di
Valentina Santarpia

Cioni aveva soffocato la moglie, malata terminale, dopo anni di amorevole accudimento. L’ex calciatore libico aveva solo venti anni quando fu considerato parte dell’equipaggio di scafisti: «stupore e perplessità» in ambienti della Lega per la grazia parziale

Sono tutte storie di dolore e disperazione, quelle dietro ai nomi delle cinque persone a cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso la grazia. Oggi il capo dello Stato ha firmato i cinque decreti, dopo che il ministro della Giustizia, a conclusione dell’istruttoria, ha formulato avviso favorevole. 

Tra i graziati c’è Franco Cioni, il 77enne condannato nel 2024 a sei anni, quattro mesi e venti giorni di reclusione per aver ucciso la moglie, malata  terminale, dopo 50 anni di matrimonio. L’omicidio era avvenuto a Vignola (Modena) nell’aprile del 2021 e nel concedere la grazia che ha estinto tutto il periodo che avrebbe dovuto ancora trascorrere in carcere (cinque anni e sei mesi di reclusione) il capo dello Stato ha tenuto conto, oltre che dei pareri favorevoli del Procuratore generale e dal magistrato di sorveglianza, anche delle condizioni di salute del condannato, del perdono da parte della sorella della vittima e della particolare condizione in cui è maturato l’episodio delittuoso. Cioni infatti soffocò la moglie, Laura Amidei, mentre dormiva, con un cuscino, ma il suo fu il gesto disperato di un marito, che non poteva più veder soffrire la donna con cui aveva trascorso tutta la vita: come riconobbero gli stessi giudici della Corte d’Assise di Modena, non si possono tralasciare né «il contesto», né «l’altruismo» che l’uomo aveva dimostrato nell’accudire la moglie dal principio dell’insorgere della sua malattia degenerativa. 



















































Abdelkarim Alla F. Hamad aveva venti anni quando, il 17 agosto 2015, arrivò in Italia su un’imbarcazione carica di migranti con 49 persone morte per asfissia nella stiva. La famigerata strage di Ferragosto, raccontata nel film Fuocoammare. Era un giovane studente di Ingegneria, promessa del calcio e, come racconta la ong seawatch, aveva «cercato in ogni modo di raggiungere l’Europa insieme a due amici. Volevano continuare a vivere, studiare, giocare a calcio. Senza vie legali di accesso sono stati costretti, come tanti altri, ad affidarsi ai trafficanti». Ma quando arrivarono in Italia, «Alla e i suoi compagni, in quanto libici, furono subito individuati come presunti responsabili e condannati, sulla base di poche testimonianze raccolte dopo lo sbarco da persone sotto choc», a 30 anni di reclusione. Dopo dieci anni in carcere, dove ha «dato prova di un proficuo percorso di recupero», e tenendo conto «del contesto particolarmente complesso e drammatico in cui si è verificato il reato», il capo dello Stato gli ha concesso, con l’autorizzazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio, una grazia parziale- che estingue una parte della pena detentiva ancora da espiare – . Un provvedimento che suscita «stupore e perplessità» in ambienti della Lega. 

Graziato anche Alessandro Ciappei, 51 anni, condannato a dieci mesi di reclusione per truffa, commessa nel 2014. Nell’adottare l’atto di clemenza per la pena residua da espiare (nove mesi e tre giorni di reclusione) il presidente della Repubblica ha tenuto conto della «modesta gravità concreta del fatto e dell’occasionalità della condotta illecita, del lungo tempo trascorso della sua commissione e della situazione personale del condannato, che risiede e lavora all’estero ove ha ricostituito il suo percorso di vita». Clemenza pure per Gabriele Spezzuti, 57 anni, che ha scontato la sua pena in carcere fino al 2014, ma che avrebbe dovuto pagare ancora ottantamila dei novantamila euro di multa inflitti per delitti in materia di sostanze stupefacenti, commessi nel 2005. Nel cancellare la multa residua il presidente della Repubblica ha tenuto conto del fatto che Spezzuti ha scontato il carcere, che è ormai trascorso «lungo tempo» da quell’episodio senza che l’uomo si macchiasse di nuovi reati, e delle «disagiate condizioni di vita del condannato». Infine, graziato il 63enne Bardhyl Zeneli, condannato a un anno e sei mesi di reclusione per aver evaso gli arresti domiciliari. Nel concedere la grazia per l’intera pena il presidente della Repubblica ha tenuto conto dei pareri favorevoli espressi dal Magistrato di sorveglianza e dal Procuratore generale che hanno evidenziato come il fatto per cui l’imputato venne condannato (essersi allontanato dalla abitazione ove si trovava sottoposto all’obbligo di dimora) non costituisce reato. 


Vai a tutte le notizie di Roma

Iscriviti alla newsletter di Corriere Roma

22 dicembre 2025 ( modifica il 22 dicembre 2025 | 20:50)