democristiano fino al midollo», che a un certo punto «ha voluto compiacere l’intellighenzia di sinistra che lo snobbava». Zalone fa una smorfia e risponde laconico: «Ditegli che gli voglio bene».

22 dicembre 2025