di
Giovanna Cavalli

L’editoriale dell’intellettuale conservatore e il j’accuse alla squadra di governo: «Vaghi annunci, tanta fuffa». La replica: nemichettismo, nega i fatti

 «Solo vaghi annunci, tanta fuffa, piccole affermazioni simboliche, del tipo “l’oro è del popolo italiano”, un po’ di retorica comiziale e qualche ipocrisia». Questo sarebbe, in poche e pesanti parole, il ritratto dell’esecutivo in carica secondo Marcello Veneziani: «Da quando è al governo la destra non è cambiato nulla nella nostra vita di italiani, di cittadini, di contribuenti e anche in quella di “intellettuali”, di “patrioti’”e di uomini “di destra”. Tutto è rimasto come prima, nel bene, nel male, nella mediocrità generale e particolare», osservava filosoficamente spietato l’intellettuale e scrittore, due giorni fa, dalle pagine de La Verità.

Un fuoco amico inatteso, visto che Veneziani è da sempre dato in quota destra e dintorni. Si salva, secondo lui, unicamente Giorgia Meloni: «C’è lei, solo lei, il resto è contorno e comparse». Non si sarà fatto nuovi amici. La premier invece «ha governato con abilità, astuzia, prudenza e con una mimica verace e una verve passionale che suscitano simpatia».



















































Il resto invece, secondo lui, è davvero poca cosa. «Lo diciamo senza alcun piacere di dirlo, anzi avremmo più volentieri taciuto, occupandoci d’altro». Ma prima rimarca che «perdura anche il clima di intolleranza e censura verso le idee che non rientrano nel mainstream. Non saprei indicare qualcosa di rilevante che segni una svolta o che dica, nel bene o nel male, al Paese: da qui è passata la destra — sovranista, nazionale, sociale, patriottica, popolare, conservatrice o che volete voi — e ha lasciato un segno inconfondibile del suo governo»

Non l’avesse mai scritto. C’è chi non l’ha presa affatto bene, nonostante il clima natalizio. Come il ministro della Cultura Alessandro Giuli, che non si sente affatto una comparsa. E ha inviato un messaggio al veleno, letto nel corso di un evento ufficiale alla Camera: «Consentitemi di esprimere una dose omeopatica di contravveleno nei confronti di chi, da sinistra o da una sempre più presunta destra, ha deciso di arruolarsi nel fronte del nemichettismo pur di negare la forza dei fatti e dei numeri; invece di incoraggiarci o almeno di giudicare con equanimità».

Il destinatario del “vaccino” è appunto il «vecchio amico» Veneziani: «Egli, dopo aver confidato a suo tempo che aveva rifiutato l’onore di diventare il ministro della Cultura del governo Meloni, oggi sversa su di noi la bile nera di cui trabocca evidentemente il suo animo ricolmo di cieco rimpianto. Si rassereni: nello sciagurato giorno in cui il nemichettismo dovesse espugnare Palazzo Chigi, il nostro ex consigliere Rai in quota An (per tacer d’altro) sarà senz’altro premiato honoris causa».

Tra i due litiganti, interviene il Pd. «Al di là del merito delle posizioni di Veneziani, emerge con evidenza la difficoltà del ministro Giuli nel rapportarsi al dissenso e nel sostenere un confronto critico», dichiara Irene Manzi, capogruppo dem nella Commissione cultura.

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23 dicembre 2025 ( modifica il 23 dicembre 2025 | 15:11)