Dal 1° gennaio entra pienamente in vigore la legge 106/2025, che rafforza e integra la storica Legge 104, introducendo nuove tutele per i lavoratori dipendenti affetti da gravi patologie o condizioni di fragilità sanitaria. La riforma mira a garantire continuità occupazionale, tutela della salute e un rientro al lavoro più sostenibile, evitando che il lavoratore sia costretto a scegliere tra cure e conservazione del posto.
I beneficiari della nuova normativa sono i lavoratori pubblici e privati affetti da malattie oncologiche (in fase attiva o di follow-up), patologie croniche o invalidanti, comprese quelle rare, oppure con un’invalidità civile pari o superiore al 74%. Le tutele si estendono anche ai genitori lavoratori di figli minorenni nelle medesime condizioni sanitarie. A differenza della Legge 104, non è richiesto il riconoscimento dello stato di disabilità grave, ma è sufficiente una certificazione sanitaria o di invalidità civile.
La misura più rilevante è l’introduzione di un congedo straordinario fino a due anni, non retribuito ma con conservazione del posto di lavoro. Il congedo può essere fruito in modo continuativo o frazionato, solo dopo aver esaurito tutte le altre assenze previste da legge e contratto. Durante questo periodo non maturano anzianità, ferie, tredicesima, TFR né contributi, sebbene resti possibile il versamento volontario ai fini pensionistici.
Dal 1° gennaio 2026 è inoltre previsto un ulteriore diritto: dieci ore annue di permessi retribuiti per visite mediche, esami e cure, aggiuntive rispetto ai permessi già esistenti e coperte da contributi figurativi.
Un altro pilastro della riforma riguarda il lavoro agile. I lavoratori fragili hanno diritto di precedenza assoluta nello smart working, se compatibile con le mansioni svolte, trasformando il lavoro da remoto in uno strumento di tutela della salute e inclusione.
Nel complesso, la legge 106/2025 rappresenta un passo significativo verso un diritto del lavoro più equo e attento alle condizioni di fragilità, affermando il principio che la malattia non deve tradursi in esclusione dal mondo del lavoro.