di
Pierluigi Panza

«Amadeus», la nuova miniserie tv su Sky, celebra la controversa relazione tra i due artisti. Ma qual è la verità e chi è la figura enigmatica che si presenta a casa di Wolfang?

In occasione dei duecento anni dalla sua scomparsa, vorrei ricordare la circostanza che spinse me e altri studiosi a riscoprire Antonio Salieri (Legnago 1750 – Vienna 1825), che non fu l’assassino di Mozart bensì un acclamato compositore legato a illustri librettisti (da Casti a Da Ponte) e che, il 4 agosto 1778, ebbe la fortuna e il merito di inaugurare il Teatro alla Scala

Vent’anni fa, il 7 dicembre del 2004, Riccardo Muti riaprì la Scala restaurata da Mario Botta con la stessa opera inaugurale dell’agosto 1778, ovvero «Europa riconosciuta» su libretto di Mattia Verazi. Il film «Amadeus» di Milos Forman era uscito vent’anni prima…(dal 23 dicembre in esclusiva su Sky e in streaming su Now, parte «Amadeus», miniserie in cinque puntate, reinterpretazione dell’opera teatrale di Peter Shaffer e del successivo film del 1984).



















































Non esiste una tomba di Mozart: il corpo fu gettato in una fossa comune, anche per l’epidemia che imperversava sulla città, ma a Vienna si poteva cercare quella di Salieri. Metropolitana blu, fermata Zentralfriedhof: una strada vuota, un muro, un cartello che indica la fine della municipalità. I documenti assicuravano che la tomba fosse lì, sebbene dopo la sua morte, avvenuta alle otto di sera del 7 maggio 1825 nella sua casa in Seilergasse – dopo due tentativi di tagliarsi la gola – la salma fosse stata dapprima tumulata nel cimitero di Matzleinsdorf. 

Si faticò molto a trovare la sua stele addossata a un muro perimetrale con una iscrizione ormai corrosa, che diceva: «Anton Salieri, nato il 19-8-1750 morì come K.K. Maestro della Cappella di corte il 7-5-1825. Riposi tranquillo. Gli venga data l’eternità. In eterna armonia è ora immerso il suo spirito. Così come parlava in toni magici, che ora egli sia portato nell’ eterno incantesimo». 

La tomba era stata rinnovata nel 1846 (dopo il fatidico 1830 quando Puskin pubblicò l’opera in cui si lasciava intendere che avesse assassinato Mozart) e nel 1903. Mi lamentai dello stato di degrado scrivendo al vicesindaco di Vienna, Adreas Mailath Pokorny: rispose che sarebbero interventi. Si mobilitarono anche la congregazione italiana Maria Schnee attiva presso la Minoritenkirche, la Chiesa degli italiani a Vienna (della quale Salieri faceva parte) e la fondazione culturale Salieri di Legnago. La lapide fu sistemata in pochi mesi.

A Legnago una targa indica, invece, dove sorgeva la casa natale, cancellata dalle vicende urbanistiche. Salieri aveva lasciato il natio borgo vicino a Verona a soli sedici anni, dopo la morte dei genitori ed era partito alla volta di Venezia sotto la protezione di Giovanni Mocenigo, che lo affidò a Ferdinando Pacini, tenore della cappella di San Marco, e questi al compositore Florian Leopold Gaßmann, che lo portò con sé a Vienna. 

Da lì spiccò il volo sino a diventare Compositore di Corte con il suo «Axur. Re d’Ormus» su libretto del sublime doppiogiochista Lorenzo Da Ponte, poi con «La grotta di Trofonio» (storia di uno scambio di coppia sovrastato dal «Così fan tutte» di quell’altro), infine con «Prima la musica poi le parole», metaopera metastasiana su chi sia più importante tra compositore e librettista. 

Il problema di Salieri è che venne Lui, M. La fine educazione musicale, le studiate relazioni nulla possono contro il talento che ti rapisce tutto, imperatore, pubblico, amanti, melodie… Soprattutto le amanti («le donne ficcan gli aghi in ogni loco / aihmé capisco il gioco» lo deridevano Mozart e Da Ponte in un dissing del tempo!). A metà 1789 Salieri lavorò a un libretto di Da Ponte intitolato «La scola degli amanti»: abbandonò il progetto e, sciagura sua il dramma, finì nelle mani di Mozart e divenne, nel gennaio 1790, il «Così fan tutte», appena andato in scena alla Scala con regia di Robert Carsen in stile «Temptation Island».

Quest’anno, però, in occasione dei duecento anni dalla scomparsa, è uscita una biografia così documentata da porre fine alle dicerie antisalieri. È quella dello studioso spagnolo Ernesto Monsalve, «Antonio Salieri. L’uomo che non uccise Mozart» (Ares edizioni). Mozart, ricorda Monsalve, a quel tempo aveva due ossessioni: scrivere il Requiem – che lasciò incompiuto – e che qualcuno lo stesse avvelenando con l’acqua tofana: «Qualcuno […] ha calcolato il giorno preciso della mia morte, per la quale mi hanno commissionato [l’o¬pera]», scriveva. 

Tuttavia, il figlio Franz Xaver Wolfgang Mozart nega che Salieri l’abbia avvelenato, benché suo padre l’avesse pensato. «Lo ha negato – ricorda Monsalve – anche il dottor Mathias Edlen von Sallaba che, insieme al dottor Closset, assistette Mozart alla fine dei suoi giorni: Mozart è definitivamente perduto, non è stato possibile arginare il deposito in testa. Mozart morì pochi giorni dopo, presentando i tipici sintomi di un reumatismo acuto. La sua morte fu sconvolgente, ma nessuno sospettava un avvelenamento.

Questo è quanto posso dire per contrastare l’infamante calunnia che ha colpito l’eccellente e squisito maestro Antonio Salieri. Colpisce la citazione di Salieri in una dichiarazione di un medico riguardante un altro paziente, ma d’altra parte rende bene l’idea di quanto fosse clamorosa e insistente quella diceria, fin dall’inizio». 

Nella sua ultima lettera – inviata alla moglie il 14 ottobre 1791, lo stesso Mozart racconta quanto gli sia piaciuto vedere Salieri e accompagnarlo all’esecuzione del suo nuovissimo Singspiel. Tutti coloro che conobbero Salieri parlano della sua nobiltà di cuore e lo dicono incapace di una simile azione. E la diagnosi medica sulla morte di Mozart parla di «incidente vascolare cerebrale che, per la sua natura acuta, si può identificare in un’emorragia ipertensiva secondaria alla sua nefropatia cronica». 

La rivista berlinese «Musikalisches Wochenblatt», nel numero del 12 dicembre 1791, una settimana dopo il funerale, definiva il cadavere «gonfio, sintomo della malattia». E, sebbene esistano centodiciotto teorie mediche sulle cause della morte di Mozart, una delle più solide sarebbe che il musicista morì di trichinosi.

Numerosissime opere di fiction ruotano attorno alla figura enigmatica e oscura che si presenta a casa di Mozart per sollecitargli la conclusione del Requiem. Tra queste Amadeus, l’opera teatrale di Peter Shaffer del 1979 e la sua versione cinematografica di Milos Forman del 1984. Secondo queste narrazioni drammaturgiche, l’uomo incappucciato altri non poteva essere che Salieri animato da un piano macabro: stanco di essere secondo a Mozart (ma nella gerarchia di corte gli era assai davanti), constatando che Dio agisce contro di lui, decide di vendicarsi dell’ingiustizia divina uccidendo il genio salisburghese. 

Questa leggenda, ricorda ancora Monsalve, si diffuse a Vienna dopo la morte di Wolfgang, intralciando gli sforzi della vedova «a far sembrare che il marito avesse ultimato il manoscritto del Requiem prima di morire. Constanze intendeva evitare di perdere il denaro che le sarebbe spettato». 

La vera identità dell’uomo in nero fu svelata in una memoria dell’l’abate Maximilian Stadler, monaco benedettino: «Subito dopo la morte di Mozart seppi che il conte Wallseeg [sic] gli aveva commissionato il Requiem. Fui anche informato per tutto il tempo dei piani del conte e di tutto ciò che veniva tenuto segreto». Stadler conferma quanto asserito da Streicher e rivela così l’identità dell’uomo in nero, pilastro della leggenda contro Salieri

Ma questo e altri riferimenti che lo scagionano sono venuti alla luce quasi due secoli dopo la morte di Mozart, poco prima che Wolfgang Plath pubblicasse il suo resoconto nel Mozart-Jahrbuch del 1976/77 e appena due anni prima dell’Amadeus di Shaffer.

A pochi passi dalla casa natale di Salieri a Legnago, sorgeva il teatro della fortezza (oggi all’angolo tra via Disciplina e via Rosselli). Era un antico teatro nel quale ebbe modo di suonare, nel 1807, Salieri, durante la sua unica visita nel paese natale. Dal 1933 il nuovo teatro di Legnago di via XX Settembre porta, però, il suo nome.

24 dicembre 2025