Gabriele Galimberti, fotografo di fama internazionale, si racconta. Ha passato gli ultimi 15 anni in giro per il mondo occupandosi di fotografia documentaria, realizzando progetti a lungo termine alcuni dei quali sono diventati libri di successo come Toy Stories, In Her Kitchen, My Couch Is Your Couch, The Heavens e The Ameriguns.

Il suo lavoro consiste nel raccontare storie di persone in giro per il mondo usando il ritratto fotografico e la scrittura. Gabriele si concentra molto nel raccontare le peculiarità delle persone che ritrae, le loro differenze e similitudini e spesso lo fa fotografando gli oggetti/cose di cui queste persone si circondano.

I social media sono strumenti fondamentali per la ricerca dei soggetti di Gabriele, con questi riesce a trovare le persone per i suoi progetti e poi avere accesso alle loro storie. Si è dedicato completamente alla fotografia documentaria nel 2004, con il suo ingresso nel collettivo Riverboom, e dopo aver però iniziato come fotografo commerciale e di moda.

Gabriele lavora dal 2016 con National Geographic Usa ed è uno dei fotografi accreditati al magazine. Le sue fotografie sono state esposte in musei e festival di tutto il mondo.

– Come è nata la sua passione per la fotografia?

La mia passione per la fotografia è iniziata piuttosto presto, grazie a mio babbo! Lui non è fotografo, ma quando ero piccolo lui aveva sempre la macchina fotografica in mano. Fotografava la nostra famiglia e le nostre vacanze, ma soprattutto si divertiva a stampare le foto da solo, grazie ad una piccola camera oscura che a volte allestiva nel bagno di casa.

Io avevo circa dieci anni quando l’ho aiutato per la prima volta e mi ricordo benissimo quel momento speciale in cui, illuminati solo da una luce rossa molto bassa, lui mi ha dato un foglio di carta fotografica appena impressionato dalla proiezione di un negativo dentro l’ingranditore e mi ha detto di immergerlo in una delle bacinelle con i chimici.

Dentro quel liquido, ho visto la fotografia apparire piano piano su quel foglio di carta, sembrava una magia. Credo che sia iniziata in quel momento la mia passione per la fotografia. Poi però si è concretizzata una decina di anni dopo quando alla fine delle superiori dovevo scegliere quale lavoro fare. Avevo appena preso il diploma da geometra, ma non volevo veramente fare quello. Ho voluto seguire le mie passioni, la musica e la fotografia… ci ho provato con entrambe, ed evidentemente la fotografia è andata meglio!

– Quali sono state le figure di riferimento per la sua formazione?

Ho avuto tante figure di riferimento e sono state anche molto diverse fra loro in fasi diverse della mia vita, e non necessariamente solo nel mondo della fotografia. Mi piace farmi influenzare da molte cose diverse: musica, fotografia, cinema e cucina sono decisamente le principali.

Ma se devo dire alcuni nomi, allora ecco qui una piccola lista. Come fotografi di riferimento ci sono sicuramente Martin Parr, che purtroppo ci ha lasciati da pochi giorni, Luigi Ghirri, Nadav Kander, Martin Kollar, Sally Mann. Nella musica invece ho amato e amo Fela Kuti, Frank Zappa, Radiohead, Rage Against The Machine… negli ultimi due anni però ho ascoltato tantissima musica italiana indie, come Mace, Marco Castello, Joan Thiele, Fra Quintale, Gemitaiz.

Per quello che riguarda il cinema certamente i fratelli Coen sono in cima alla mia classifica dei preferiti.

E poi, la cucina e il cibo sono una parte importantissima della mia vita. Amo sperimentare i cibi di tutto il mondo, farmi influenzare, mescolare i sapori, provare cose strane che in Italia non sono nemmeno immaginabili. Non a caso uno dei miei libri di maggior successo è un libro di ricette: ho raccolto foto e ricette di nonne di tutto il mondo, ho viaggiato in più di 60 paesi e ho cucinato con loro cercando di rubare i loro segreti. E poi, ho raccolto tutte le foto, i racconti e le ricette nel mio libro In Her Kitchen.

– Quali sono i suoi soggetti preferiti e a quale progetto è più legato?

Io amo fotografare le persone. Il 99% delle mie fotografie hanno come soggetto una persona. Amo raccontare le loro storie, da ormai 15 anni giro il mondo ed entro nelle case della gente per raccontare la loro ospitalità, le loro particolarità, per curiosare nei loro cassetti e vedere cosa amano, di cosa si circondano, cosa collezionano. Ho realizzato vari libri basati su questi temi.

Ho raccontato il rapporto fra bambini e giochi, fra le persone e i farmaci, ho raccolto e raccontato le ricette delle nonne del mondo, sono stato ospite a casa di più di cento famiglie nel mondo e ho raccontato la loro ospitalità e le loro abitudini casalinghe, ho indagato il mercato del collezionismo di fossili di dinosauri, ho realizzato un progetto sulla sessualità delle persone fotografandole con tutti i sex toys che hanno nei cassetti.

Sono legato a tutti i miei progetti, ma forse l’ultimo, The Ameriguns, è quello che ancora sento addosso in modo forte. Ho incontrato, intervistato e fotografato famiglie americane con tutte le armi che hanno a casa. Ho cercato di comprendere questo rapporto fortissimo che un terzo degli Americano ha con le armi da fuoco. Con questo lavoro e libro ho vinto anche vari premi, fra cui il World Press Photo del 2021, e anche per questo forse è quello a cui sono più legato adesso.

– Quali altri interessi coltiva?

Il mio interesse principale degli ultimi anni è senza dubbio la musica, probabilmente anche più della fotografia. E poi, amo cucinare, specialmente se stanno arrivando degli amici a cena. Credo che prossimamente farò anche un corso di cucina.

Amo anche andare in moto e viaggiare su due ruote. Da quando ho la casa in campagna ho scoperto che amo anche il giardinaggio.

– Progetti futuri?

Mi piacerebbe fare un documentario video, non ho mai sperimentato molto il linguaggio video ma sono curioso di provare.

Con la fotografia invece vorrei fare un progetto che racconta il rapporto fra l’uomo e i rifiuti che produce e come questo aspetto sia strettamente legato al disastro ambientale che stiamo vivendo e che non stiamo veramente contrastando.

IL PROFILO

Gabriele Galimberti, classe 1977, è un fotografo italiano che vive fra Milano e la campagna della Valdichiana, dove è nato e cresciuto. Collabora con riviste e media di tutto il mondo fra cui National Geographic, Stern, Geo, Le Monde, Corriere, La Repubblica, Internazionale e Marie Claire. Ha vinto numerosi premi come il Premio Grin 2020, the App Prize 2020 e il “Best In Show prize” del New York Photography Festival e, con il suo lavoro The Ameriguns, ha vinto il World Press Photo 2021.