di
Claudio Trabona
Vicenza, la splendida dimora in cima a Monte Berico si può affittare da un po’ di mesi. Fu di Giancarlo Fosco, silenzioso protagonista dell’industria e della finanza. Campo da tennis, piscina classicheggiante a sfioro, arredi sontuosi
È magnifica. E pure cara, inevitabilmente. D’altronde come puoi mettere a disposizione una delle più belle dimore private del Vicentino (azzardiamo: del Veneto) senza chiedere un adeguato corrispettivo? Da un po’ di mesi a questa parte i turisti possono affittare la villa appartenuta a Giancarlo Folco, silenzioso protagonista dell’industria e della finanza fino alla sua morte avvenuta nel 2011, e poi alla figlia Gaia Francesca, scomparsa sei anni fa. È il complesso costruito dai conti Piovene a inizio Ottocento, si trova in cima alle rinascimentali scalette di Monte Berico. Oggi apre le sue porte attraverso il più popolare degli strumenti per chi viaggia e cerca alloggio: Booking.com. Apprendiamo dal portale (l’annuncio esiste anche su altri siti specializzati, la gestione dell’immobile è in mano alla veronese Domus Rental srl) che è stata ribattezzata come «Villa del Cavaliere berico», omaggio e riferimento evidente proprio a Folco, che nel giugno del 2000 fu insignito dell’onorificenza «al merito del Lavoro».
I dodici posti letto, la piscina, il campo da tennis
Nessuno si metta in testa di prenotare last minute per queste Feste: è disponibile in affitto solo in date limitate, e non se ne parla prima del 9 gennaio, quando sarà possibile frequentarla al prezzo di 1.300 euro per una notte, previo deposito cauzionale di duemila euro. Se poi vogliamo godercela in primavera, nell’ultima settimana di aprile bisognerà sganciare non meno di duemila euro a notte, con un picco di 2.800 all’ultima data del mese. Ci si può dormire in dodici, tra camere che dispongono di letto matrimoniale e quelle dotate di letti singoli. Un giro fotografico rende l’idea del lusso: mille metri quadri di immobile, parco con prato tirato alla perfezione, stanze con balconata regale in pietra di Vicenza e vista dominante su tutta la città. E ancora, campo da tennis, piscina classicheggiante a sfioro, arredi sontuosi e tracce della dotazione di arte contemporanea che aveva assai impreziosito la villa ai tempi del Cavaliere: nella fotogallery di oggi scorgiamo le serigrafie di Marilyn Monroe firmate da Andy Warhol, ma tra quelle mura, come raccontava otto anni fa Emilio Randon sul Corriere del Veneto, erano appese opere di Keith Hering, il campione della street art, che valevano milioni. Erano i tempi in cui Francesca Folco annunciava: «Sono stanca di questa storia, a settembre venderò la casa per farne un centro per anziani, ma prima indirò un’asta e venderò tutte le opere. Donerò il ricavato a chi non ha più nulla».
La storia a cui si riferiva l’ereditiera è quella del doppio crac della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, che creò un buco enorme nel ricchissimo portafogli di partecipazioni creato dal padre. È forse il più clamoroso tra i casi legati alle famose baciate: la Folco Finanziaria aveva in pancia azioni dei due istituti di credito per un valore di 38 milioni, di cui 23 relativi alla Popolare guidata da Gianni Zonin, che di Folco era amico personale. Un pacchetto disintegrato dai due fallimenti: nel maggio 2018, costituitasi parte civile nel processo BpVi e assistita dall’avvocato Cesare Dal Maso, l’ereditiera era riuscita ad ottenere dal tribunale sequestri conservativi per 11 milioni, ma non ha mai avuto indietro un euro.
Grandi plusvalenze
Eppure la holding di famiglia aveva vissuto momenti di gloria. Il padre era stato il proprietario per decenni della Manifatture Lane Folco di Montecchio (oggi non esiste più), poi si era buttato nella finanza, investendo su Banca Antonveneta, di cui diventò vicepresidente. Allora, fu la sua fortuna: faceva parte del cartello di imprenditori veneti raccolti nella fiduciaria Deltaerre (con lui, tra gli altri, i Benetton e gli Amenduni) che nel 2005 vendettero le azioni – a quotazioni esagerate – a Gianpiero Fiorani, il ragioniere scalatore che tentò di conquistare l’istituto padovano con la sua Popolare di Lodi e finì condannato in tribunale. Folco reinvestì quella enorme plusvalenza individuando nelle due banche venete un obiettivo ma, chiuso nella sua reggia di monte Berico, arrivò a detenere partecipazioni di peso anche in Generali, Allianz, Unicredit, nell’industria bolognese Ima (quella della famiglia Vacchi per intenderci). Non erano spericolate avventure nella finanza, non sembrava che lo fossero finchè il groviglio delle Popolari non spinse Francesca Folco, sei anni dopo la morte del padre, sull’orlo del baratro economico. E proprio lei, figlia di una ceca, cresciuta tra Brno e la Svizzera perché allora così si usava tra i ricchi industriali del Nord terrorizzati dai rapimenti dell’Anonima, si spegneva a soli 42 anni, nel 2019, per colpa della soda caustica. L’aveva bevuta nella sua villa vicentina scambiandola – così fu spiegato – per una bibita. Lasciava un figlio di nemmeno due anni. Oggi il bambino ne ha quindi otto e risulta il proprietario della sontuosa dimora: l’intento di farne una casa di riposo era solo uno sfogo della mamma.
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24 dicembre 2025 ( modifica il 24 dicembre 2025 | 08:14)
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