di
Andrea Ducci
Taglio Irpef, sanità, rottamazione delle cartelle. Ecco chi sono i destinatari delle risorse stanziate nella legge di Bilancio
Uno degli interventi che nei piani del governo più connota questa legge di Bilancio è il taglio dell’Irpef. Una misura che costituisce, dopo quella dello scorso anno, il secondo tassello nel percorso di riduzione del carico fiscale sul ceto medio. Nella manovra figura, dunque, la norma con il taglio della seconda aliquota Irpef, che scende dal 35% al 33% per i redditi fino a 50 mila euro, oltre che la rimodulazione delle detrazioni sopra i 200 mila euro. Il valore della misura è circa 3 miliardi e l’impatto stimato in busta paga potrà variare da circa 30 euro fino a 440 euro annui. A beneficiarne una platea complessiva di circa 13,6 milioni di contribuenti. L’intervento segue la norma nella legge di Bilancio dello scorso anno, che prevedeva la riduzione da quattro a tre scaglioni, accorpando i primi due scaglioni, oltre che la riduzione dal 25 al 23% dell’aliquota sui redditi fino a 28 mila euro.
L’Isee e la prima casa
L’altra misura che prevede maglie più larghe è quella sull’Isee. In base alle modifiche approvate nelle ultime ore l’Indicatore della situazione economica equivalente prevede una revisione dei valori catastali che escludono la prima casa ai fini del calcolo. Inizialmente era stato stabilito di portare la «franchigia» sulla prima casa da 52 mila a 91.500 euro, una soglia poi elevata a quota 200 mila euro a condizione che l’immobile si trovi in una grande città (vale soltanto per le 14 città metropolitane).
L’agevolazione che considera in misura più generosa la proprietà della casa ai fini del calcolo Isee vale, però, soltanto per i bonus come l’assegno unico, l’assegno di inclusione, i bonus neonati, i buoni asili nido e gli incentivi alla formazione. Il meccanismo cambia nel caso dei servizi erogati dagli enti locali: per gli sgravi garantiti dai comuni su mense e asili l’Isee continuerà ad essere calcolato con la vecchia franchigia di 52 mila euro per la prima casa.
Sanità, più fondi ma la spesa cala in rapporto al Pil
Lo stanziamento alla Sanità alimenta le polemiche e gli attacchi dell’opposizione e dei sindacati dei medici. Nella legge di Bilancio, per il fabbisogno destinato al Fondo sanitario nazionale, il governo ha previsto un incremento delle risorse, destinando 2,38 miliardi di euro al 2026, a seguire 2,6 miliardi per il 2027 e ulteriori 2,6 miliardi a decorrere dal 2028. In totale che ci sono 7,7 miliardi di euro in più per il prossimo triennio, ma in prospettiva la spesa complessiva per la sanità pubblica è destinata a ridursi rispetto al valore del Prodotto interno lordo, passando a un rapporto pari al 6,1% nel prossimo anno, fino al 5,9% nel 2028. Una dinamica che, come detto, espone il governo agli affondi dei partiti di opposizione.
Non piace, per esempio, il taglio di 140 milioni di euro a decorrere dall’anno prossimo sul fondo per i farmaci innovativi. Sebbene la somma sia stata dirottata sull’aumento dello 0,1% per la spesa dei farmaci ospedalieri, facendo così salire allo 0,3% l’incremento complessivo per questa voce. A preoccupare è anche la previsione di sforamento della spesa diretta per i farmaci, che nel 2026 è stimata in circa 4 miliardi, buona parte dei quali rischia di essere trasferito in carico alle aziende farmaceutiche.
Sul fronte della prevenzione sono stanziati, a partire dall’anno prossimo, 238 milioni di euro in più per la prevenzione sanitaria, estendendo così l’accesso ai test diagnostici. È previsto inoltre di ampliare i test genomici per individuare le mutazioni di carcinoma mammario. Al via un fondo da 500 mila euro per il 2026 e e per il 2027 da destinare ai nuovi screening neonatali. Risorse anche per la diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva dei malati di Parkinson. Nuovi fondi (1 milione in più all’anno dal 2026 ) per potenziare l’accesso alla profilassi contro l’Hiv. È stato inoltre istituito un fondo da 2 milioni annui per la prevenzione dell’obesità in età adolescenziale.
La nuova rottamazione
La nuova rottamazione delle cartelle esattoriali è una delle misure bandiera della Lega. La quinta versione della sanatoria con il fisco prevede che le pendenze con l’Agenzia delle entrate, relative al periodo 1 gennaio 2000 – 31 dicembre 2023, possano essere estinte con 54 rate bimestrali da un minimo di 100 euro, saldando così il debito in 9 anni. Il tasso di interesse inizialmente era stato fissato al 4% ma in corso d’opera la norma è cambiata, fissandolo al 3%. Il termine per aderire alla nuova rottamazione è il mese di aprile del prossimo anno, con il primo pagamento a partire da luglio 2026. In base alle stime della relazione tecnica la misura dovrebbe generare un gettito di circa 9 miliardi di euro nel periodo 2026-2036. Il beneficio della sanatoria decade nel caso di mancato versamento di due rate, anche non consecutive. La cosiddetta definizione agevolata dei carichi con il fisco vale solo per chi ha ricevuto avvisi bonari ossia controlli formali o liquidazioni d’imposta che risultano non allineate ai database fiscali), mentre sono esclusi i destinatari di accertamento.
Le misure per le imprese
È stato necessario attendere fino all’ultimo con il maxi emendamento del governo. Nel provvedimento in extremis l’esecutivo ha infatti previsto 1,3 miliardi per rifinanziare il credito d’imposta Transizione 4.0, oltre che uno stanziamento di 532 milioni per le aziende che hanno fatto domanda per il credito d’imposta per la Zona economia speciale (Zes) unica. Sono state poi incrementate le aliquote relative alla Zes unica per l’agricoltura, la pesca e l’acquacoltura. In particolare, l’iperammortamento per le imprese che investono in beni strumentali, materiali e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica o digitale è prorogato fino al 30 settembre 2028. Il costo di acquisizione dei beni è maggiorato nella misura del 50% per gli investimenti da 10 a 20 milioni, del 100% per gli investimenti da 2,5 a 10 milioni di euro e del 180% per gli investimenti fino a 2,5 milioni. Salta, invece, la maggiorazione al 220% per gli investimenti green. Nella legge di Bilancio figura anche l’ennesima proroga per la plastic e la sugar tax.
Tassa al 5% per gli aumenti contrattuali per i redditi fino a 33mila euro
Un percorso lungo e tortuoso. Per arrivare alla riduzione delle aliquote sugli aumenti contrattuali la maggioranza ha dovuto fare i conti con la Ragioneria generale dello Stato. In un primo momento la norma prevedeva che lo sconto venisse riservato ai lavoratori con redditi fino a 28mila euro. Ma fin dalle prime battute della discussione della manovra è iniziato un balletto contabile per estendere la platea dei beneficiari, cercando di capire dove individuare le coperture. Il tira e molla ha portato all’approvazione della norma che stabilisce di tassare gli incrementi contrattuali al 5% per i redditi fino a 33mila euro. La misura vale, oltre che per i contratti rinnovati nel 2025 e 2026, anche per quelli del 2024. In manovra entra anche la norma per la detassazione dei premi di produttività, fissando un’aliquota all’1%. Un risultato rivendicato dal ministro dell’Economia Giorgetti: «Siamo intervenuti su questioni che sembravano quasi impossibili, come la detassazione degli aumenti contrattuali e la tassazione all’1% dei salari di produttività».
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24 dicembre 2025
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