Pluribus, la serie Apple TV creata da Vince Gilligan, si è imposta fin dai primi episodi come un racconto di fantascienza inquieto e stratificato, capace di mescolare riflessione morale, tensione emotiva e una costruzione narrativa attentissima ai dettagli. Come già accadeva nelle opere precedenti dell’autore, come Breaking Bad, nulla viene inserito per caso: ogni dialogo, ogni oggetto, ogni informazione apparentemente marginale è destinata prima o poi a tornare, rivelando un significato più profondo. Ed è proprio nel finale della prima stagione che emerge uno dei colpi di scena più oscuri e disturbanti dell’intera serie, passato forse inosservato a una parte del pubblico.
ATTENZIONE: contiene spoiler sul finale di Pluribus
Al centro di questo snodo narrativo c’è Carol Sturka, protagonista della storia e una delle poche persone rimaste immuni alla mente-alveare che ha ormai inglobato la maggior parte dell’umanità. Nel nono episodio, la sua relazione con Zosia, costruita fino a quel momento come un rifugio emotivo e sentimentale, si rivela per quello che è davvero: una messinscena funzionale a un piano molto più inquietante. Carol comprende infatti che, nonostante i suoi ripetuti rifiuti a unirsi alla mente-alveare, questa ha trovato un modo per aggirare il problema del consenso senza infrangere formalmente le proprie regole.
Il dettaglio chiave risale addirittura al terzo episodio della stagione, Grenade. In un flashback ambientato in un hotel di ghiaccio in Norvegia, Carol accenna quasi distrattamente ai propri ovuli congelati, conservati nel caso decidesse in futuro di avere figli con Helen. All’epoca la battuta sembrava servire solo ad arricchire il passato del personaggio e a dare maggiore spessore alla sua vita prima dell’invasione aliena. Nel finale, invece, quel dettaglio assume un peso narrativo enorme. Carol scopre prima che in casa sua è stato installato un sensore nascosto, poi apprende la verità più sconvolgente: la mente-alveare ha accesso a quel materiale biologico e lo sta usando per ricavarne le sue cellule staminali.
È questo il cuore del colpo di scena più oscuro di Pluribus. La mente-alveare, impossibilitata a prelevare direttamente le cellule staminali dal corpo di Carol senza il suo consenso esplicito, sfrutta una zona grigia, trasformando un gesto del passato in un’arma contro di lei. Tecnicamente, le regole non vengono violate. Moralmente, però, il confine viene oltrepassato in modo netto. La serie mette così in scena una forma di abuso sofisticata e disturbante, che rende ancora più sinistra la relazione tra Carol e Zosia.
Zosia, presentata come partner ideale e costruita su misura per corrispondere ai desideri più profondi di Carol, incarna perfettamente questa ambiguità. Le dimostrazioni d’affetto estreme, i gesti grandiosi, la costante attenzione emotiva si rivelano strumenti di manipolazione. Dietro la facciata romantica si nasconde un meccanismo di controllo che isola Carol, la rende dipendente e la spinge fino al limite della disperazione. Il viaggio intorno al mondo, che potrebbe sembrare una fuga idilliaca, è in realtà parte di un processo di preparazione alla trasformazione, deciso senza mai coinvolgerla davvero.
Attraverso questo sviluppo narrativo, Pluribus affronta uno dei suoi temi centrali: il consenso. In un mondo in cui l’autonomia individuale è stata quasi cancellata, la serie interroga continuamente il significato reale di una scelta libera. Il caso di Carol mostra quanto sia fragile il confine tra rispetto formale delle regole e violenza sostanziale, e quanto sia facile mascherare l’abuso dietro l’illusione della felicità. Un colpo di scena che, proprio perché costruito con pazienza fin dai primi episodi, risulta ancora più perturbante una volta messo a fuoco.
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