Ricorso inammissibile. Così, con una sentenza dell’8 ottobre 2025 pubblicata nei giorni scorsi, la Corte di Cassazione ha reso vani i tentativi di essere reintegrato o risarcito di un ex manager di Amazon, che aveva portato l’azienda in tribunale a Torino, sostenendo di essere stato licenziato ingiustamente. Il verdetto di terzo grado sta facendo molto discutere perché, al di là del caso specifico, sembra chiarire un nuovo punto fermo: le imprese hanno diritto di leggere le chat interne dei loro dipendenti.

Rapporto fiduciario compromesso: licenziato

Assunto nel 2017, il dipendente è stato Reliability and Maintenance Engineering Manager fino al 2020. Quell’anno, una persona aveva segnalato all’azienda alcuni sospetti dopo aver letto delle conversazioni scambiate dal manager in una chat sulla piattaforma aziendale Amazon Chime, destinata alle comunicazioni di servizio. In queste, il manager avrebbe ammesso di aver ricevuto pressioni per non assumere una persona che si era fatta avanti per un nuovo impiego e che, nonostante le iniziali buone impressioni, era stata giudicata in modo negativo. Non solo: si sarebbe messo d’accordo per “gestire in modo ostruzionistico le verifiche interne avviate dagli uffici delle risorse umane”. In questo modo, avrebbe avuto “una condotta lesiva del rapporto fiduciario, al punto da giustificare” il licenziamento.

Persi tutti i ricorsi

L’ex lavoratore ha provato a opporsi al licenziamento prima al tribunale di Torino, poi davanti alla Corte d’appello e, infine, rivolgendosi alla Cassazione. In tutti i gradi di giudizio, il suo ricorso è stato respinto. Sosteneva che le chat incriminate non dovessero essere tenute in considerazione perché l’azienda non avrebbe potuto né dovuto acquisirle, visto che potenzialmente potrebbero contenere anche messaggi privati. Secondo Amazon, invece, quelle chat sono a tutti gli effetti strumenti di lavoro.

Le parole dei giudici

Scriveva la Corte d’appello, con argomentazioni ritenute condivisibili dalla Cassazione: “Dati e informazioni raccolti attraverso strumenti di lavoro sono utilizzabili se viene data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti”. In questo caso la condizione sarebbe stata rispettata. In caso di fondato sospetto del datore di lavoro di comportamenti illeciti di un lavoratore, poi, è possibile avviare anche controlli difensivi sulla chat, “dovendo assicurare un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore”.

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