L’esposizione ‘Ligabue. Il ruggito dell’anima’, allestita negli storici Arsenali Repubblicani, intende celebrare il grande artista italo-svizzero, in occasione del sessantesimo anniversario della sua scomparsa. Un omaggio ad una delle figure più intense, tormentate e originali dell’arte italiana del Novecento. L’evento è prodotto da Artika, in collaborazione con Beside Arts e con il patrocinio della Fondazione Augusto Agosta Tota per Antonio Ligabue, istituzione da anni impegnata nella valorizzazione dell’opera dell’artista. La curatela è affidata a Mario Alessandro Fiori, segretario generale della Fondazione.
Attraverso oltre ottanta opere, il percorso espositivo si snoda tra dipinti, disegni, sculture e autoritratti che raccontano la parabola umana e creativa di un uomo che ha saputo trasformare il dolore e la solitudine in visioni artistiche di straordinaria forza espressiva. Ligabue dipinge come chi cerca di respirare. La sua pittura non osserva: divora. Ogni tigre, ogni cavallo, ogni gallo in lotta è una parte di sé che emerge dalla tela con un’urgenza che non ammette riposo. Nella prima sala, gli animali irrompono nello spazio come presenze totali – il mondo contadino e il bosco padano si fondono in un unico teatro primordiale. In Tigre con ragno, il corpo dell’animale si tende in un equilibrio impossibile fra grazia e furia, mentre in Lotta di galli la violenza diventa danza. Tutto in Ligabue vibra di una fame di vita che non conosce misura: la natura è il suo linguaggio, ma anche la sua condanna. Cresciuto ai margini, esiliato e deriso, Ligabue trova nella pittura un modo di esistere nel mondo.
La sua selva di colori è un rifugio e una confessione. Quando dipinge un leone o una tigre, è sé stesso che mette in scena: l’artista che ruggisce contro il silenzio, che tenta di riconoscersi nello sguardo dell’animale. E’ questa la chiave del suo ‘ruggito dell’anima’: un suono che nasce dal profondo, in cui il dolore diventa canto. Man mano che il percorso si apre, l’universo di Ligabue si popola di creature che non appartengono più solo alla terra padana. In Fagiani, la luce scivola sulle piume con una dolcezza inattesa, quasi che l’istinto potesse farsi tenerezza. Nelle sculture – come il Levriero o l’Autoritratto del 1955 – il gesto si fa più concentrato, scavato. Il bronzo trattiene ciò che la pittura lascia fuggire: la forma diventa carne, il volto si contrae in una smorfia che è insieme dolore e orgoglio.
Ogni autoritratto di Ligabue è un ritorno all’origine, una resa dei conti con sé stesso. L’uomo e l’animale si fronteggiano come in uno specchio doppio, due forze che si riconoscono e si temono. In opere come Testa di tigre o Tigre con indigeno, la ferocia si unisce alla visione. I colori si addensano, il mondo diventa un sogno tropicale in cui l’artista proietta la propria alterità. Ligabue non ha mai visto la giungla, eppure la dipinge come se l’avesse dentro. E’ la sua giungla mentale, popolata di paure e desideri, dove ogni foglia brilla come una ferita. La pittura, allora, non è più solo rappresentazione: è una forma di sopravvivenza, un modo per dare nome a ciò che non può essere detto. Poi arriva la vastità delle scene corali: cavalli al galoppo, uomini e animali travolti dallo stesso destino. In Traversata della Siberia, il gelo e la fatica diventano epica contadina, memoria di un’umanità umile ma eroica. Ligabue trasfigura la sua pianura in un mito personale, un territorio che somiglia alla memoria e alla febbre. E’ come se in ogni quadro ci fosse una tensione verso la libertà – un anelito di fuga che attraversa il colore e si perde oltre l’orizzonte.
Nell’ultima parte del percorso, la pittura si fa più raccolta, quasi sommessa. Nella sua Ultima opera, Ligabue non ruggisce più: ascolta. Il colore si ritira, lasciando emergere un silenzio che non è vuoto, ma pace. Camminando fra le sale, si ha la sensazione che ogni quadro, ogni scultura, ogni segno contenga la stessa domanda: chi sono io, dentro questa natura che mi respinge e mi accoglie? Ligabue ha risposto con la sola lingua che conosceva – il colore, la furia, la luce. In quella lingua ha trovato una verità che non appartiene solo a lui: la verità di chi, nel buio, continua a cercare il proprio ruggito.
“La mostra dedicata ad Antonio Ligabue rappresenta un appuntamento culturale di grande rilievo per Pisa – dichiara il sindaco Michele Conti – La collaborazione fra amministrazione e Artika, già avviata negli scorsi anni dall’assessorato alla cultura, porta in città un progetto espositivo di assoluto livello, che significa investire sulla qualità dell’offerta culturale e rafforzare il ruolo di Pisa come luogo capace di attrarre mostre di respiro nazionale, valorizzando al tempo stesso i propri spazi e il proprio patrimonio. Gli Arsenali Repubblicani sono diventati negli anni un polo stabile per l’arte e la cultura contemporanea, capace di attrarre grandi progetti espositivi e un pubblico ampio e trasversale. E’ una scelta precisa dell’amministrazione comunale: investire su spazi pubblici di valore, renderli vivi e accessibili, e farne motori culturali e turistici per la città. Ligabue è un artista che parla a pubblici diversi, con un linguaggio potente e immediato, capace di coinvolgere e interrogare”.
“Oggi è un giorno importante per il Comune e in particolare per l’assessorato alla cultura – dichiara l’assessore alla cultura Filippo Bedini – la mostra promossa da Artika che porta a Pisa il grandissimo Ligabue segna un salto di qualità nell’offerta di eventi legati all’arte ai massimi livelli. Gli sforzi di questi anni per promuovere i nostri spazi di prestigio, che possono avere destinazione espositiva, hanno prodotto i risultati sperati. L’amministrazione comunale ha lavorato per offrire disponibilità e spazi all’arte e agli artisti: un lavoro che si è declinato costruendo settimana dopo settimana, mese dopo mese un percorso che ha portato ad avere in città mostre ed esposizioni importanti, principalmente di artisti del territorio ma, come si vede in questa occasione, non soltanto. E il traguardo di Ligabue non è un punto di arrivo, ma di partenza: i nostri meravigliosi Arsenali Repubblicani presto si arricchiranno dell’area che li circonda, che verrà restituita alla città e offerta ai turisti come uno dei parchi più belli di Pisa”.
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