Ogni clic online racconta qualcosa di noi. Ogni pagina aperta, ogni ricerca, ogni secondo trascorso in rete lascia una traccia perciò la scelta del browser non è più soltanto una questione di velocità, ma di privacy. Ed è proprio sulla privacy che ChatGPT Atlas, il nuovo browser di OpenAI basato sull’intelligenza artificiale, mostra i suoi limiti più evidenti, insieme a Google Chrome: un dato tutt’altro che marginale, se si considera che quest’ultimo è il browser più utilizzato al mondo.

Sono i risultati pubblicati da Digitain, società specializzata nello sviluppo di software per il settore iGaming, che assegna a ChatGPT Atlas un punteggio di rischio per la privacy pari a 99 su una scala da 1 a 99, in cui i valori più alti corrispondono a un livello di protezione più basso. L’analisi ha preso in esame 13 browser differenti, valutandoli sulla base di diverse metriche legate alla capacità di tutelare i dati personali degli utenti durante la navigazione.

Da Chrome a Tor, ecco quali sono i browser più sicuri (e quelli meno)

Il test ha messo alla prova i browser più diffusi per capire quanto riescano davvero a proteggerci mentre navighiamo. L’analisi si è concentrata sulla capacità di neutralizzare il fingerprinting (la tecnica che scansiona le caratteristiche tecniche del nostro dispositivo per riconoscerci ovunque) e sul blocco dei tracker (i pedinatori digitali che monitorano ogni nostro movimento per creare un profilo delle nostre abitudini).

La ricerca ha inoltre valutato la protezione dei dati nel momento in cui passiamo da un sito all’altro. In questa fase delicata, i browser più sicuri agiscono come un compartimento stagno, impedendo ai siti di scambiarsi informazioni su di noi e garantendo che ogni nuova pagina visitata non “sappia” nulla di quella precedente.

Il peggiore: Atlas di ChatGpt

In cima a questa classifica, quasi fuori scala con un punteggio di 99, troviamo ChatGPT Atlas di OpenAI, che si posiziona come lo strumento meno orientato alla protezione dei dati personali. Poco più in basso, nella zona calda della vulnerabilità, compare il colosso Google Chrome con un punteggio di 76, seguito a brevissima distanza da Vivaldi a quota 75. Entrambi offrono difese ancora fragili contro i sistemi di tracciamento più moderni.

Scendendo verso una fascia intermedia, incontriamo Microsoft Edge a 63 e Opera a 58. Questi browser iniziano a mostrare una maggiore attenzione alla sicurezza, pur lasciando ancora diverse porte aperte ai pedinatori digitali. In una zona d’ombra tra rischio e protezione si colloca Ungoogled a 55, tallonato da uno storico paladino della privacy come Mozilla Firefox, che raggiunge la soglia psicologica di 50.

Incontriamo infine i software più attenti alla nostra privacy. Qui si posiziona Safari con un punteggio di 49, grazie a una solida capacità di respingere i tentativi di identificazione del dispositivo. Ancora più efficace è DuckDuckGo, che scende a quota 44, precedendo quello che i test indicano come il browser più sicuro in assoluto: Tor Browser che, con un punteggio di appena 40, si conferma una vera fortezza, capace di rendere ogni nostra traccia sul web quasi invisibile.

Lo studio segnala invece risultati positivi per Brave e Mullvad Browser, indicati come tra i più efficaci nel limitare il tracciamento già con le impostazioni predefinite. Entrambi adottano infatti sistemi di blocco nativo di annunci e tracker, offrendo un livello elevato di protezione senza richiedere interventi o configurazioni avanzate da parte degli utenti.

Il paradosso dell’IA: più intelligenza significa meno privacy?

Oggi il browser è la nostra porta d’accesso a tutto: lavoro, affetti e tempo libero. Proprio per questo, il livello di protezione che offre determina quanta parte della nostra vita privata venga osservata. In un mondo così connesso, la privacy non è più un dettaglio tecnico, ma uno dei fattori più importanti che guidano le nostre scelte.

L’arrivo dell’intelligenza artificiale ha però rimescolato le carte. Browser come ChatGPT Atlas basano la loro efficienza proprio sulla raccolta e sull’analisi di enormi quantità di dati: il rischio è che questi strumenti finiscano per gestire un volume di informazioni personali superiore rispetto ai software tradizionali. L’integrazione dell’IA, quindi, non è sinonimo di sicurezza; al contrario, se non accompagnata da barriere rigorose, può trasformarsi in una finestra spalancata sulla nostra privacy, aumentando l’esposizione dei dati invece di ridurla.

Navigare senza lasciare tracce. Come funzionano i browser anonimi

Una possibile risposta ai limiti di privacy dei browser più diffusi arriva dai cosiddetti browser anonimi, progettati per restituire all’utente un maggiore controllo sui propri dati. Questi strumenti non promettono velocità o funzioni avanzate, ma protezione e invisibilità: riducono al minimo la raccolta di informazioni personali, oscurano le tracce di navigazione e impediscono che i comportamenti online vengano profilati o monetizzati.

A differenza dei software comuni, non si limitano a bloccare le pubblicità, ma agiscono sull’identità stessa della connessione. Tor Browser, ad esempio, fa rimbalzare il segnale tra diversi nodi nel mondo, nascondendo l’indirizzo IP e rendendo estremamente difficile risalire alla posizione reale di chi naviga. Altri, come Ungoogled, partono dal motore di Chrome ma ne rimuovono ogni singola riga di codice che comunica con i server esterni, eliminando qualsiasi invio di dati non autorizzato.

Utilizzare un browser anonimo significa rinunciare a qualche comodità (come il salvataggio automatico delle password o i suggerimenti personalizzati) in cambio di una navigazione che riduce al minimo le impronte digitali e rende molto più complesso ricostruire la nostra identità online.