di
Guido De Franceschi

Un libro racconta l’imprenditore russo che ha fondato Telegram. Secondo alcune voci (non provate) sarebbe un agente a libro paga del Cremlino

Ultralibertario quando filosofeggia e quando si tratta di difendere le «esibizioni» di libertà di parola sulla piattaforma Telegram da lui fondata. Assai più dirigista, per non dire autoritario, quando si tratta invece della gestione della propria azienda. Ma, in ogni caso, «speciale» per quanto riguarda l’immagine che dà (e probabilmente ha) di sé. 

Come molti altri magnati del tech, da Elon Musk in giù, anche il 41 enne pietroburghese Pavel Durov, fondatore di VKontakte — il «Facebook russo» — e poi di Telegram, manifesta un desiderio incomprimibile di alimentare la propria mitologia (e mitomania) e ama quindi mostrarsi molto indipendente dai poteri «altri» e libero da quei vincoli, sociali e non, che avviluppano gli uomini e le donne «normali». A cui Durov non disdegna però di propinare, come fanno anche molti altri suoi colleghi, la propria visione del mondo grazie alla quale accreditarsi, appunto, come un «visionario».



















































Dopo 14 anni passati a studiare Durov, l’autore russo Nikolay Kononov ha scelto per titolare il suo libro appena uscito in inglese un semplice aggettivo: The Populist. Quasi sempre vestito di nero, quando non si mostra a torso nudo per ostentare i risultati del suo stile di vita ipersalutista, detentore di un poker di cittadinanze (russa, emiratina, francese e di Saint Kitts e Nevis), incline a scivolare nel complottismo e a descrivere l’Occidente e in particolare l’Europa come un pericolo per la libertà personale e la privacy (nell’agosto del 2024 l’imprenditore è stato trattenuto in custodia per 3 giorni in Francia nell’ambito di un’inchiesta su contenuti illegali che circolavano liberamente su Telegram), Durov è anche un promotore del natalismo.

Due giorni fa, il Wall Street Journal ha riepilogato la sua vicenda di grande ripopolatore: padre di 6 figli avuti da 3 donne diverse, Durov ha generato almeno altri 100 bambini in 12 Paesi grazie alle sue donazioni di sperma poi distribuito a titolo gratuito alle donne under 37 che ne hanno fatto richiesta e sono state riconosciute «idonee». La scelta di Durov, spiegata in un suo post su Telegram del luglio 2024, è stata innescata dalla richiesta di un amico che non poteva avere figli e si è poi prolungata per anni come «dovere civico». L’imprenditore scriveva: «La carenza di seme sano è diventata una questione sempre più grave in tutto il mondo» e «sono orgoglioso di fare la mia parte». A quelle parole Musk replicò così: «Sono numeri da pivello, hahahahah, Gengis Khan». Il fondatore di Tesla, che di figli ne ha 14, faceva riferimento alla teoria secondo cui nel mondo ci sono 16 milioni di discendenti del condottiero mongolo. E Durov, da bravo nerd, controreplicò con riferimenti da gamer, derivati dal videogioco StarCraft.

Il calo demografico è particolarmente grave proprio in Russia: è un problema a cui concorrono un tasso di natalità basso, una notevole emigrazione a cui non corrispondono flussi in entrata di stranieri e un’aspettativa di vita breve per i cittadini di sesso maschile, a cui non sono estranee le guerre ingaggiate da Mosca negli ultimi decenni e le loro ricadute psicologiche.

Difficile determinare se la scelta di Durov, che ha deciso di riempire di figli il mondo — e soprattutto il suo Paese, visto che la clinica che conserva il suo seme è a Mosca — possa considerarsi una forma di allineamento al regime russo. In The Populist Kononov racconta di un incontro privato del 2014 tra Vladimir Putin e Durov, in cui il presidente russo lo «consigliò», in sostanza, di cedere le sue quote di VKontakte e poi di levarsi di torno. Da allora l’imprenditore vive perlopiù a Dubai e, secondo Kononov, si mantiene a distanza dal regime russo. E, anche se talvolta rispunta la teoria che Durov sia al soldo dell’Fsb, l’autore di The Populist afferma di non aver trovato conferme di questa diceria. 

24 dicembre 2025