di
Saverio Fossati
Una sentenza della Cassazione rende concreta la possibilità offerta dalla legge, almeno sino al 31 dicembre: bisogna però rinunciare alla proprietà, attraverso un atto di rinuncia abdicativa da fare con un notaio
Se le mettessimo tutte insieme faremmo dieci volte Milano, una megalopoli di abbandono e degrado ma soprattutto di totale non utilizzo e di cui i proprietari vorrebbero liberarsi con la “rinuncia abdicativa”, passandoli cioè allo Stato. Parliamo dei 620mila edifici (dati catasto) abbandonati, che pudicamente vengono chiamati “collabenti” perché i padroni li hanno accatastati nella categoria F2 per non essere costretti a pagare l’Imu. Sono a pezzi ma un tempo non lo erano e soprattutto, spesso, è lo stesso proprietario a procurare danni di nascosto (il più comune è scoperchiare il tetto) per iscriverli nella F2. Poi ci sono (dati Istat) 54mila edifici classificati come “abbandonati”, anche non da demolizione ma sicuramente degradati. E un numero imprecisato di terreni improduttivi.
Il valore e il costo degli immobili improduttivi
Questo patrimonio ha poco valore (ma potrebbe averne) ed è generato da una serie di fattori. Il primo è l’abbandono vero e proprio: si va da ville e palazzi nobiliari la cui frammentazione ereditaria ha reso impossibile la valorizzazione, a interi paesi abbandonati da emigranti i cui discendenti non sono mai più tornati in Italia da molti decenni o addirittura un secolo e hanno perso la memoria della loro proprietà.
Il secondo fattore è il costo fisso di un immobile improduttivo o non affittato, magari una seconda casa in un luogo in cui nessuno va più ma per il quale i proprietari devono pagare Imu, manutenzione per evitare pericoli di crollo (anche se rientranti nella categoria F2 vanno comunque transennate e sono soggette alle ordinanze comunali di messa in sicurezza), contributi di bonifica, tassa rifiuti…
Al patrimonio dello Stato
Esiste però una norma nel Codice civile, l’articolo 827, che recita semplicemente «I beni immobili che non sono in proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato». Ma per “non essere di alcuno” bisogna rinunciare alla proprietà, attraverso un atto di rinuncia abdicativa da fare presso un notaio, per poi trascriverla nei pubblici registri (il gruppo di studio del Consiglio notarile di Milano ha dedicato una corposa guida al problema il 17 settembre 2025). Semplice? No. Perché in genere queste situazioni si trascinano dietro contenziosi e sinora il Demanio, che dovrebbe acquisirli senza discussione, si opponeva, mente alcuni Tribunali ritenevano che la rinuncia priva di una “giustificazione sociale”. Ma di recente le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 23093 dell’11 agosto 2025) hanno affermato che l’atto è valido anche se esiste solo una convenienza individuale. In pratica la rinuncia non deve essere motivata in modo particolare.
Le risposte di Demanio e Comuni
Non solo: le Sezioni Unite hanno spiegato che l’atto si perfeziona con la forma scritta (atto pubblico o scrittura privata autenticata) e la trascrizione nei registri immobiliari e non è richiesta l’accettazione da parte dello Stato (l’atto viene definito infatti “non recettizio”), che diventa così automaticamente proprietario dell’immobile senza alcuna possibilità di opporsi. Inoltre, dice la Cassazione, non essendo una vendita non contano nullità urbanistiche, conformità catastale e prestazione energetica. Le quote degli eventuali beni comuni condominiali seguono (per legge) la nuova proprietà del bene.
Restano da chiarire le risposte di Demanio e Comuni: per il primo «quando la proprietà di un immobile passa allo Stato la responsabilità, la manutenzione e la vigilanza sono di competenza dello Stato e si applica la normativa Imu, incluse le esenzioni previste». Per i secondi l’Anci coerentemente risponde che, per i principi generali del diritto, il nuovo proprietario è il Demanio ed è allo Stato, quindi, che vanno chieste le imposte e indirizzate le ordinanze. Quindi, per molti proprietari la possibilità è aperta. Certo una pronuncia delle Entrate servirebbe per superare le formalità mancanti alla voltura (per esempio vecchie volture inevase).
I contenziosi precedenti
E i vecchi debiti e contenziosi sul bene? Per le Sezioni Unite, di quelli maturati sino a quel momento risponde comunque (e non in solido con lo Stato) esclusivamente il vecchio proprietario. Anzi, il debitore (anche privato) può chiedere la revocatoria dell’atto di rinuncia abdicativa.
Il tempo, però, stringe: il 1° gennaio potrebbe entrare in vigore una norma della legge di Bilancio 2026 che impone, proprio per questi casi, che venga «allegata la documentazione attestante la conformità del bene alla vigente normativa, ivi compresa quella urbanistica, ambientale, sismica», pena la nullità dell’atto. Ed è chiaro che quel tipo di immobili non avrà quasi mai tutte queste “conformità”.
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24 dicembre 2025 ( modifica il 24 dicembre 2025 | 15:13)
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