di
Paolo Valentino
L’invito di Agalarov nel 2014, la cena con Abramovich e Zhukova
C’era la crema dell’élite politica, finanziaria e culturale della Russia ma non solo, nel febbraio 2014, alla cena di beneficenza organizzata a Mosca dall’oligarca Viktor Vekselberg nel «Museo ebraico e Centro per la Tolleranza» per un centinaio di persone. La lista degli invitati includeva miliardari che si erano arricchiti grazie al Cremlino, boiardi delle industrie di Stato, ministri e funzionari dell’amministrazione presidenziale, finanzieri internazionali. Ma i due veri ospiti d’onore della serata erano seduti al tavolo insieme a un’altra power couple: l’imprenditore miliardario Roman Abramovich, patron del Chelsea e legatissimo a Vladimir Putin, e l’allora moglie Dasha Zhukova, collezionista d’arte e stella del jet set globale. Ospiti per quattro giorni nella capitale russa, Ivanka Trump e Jared Kushner seguivano di pochi mesi le orme del padre di lei.
Nel novembre 2013, infatti, Donald Trump aveva portato a Mosca il concorso di Miss Universo. A invitare la giovane coppia era stato un altro oligarca, Aras Agalarov, anche lui nelle grazie del Cremlino, con il quale il tycoon newyorkese era in trattative per un affare immobiliare. L’episodio del «fundraising» al museo è stato rivelato da Craig Unger, il giornalista che nel libro Casa di Trump. Casa di Putin, uscito per La Nave di Teseo nel 2018, ha documentato i legami che hanno consentito lo sviluppo dei rapporti d’affari tra Donald Trump e la Russia, inclusi presunti legami con la mafia locale. Secondo Unger, il palazzinaro avrebbe permesso che la criminalità organizzata russa utilizzasse il suo patrimonio immobiliare per riciclare centinaia di milioni, forse miliardi di dollari. È un fatto che, a partire dagli anni 2000, come ha ammesso il figlio Donald Jr, fondi privati russi sono entrati negli affari immobiliari e nelle proprietà del tycoon. Di più, Trump sarebbe stato già dalla metà degli anni Ottanta nel mirino dei servizi moscoviti e oggetto di operazioni coperte, che avrebbero raccolto un sostanzioso «kompromat», basato sulle sue attività sessuali.
Un ex agente kazako, Alnur Mussaiev, che aveva lavorato per il Kgb, disse che Trump era stato reclutato come informatore dal Kgb, col nome di copertura Krasnov, accusa tuttavia mai provata. Detto altrimenti, il libro di Craig accreditava la doppia tesi, secondo cui la sostanziale sudditanza di Trump verso Putin, l’unico leader straniero di fronte al quale sembra perdere tutta la sua arroganza da bullo e fermezza, sia dovuta sia al ricatto dei soldi che dei dossier in mano a quest’ultimo.
Ma torniamo alla cena di beneficenza e al viaggio di Ivanka e Jared a Mosca. Il suo scopo, secondo Unger, fu quello di consolidare e strutturare dentro un ampio network i rapporti della famiglia Trump con la Russia di Putin e con l’élite transnazionale che al tempo ruotava intorno al Cremlino, grazie anche all’abile tessitura di Abramovich. Al ricevimento, per dire, c’era anche Wendi Deng, l’ex moglie di Rupert Murdoch, col quale ruppe quando questi sospettò una sua tresca con Tony Blair. Era stata Deng, che fra le altre cose facilitava investimenti congiunti tra oligarchi russi e imprenditori della Silicon Valley, a presentare Dasha Zhukova a Ivanka. Deng, Zhukova, Jared Kushner e il fratello Joshua erano anche soci in Artsy, piattaforma online di vendite e acquisti d’arte. A rendere l’idea di quanto compatta sia la cerchia: la madre di Dasha, Elena Zhukova, sarebbe diventata la nuova moglie di Murdoch (la figlia ha divorziato da Abramovich e sposato il magnate greco Stavros Niarchos III).
Durante i quattro giorni moscoviti la figlia di Trump e il marito, che oggi guida le trattative di pace con i russi e gli ucraini insieme a Steve Witkoff, visitarono Crocus City, il centro direzionale di Mosca la cui area era in discussione come potenziale sito per costruire una Trump Tower. Ad accompagnarli fu Emin Agalarov, figlio di Aras, col quale Jared discusse design, scala e posizionamento di mercato del progetto. Il piano non andò in porto, anche per via delle sanzioni che scattarono dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, avvenuta poco dopo. Da quel momento, però, Kushner fu l’interfaccia del rapporto con gli oligarchi, che avrebbero giocato un ruolo nelle elezioni del 2016, quando secondo l’Fbi alcuni di loro, fra i quali Vekselberg, contribuirono alla campagna segreta per favorire Trump. Non solo, nell’occasione della visita a Mosca, il genero di Trump stabilì rapporti diretti con l’allora ambasciatore russo a Washington, Sergeij Kislyak, e con Sergeij Gorkov, capo della Veb.rf, la banca pubblica per lo sviluppo. Subito dopo la vittoria di Trump nelle elezioni del 2016, Kislyak incontrò Kushner e il generale Michael Flynn, designato come consigliere per la Sicurezza nazionale. Indagato dall’Fbi, Flynn fu costretto a rinunciare all’incarico.
24 dicembre 2025
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