Il bando imposto dall’amministrazione di Donald Trump contro l’ex commissario europeo Thierry Breton e altri quattro funzionari europei apre uno scontro politico con pochi precedenti tra Stati Uniti e Unione. E in Francia compatta un fronte trasversale che va dalla sinistra al Rassemblement National. La decisione di vietare l’ingresso negli Usa a uno dei principali artefici della regolazione europea dei colossi del web viene letta come un attacco diretto alla sovranità normativa dell’Ue e un segnale politico che va ben oltre il caso individuale.

“La Commissione Europea condanna fermamente la decisione degli Stati Uniti”, scrive l’esecutivo Ue in una nota. “La libertà di espressione è un diritto fondamentale in Europa e un valore fondamentale condiviso con gli Stati Uniti in tutto il mondo democratico”. Il presidente francese, Emmanuel Macron, sui social parla senza mezzi termini di “intimidazione e nella coercizione nei confronti della sovranità digitale europea”. Evocando, tra le righe, la possibilità di ricorrere al mai utilizzato strumento anti coercizione che consentirebbe di limitare l’accesso dei gruppi Usa ai mercati finanziari europei e persino introdurre restrizioni sui diritti di proprietà intellettuale. “La normativa digitale dell’Unione Europea è stata adottata a seguito di un processo democratico e sovrano dal Parlamento europeo e dal Consiglio”, ricorda Macron. “Si applica in Europa per garantire una concorrenza leale tra le piattaforme, senza prendere di mira alcun paese terzo, e per far rispettare online le regole che già si applicano offline”.

Poco dopo interviene da Berlino il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul, che attacca a sua volta: “Inaccettabile”. Poi usa parole quasi identiche a quelle scritte da Macron, segno che la risposta è coordinata: “Il Dsa è stato approvato democraticamente dall’Ue per l’Ue e non ha effetto extraterritoriale. Intendiamo chiarire le divergenze di opinione con gli Usa nel quadro del dialogo transatlantico, al fine di rafforzare la nostra partnership”.

La reazione della Commissione

“L’Ue è un mercato unico aperto e basato su regole, con il diritto sovrano di regolamentare l’attività economica in linea con i nostri valori democratici e gli impegni internazionali – scrive la Commissione nella sua nota -. Le nostre regole digitali garantiscono condizioni di parità, sicurezza e correttezza per tutte le aziende, applicate in modo equo e senza discriminazioni. Abbiamo richiesto chiarimenti alle autorità statunitensi e continuiamo a impegnarci. Se necessario, risponderemo rapidamente e con decisione per difendere la nostra autonomia normativa da misure ingiustificate”.

Breton: “Torna la caccia alle streghe?”

In un messaggio pubblicato su X, l’ex commissario colpevole di aver identificato 6 compagnie “gatekeepers” (da Amazon fino a Apple e Meta, 5 statunitensi e una cinese) che dovevano attenersi alle nuove regole del mercato digitale evoca dal canto suo il ritorno della “caccia alle streghe di McCarthy”. E ricorda che il Digital Services Act è stato approvato “dal 90% del Parlamento europeo e all’unanimità dai 27 Stati membri”. “Ai nostri amici americani – aggiunge – la censura non è dove pensate che sia”. Itervistato da Le Figaro insieme all’ex ministro Arnaud Montebourg, Breton – che lo scorso anno si era dimesso dal suo ruolo nella Commissione in polemica con Ursula von der Leyen – dice che “l’Europa e le sue istituzioni sono sotto attacco. Leggendo la Strategia per la sicurezza nazionale americana, tornano alla mente le dichiarazioni di J.D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco: una visione molto dura, a tratti caricaturale, dell’Europa. Oggi quella visione è diventata dottrina scritta dell’amministrazione Usa”, afferma l’ex commissario, secondo cui “quando un Paese esplicita ciò che si aspetta dai suoi alleati – o vassalli – va preso sul serio”. Breton respinge l’accusa americana – il presunto danno arrecato agli interessi americani dal Digital Services Act: “Bisogna dire le cose come stanno: siamo circondati da potenze dalla logica imperiale“.

In Francia fronte trasversale dalla sinistra al Rassemblement National

Le reazioni politiche in Francia sono state immediate e trasversali. “Non siamo una colonia degli Stati Uniti. Siamo europei e dobbiamo difendere le nostre leggi, i nostri principi e i nostri interessi”, scrive su X Raphael Glucksman, eurodeputato di Place Publique. Per il segretario generale del Partito socialista, Pierre Jouvet, la decisione americana è “di una gravità estrema” e richiede “una risposta immediata della Francia e dell’Unione europea”. Sulla stessa linea l’eurodeputata centrista Nathalie Loiseau (Horizons), secondo cui “dietro questa misura è in gioco la sovranità degli europei nel decidere e applicare le proprie leggi”.

Anche il Rassemblement National prende le distanze dalla scelta di Washington. “L’amministrazione Trump non solo si sbaglia nel merito, ma anche nell’immagine degli Stati Uniti che invia al mondo”, afferma il vicepresidente del partito, Sébastien Chenu, parlando a Rtl. Intanto continuano a moltiplicarsi gli attestati di solidarietà a Breton, accusato da Washington di aver promosso una regolamentazione più stringente dei colossi del web nell’Unione europea.