di
Luca Zuccala

Il suo «Ritratto di Elisabeth Lederer» è l’opera d’arte più pagata in tutto il 2025. New York si conferma piazza d’eccellenza: in una notte ha cambiato l’intera annata. Tra gli oggetti da collezione, vince un orologio Patek Philippe in acciaio, venduto a Ginevra

Nell’immaginario comune la notte è fatta per perdersi. Nella serata del 18 novembre scorso, il mercato dell’arte si è invece ritrovato – e i fatturati annuali ora parlano chiaro: Sotheby’s chiude con 7 miliardi di dollari (+17% sul 2024), Christie’s con 6,2 miliardi (+6%), Phillips con 927 milioni (+10%). Una manciata di ore sono bastate a farsi racconto esaustivo dell’andamento dell’intero 2025. Non perché lo skyline newyorkese, teatro delle principali aste dell’anno, abbia rimesso magicamente a posto i conti di un sistema contratto e, per ora, ancora titubante. Eppure, una serie di importanti aggiudicazioni è stata sufficiente a riattivare un’energia che pareva spenta. La più fragorosa è stata sicuramente quella registrata da Sotheby’s. Con i 236,4 milioni di dollari necessari per aggiudicarselo, il Ritratto di Elisabeth Lederer di Gustav Klimt, dopo una contesa di venti minuti, è diventato la seconda opera più cara di sempre, la più preziosa tra quelle moderne. Il dipinto ha avuto il merito di scuotere un mercato «al ribasso, in cui simbolicamente, fino proprio a novembre, non era ancora stato aggiudicato un lotto sopra la fatidica soglia dei 50 milioni di dollari. 

Il riscatto della fascia premium

Se è vero che il mercato si stava equilibrando grazie a una maggiore movimentazione in termini di volume, la mancanza di vendite nella fascia premium rischiava di atterrire un fatturato complessivo che ha visto il sistema perdere il 4% nel 2023 e il 12% nel 2024, partendo dalla sbornia post-Covid dei 68 miliardi di dollari del 2022. Ma a Manhattan tutto è cambiato, con Klimt, sempre da Sotheby’s, protagonista di altre vendite sopra ai fatidici 50 milioni: Prato fiorito, con 86 milioni di dollari, e Pendio di bosco sull’Attersee (68,3 milioni) sono i due orizzonti, visto che entrambi sono dei Paesaggi, che hanno messo il fiocco a una notte tra le più importanti della storia recente del mercato. Perlomeno per Sotheby’s, che in una settimana ha raccolto 1,17 miliardi di dollari. E Christie’s, nella stessa settimana, non è stata tanto da meno (con un fatturato complessivo di ben 964 milioni) e ha sfatato il tabù del lotto over 50, grazie a No. 31 di Mark Rothko (62,16 milioni). Un color field su fondo giallo e rintocchi rossi e arancio che è andato moralmente a compensare quella che, prima dei giorni (sogni) americani, era il top lot d’annata: una Composizione di Piet Mondrian da 47,6 milioni. Seguono, a poca distanza, tra le maggiori aggiudicazioni della stagione, sponda Rockefeller Center, le Ninfee di Monet e La Lecture di Picasso, fissati alla stessa cifra: 45,5 milioni.



















































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Le serate newyorkesi hanno detto bene anche alla terza delle major, Phillips, che ha conseguito i suoi migliori colpi di martello a Park Avenue. Corona d’alloro per Study for Head of Isabel Rawsthorne and George Dyer di Francis Bacon, aggiudicato a 16 milioni. Phillips si è resa protagonista anche di vendite importanti in segmenti estranei all’arte in senso stretto, emblematici per un mercato che – oramai senza differenze – mette sullo stesso piatto ossa di dinosauri, sneakers Nba, borse Birkin, Rolex Daytona, sculture di bronzo e olii su tela. Vedere alle voci: collectibles e artificazione. Sempre a New York, a novembre, la maison ha venduto uno scheletro di Triceratopo per 5,4 milioni di dollari. Era la prima volta che Phillips proponeva un dinosauro in catalogo. E non sarà l’ultima. Ma il miglior risultato dell’anno la major lo ha ottenuto a Ginevra, il 7 novembre. Un Patek Philippe Ref. 1518 in acciaio inossidabile è stato battuto per 17,6 milioni, diventando uno degli orologi da polso vintage più costosi di sempre. Chi ha bruciato ogni record, invece, è stato l’Uovo d’inverno di Fabergé aggiudicato da Christie’s a Londra per 22,9 milioni di sterline.

Medio Oriente: il nuovo polo dell’arte è pronto a spiccare il volo

Insomma, tirando le somme di fine stagione, dopo i 2,2 miliardi di dollari di vendite novembrine a New York e gli affari di Art Basel Miami Beach a dicembre, si può dire che il sistema è ufficialmente ripartito. Ma sta cambiando pelle: le opere di arte super contemporanea non hanno più quell’appeal milionario degli ultimi due anni, il mercato si affida – per un bisogno di certezze e ancore di salvezze – allo storico ed è più cauto; il collezionista è sempre più informato, selettivo e ponderato; e la geografia del mercato sta mutando. Se il 2025 ha confermato la centralità di piazze storiche come Parigi e New York, il 2026 si annuncia come l’anno della consacrazione del Golfo come nuovo polo del sistema. All’apertura di Art Basel Qatar, a febbraio, seguiranno la 20ª edizione di Art Dubai ad aprile e il debutto di Frieze Abu Dhabi in novembre. A questi appuntamenti si affiancheranno eventi istituzionali, come la Biennale di Diriyah in Arabia Saudita e l’inaugurazione del Guggenheim di Abu Dhabi. Elementi che dipingono il quadro di un mercato alla ricerca di nuovi porti sicuri, eterogeneo nella proposta e rivitalizzato nella domanda. Pronto a entrare in un anno costellato di sfide, finalmente con rinnovata fiducia.

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22 dicembre 2025