Allattare il proprio figlio è un gesto di prevenzione, cura e amore. Ma per molte donne, quando sembra impossibile, più che amore genera ansia, frustrazione e dolore. Essere consapevoli dell’importanza dell’allattamento aumenta la pressione e il senso di inadeguatezza sulle donne che “non riescono”. E il pensiero comune secondo cui allattare è un gesto d’amore, e quindi automaticamente qualcosa di magnifico, peggiora drammaticamente le cose. La Settimana dell’allattamento al seno, che si celebra ogni anno la prima settimana di agosto, è allora l’occasione giusta per ribadire che nessuna delle tante incombenze che essere madre comporta può essere affrontata come una prestazione, neppure nutrire il proprio bambino al seno.

Settimana dell’allattamento, tra dubbi, ansie e libertà di scelta: 5 cose da sapere

Ecco allora alcune informazioni utili a fugare i principali dubbi delle neomamme ma con la premessa, fondamentale, che la decisione di allattare al seno deve essere presa in piena libertà, convinzione e consapevolezza. E si può anche dire di no senza per questo essere cattive madri.

Lo spiega bene Letizia Zeverino, ostetrica de Il Melograno, Centro Informazione Maternità e Nascita, partner del progetto di Save The Children Fiocchi in Ospedale a Bari. La società è – ed è sempre stata – estremamente esigente nei confronti delle donne, in particolare delle mamme, con aspettative altissime. L’essere delle super donne comprende, tra le altre cose, anche il requisito di condurre – sorridenti e nate capaci – un allattamento sereno. Il giudizio esterno, le aspettative sociali, i dubbi innescati da parenti, nonne e amiche che hanno partorito prima premono sulla neomamma come macigni.

Imparare ad ascoltare il proprio corpo, prima ancora che impegnarsi a riconoscere le esigenze dei neonati, è fondamentale per porre le condizioni di una pratica efficace. La buona notizia è la gande disponibilità, oggi, di ostetriche e counselor a cui appoggiarsi per mantenere o ritrovare la serenità.

1. Allattare provoca dolore?

Una volta avviato, no. Ma nei primi giorni il capezzolo potrebbe essere molto sensibile perché sta ricevendo una stimolazione intensa. Si possono verificare microlesioni, come le ragadi, che creano dolore e bruciore. La più comune causa di insorgenza delle ragadi è l’attacco scorretto: vale quindi la pena farsi supportare da un’ostetrica o da un’altra persona competente.

Il consiglio dell’ostetrica è di osservare il nasino del bambino: deve essere staccato dal seno, mentre il mento sprofonda nella mammella. Le guance belle piene senza che si creino fossette durante la suzione. La bocca sufficientemente aperta per prendere il capezzolo e la parte inferiore dell’areola. Il suo pancino deve essere il più possibile vicino alla pancia della mamma. Orecchio spalla e anca, in linea.

2. Il mio latte sarà nutriente?

Certo. Il latte materno è ricco di molte sostanze nutrienti: acqua, grassi, proteine, immunoglobuline, vitamine, carboidrati, sali minerali, ed è in grado di soddisfare tutti i bisogni nutrizionali specifici del bambino.

3. Produrrò abbastanza latte?

Assolutamente sì. La ghiandola mammaria riesce a produrre latte in base alle esigenze dei bambini. Questo grazie a un enzima chiamato FIL (Fattore di Inibizione della Lattazione), prodotto dalla donna: questa sostanza è prodotta localmente dalle cellule alveolari e fa diminuire la produzione di latte quando la mammella è troppo piena. Solo la rimozione del latte, grazie a poppate efficaci e frequenti, può ripristinare la produzione del latte.

Ecco perché più il bambino o la bambina si attaccano e più si produce latte. Il seno della mamma ha bisogno di circa 40 giorni per calibrarsi alla richiesta. Non c’è da preoccuparsi quindi se, nei primi mesi, il bambino o la bambina si attaccano molto spesso. Se il seno risulta un giorno molto pieno e il giorno seguente più morbido sta calibrando la sua produzione ai bisogni.

4. Allattamento al seno, quando è difficile. E se non riesco?

In fondo si allatta da sempre, si dice. E questa idea può fare molto male alle donne che faticano. Per ciascuna è un’esperienza diversa, e, come per tutte le cose nuove ha bisogno di tempo per essere compreso appieno e messo in atto.

Bisogna imparare a farlo e per capire i propri ritmi e quelli del piccolo, comprendere i bisogni di nutrimento, e quelli di riposo, imparare a interpretare le sue richieste che, non sempre, quando piange sta chiedendo latte. Non solo la mamma quindi deve apprendere come allattare, ma anche i bambini e le bambine hanno bisogno di tempo per imparare a nutrirsi. Tutte le donne e tutti i bambini sono in grado di nutrire e nutrirsi dal seno, ma questo non significa che, fin da subito, sappiano come si fa.

Se non si allatta in piena libertà, convinzione e consapevolezza si rischia di creare dosi ingestibili di stress e angoscia, con effetti che possono paradossalmente essere più nocivi che benefici. Proprio per questo, le neomamme hanno bisogno di essere accompagnate nell’apprendimento e nella pratica dell’allattamento al seno, per prevenire ansia, senso di inadeguatezza, rinunce frettolose, frustrazione nei confronti della propria condizione e quindi anche nei confronti del proprio bimbo o bimba.

5. Il ruolo del papà nell’allattamento

La creazione di legami parentali passa anche attraverso la condivisione dei momenti di intimità connessi all’alimentazione e alla tenerezza del contatto fisico prima, durante e dopo la poppata. E in alcuni di questi momenti è molto bello poter coinvolgere anche il papà. Le competenze di cura si apprendono insieme.

Perché è importante allattare al seno

Il latte materno è un alimento vivo, ricco e completo di sostanze importanti per la crescita, ed è sufficiente per soddisfare la sete e la fame dei bambini. Ma l’allattamento al seno è un importante anche perché è un momento di contatto profondo, in cui si sviluppa un sentimento reciproco di attaccamento, fiducia e confidenza. Il neonato sperimenta il calore del contatto, il piacere del gusto e la certezza data dalla continuità rassicurante di un rito.

Non solo: l’allattamento protegge anche la mamma, nei giorni strettamente legati al post-parto, perché riduce il rischio di emorragia. Mentre nel medio e lungo periodo, le donne che allattano al seno hanno un rischio inferiore di sviluppare osteoporosi in età adulta e un rischio inferiore di sviluppare tumore alle ovaie e al seno.
I bambini e le bambine allattate al seno sono maggiormente protetti dalle infezioni, dal rischio di sviluppare obesità, diabete e allergie in età adulta.