di
Mario Sensini
Saranno le banche e le assicurazioni a sostenere i maggiori oneri per il finanziamento delle nuove misure della legge di Bilancio. Dal settore creditizio, nel prossimo triennio, arriveranno 10,2 miliardi di euro, dalle assicurazioni quasi 2 miliardi
Saranno le banche e le assicurazioni a sostenere i maggiori oneri per il finanziamento delle nuove misure della legge di Bilancio. Dal settore creditizio, nel prossimo triennio, arriveranno 10,2 miliardi di euro, dalle assicurazioni quasi 2 miliardi. Il contributo arriverà sotto forma di imposte, con l’aumento dell’Irap di due punti dal 4,65 al 6,65% per i due comparti, e da un nuovo anticipo di risorse.
È già il terzo anno di fila, però, che il governo chiama il settore finanziario, con il quale ha ingaggiato lunghi bracci di ferro, a dare un sostegno alla finanza pubblica. Nel 2023 il governo provò a varare una tassa extraprofitti, che poi si risolse in un incentivo agli accantonamenti prudenziali. L’anno scorso venne concordato un consistente pacchetto di anticipazioni, con il rinvio di alcune deduzioni fiscali. Quest’anno l’accordo è stato ovviamente più difficile. Anche perché dopo aver chiuso ad ottobre un’intesa per un contributo triennale di 9 miliardi, il governo è tornato poco dopo a bussare alla porta delle banche per finanziare nuove esigenze. Alla fine il conto è salito a quasi 12 miliardi. L’aumento dell’Irap su banche e assicurazioni porterà 3,3 miliardi nel triennio.
Le banche rinvieranno ancora le deduzioni sui crediti fiscali per 3,3 miliardi, e limiteranno la deducibilità degli interessi passivi, con un beneficio per lo Stato di 1 miliardo in tre anni. Il governo ha poi trovato il modo di recuperare il “vantaggio” offerto alle banche nel ‘23. Al posto della tassa extraprofitti era stata offerta in alternativa la possibilità, colta da tutte le banche, di accantonare riserve vincolandole. Adesso viene di fatto imposto l’affrancamento nel ‘26, per evitare di pagare un’imposta molto più alta, di quegli stessi accantonamenti. Le assicurazioni, invece, saranno chiamate ad anticipare l’85% delle imposte sui premi Rc auto. Un’una tantum da 1,3 miliardi a beneficio dei conti ‘26.
I TAGLI AI MINISTERI
L’altro grande contributo alla manovra di Bilancio ‘26, e questa è una novità importante, arriva da veri tagli alla spesa pubblica. Sarà per via delle nuove regole contabili Ue sulla spesa primaria netta, che restringono parecchio i margini di manovra sulla finanza pubblica, sarà per le scelte del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, la sforbiciata è stata netta.
Ne hanno fatto le spese per primi i ministeri, che per la prima volta si sono visti tagliare i residui passivi, cioè le somme stanziate negli anni passati e non spese per incapacità. Ma non solo, perché l’esigenza impellente di recuperare risorse da destinare alla crescita ha rotto anche gli argini politici. Un esempio lampante è la vicenda del Ponte di Messina, la bandiera del segretario della Lega, Matteo Salvini. Finanziato già con la scorsa legge di Bilancio, il governo ha preso atto del ritardo dell’apertura dei cantieri, anche per le perplessità avanzate dalla Corte dei conti. Così il titolare dei conti, Giorgetti, ha sfilato al suo segretario quasi un miliardo, rinviandolo di un anno.
Lo stesso trattamento riservato ai ministri che non spendono i fondi nel cassetto. Nel triennio coperto dalla legge di Bilancio dal loro bilancio spariscono ben 10,4 miliardi. Una spesa di quasi 7 miliardi viene spostata oltre il triennio, dunque riprogrammata. Altri 3,2 miliardi, invece, vengono definitivamente cancellati. A poco sono valsi i tentativi di recuperare la sforbiciata: agli emendamenti parlamentari, su questo fronte, il Mef ha opposto fermissime resistenze. Un altro contributo importante alla quadratura della manovra arriva dalla riprogrammazione dei fondi del Pnrr. Trovato lo stratagemma per prolungare oltre la scadenza di luglio ‘26 la spesa effettiva dei fondi, grazie a veicoli finanziari, il bilancio del prossimo anno si alleggerisce di oltre 5 miliardi di euro. Poi ci sono tagli e posticipi al Fondo di Sviluppo e Coesione per circa 3 miliardi l’anno.
PENSIONI, SALE L’ETA’
Gli interventi sulla previdenza sono stati i più contrastati nella discussione della legge di Bilancio. Quelli che erano stati ipotizzati inizialmente dal governo, l’aumento di tre mesi dell’età di pensione per l’adeguamento delle speranze di vita, sono stati approvati dopo una lunga trattativa e un compromesso politico che ne ha diluito l’impatto nel tempo. L’età per la pensione sale da 67 anni a 67 anni e un mese dal 2027 e a 67 anni e tre mesi nel 2028. La stretta ulteriore, per blindare i conti nel medio-lungo termine a fronte della prevista impennata della spesa previdenziale a partire dal 2035, invece, non è passata. La Lega ha minacciato di mandare l’esecutivo in minoranza, e non se ne è fatto più nulla, ma la questione resta viva. Nonostante i proclami contro la legge Fornero, il governo fatica a lasciarne il sentiero, che tutto sommato garantisce l’equilibrio sul lungo periodo. Anche con questa legge di Bilancio, alla fine, sono state ridotte le «scappatoie» per le uscite anticipate: stop a opzione donna, cumulo con il Tfr, incentivi ai precoci.
NUOVE TASSE: ACCISE E PACCHI
C’è anche una miriade di piccole e grandi tasse che ricadono sui contribuenti, tanto per cambiare, a puntellare la nuova manovra di Bilancio. Pacchi, accise sulle sigarette, sul gasolio, tassa di soggiorno, criptovalute, affitti brevi, transazioni finanziarie: ce n’è per tutti i gusti.
Il maggior gettito arriva dal raddoppio della Tobin tax, l’imposta sulle transazioni finanziarie, come l’acquisto dei titoli in Borsa, creata per scoraggiare la speculazione. La tassa da gennaio raddoppia, dallo 0,1 allo 0,2% per ogni transazione sui mercati regolamentati, e sono 350 milioni di euro in più che entrano nelle casse dello Stato. C’è poi la stretta, che ha fatto tanto discutere, sugli affitti brevi online: la cedolare secca dalla seconda casa sale dal 21 al 26%, mentre per gestire tre o più immobili occorrerà una partita Iva. Aumentano anche le imposte sulle sigarette e sul gasolio, così come le tasse su alcune componenti delle assicurazioni per la Rc auto. Arriva anche la tassa sui pacchi in arrivo dai Paesi extra Ue: 2 euro per quelli che hanno un valore inferiore a 15o.
LE PARTITE IVA
Per la quadratura dei conti pubblici è servito anche un contributo da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi. Dal 2026, infatti, nelle fatture tra le imprese e i professionisti, quindi che non riguardano le forniture di beni e servizi ai privati, sarà obbligatorio versare all’erario una ritenuta d’acconto dell’1%. In sostanza è un anticipo delle imposte che si pagherebbero nella dichiarazione dei redditi normalmente nell’anno successivo. Ma ha un effetto contabile importante, anche se «una tantum»: nel bilancio ’26 entreranno 1,3 miliardi di euro. Ed ha una valenza nella lotta all’evasione fiscale. Quell’un per cento di anticipo è il gancio per recuperare tutte le tasse dovute su ogni parcella, e bloccare le frodi con le fatture inesistenti. La stretta sull’evasione prevedeva anche lo stop alla compensazione dei debiti Inps e Inail con i crediti fiscali che non derivano dalle dichiarazioni, come i bonus edilizi. Un divieto che già vale per le banche, principali acquirenti dei crediti 110%, e che il governo voleva estendere per limitare la spesa. Per ora rinviato.
Nuova app L’Economia. News, approfondimenti e l’assistente virtuale al tuo servizio.
SCARICA L’ APP

Iscriviti alle newsletter de L’Economia. Analisi e commenti sui principali avvenimenti economici a cura delle firme del Corriere.
24 dicembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
