A quasi sei anni dalla pandemia globale, sebbene non sia più considerato un’emergenza di sanità pubblica, il Covid-19 può ancora causare gravi malattie alle persone più vulnerabili. Il virus è attualmente in aumento negli Stati Uniti, cosa tipica dei mesi invernali: quest’impennata dei casi ha portato alcuni esperti a condividere le loro opinioni su come cambierà il Covid nel 2026, quali sintomi tenere d’occhio e come proteggersi per prevenire il contagio.
La variante Omicron
Esistono molte varianti diverse di Covid (alcuni rapporti ne registrano più di 20), ma gli esperti ritengono che le varianti Omicron saranno quelle più diffuse il prossimo anno. A tal proposito il Dott. William Schaffner, professore di Medicina preventiva della Vanderbilt University ha precisato: «tutte le varianti del Covid attualmente in circolazione fanno parte della famiglia Omicron, che ci accompagna ormai da diversi anni».
La forza dominante di XFG
«La variante più recente, discendente dalla famiglia Omicron, si chiama XFG, o Stratus» ha spiegato il Dott. Thomas Russo, capo della Divisione di malattie infettive presso la Buffalo University. «Sembra essere più elusivo nei confronti del sistema immunitario rispetto ai suoi processori, il che gli ha permesso di diventare dominante poiché l’immunità derivante da un’infezione precedente o da una vaccinazione era imperfetta», ha affermato. Pertanto, al momento, la XFG sta «guidando i casi», ha affermato Russo, aggiungendo però che «emergerà una nuova variante», anche se i tempi sono incerti.
I sintomi
Nella stragrande maggioranza dei casi il Covid presenta sintomi blandi, ma c’è una piccola percentuale di individui in cui si possono manifestare complicazioni molto più gravi, capaci di portare al ricovero ospedaliero e persino alla morte. Secondo il Centro di Controllo Malattie americano, la variante XFG può provocare un’ampia gamma di sintomi, «andando da mal di gola e lievi sintomi del raffreddore a malattie gravi e morte a seconda dell’ospite» ha affermato Russo. I bambini di età inferiore ai 4 anni, le donne incinte, gli over 65, le persone immunodepresse e quelle affette da patologie pregresse avranno «maggiori probabilità di avere una prognosi negativa», ha aggiunto.
Aumento di casi nel 2026?
Il Dott. Schaffner ha affermato che negli Usa si è registrato un «aumento dei casi ospedalizzati» di Covid, il che indica l’inizio della prevista impennata invernale. Attualmente, il virus sta «mutando costantemente all’interno della famiglia Omicron, ma fortunatamente, da diversi anni non è emersa sulla scena internazionale alcuna variante virale radicalmente nuova». Tuttavia, il Dott. Russo ha affermato che forse quest’inverno, «sorgerà una nuova variante che sarà più contagiosa dell’XFG, o che riuscirà a eludere meglio l’immunità preesistente».
L’importanza del vacccino
Oltre alla mutazione del virus, la vaccinazione ha un impatto importante sui tassi di ospedalizzazione per Covid. Schaffner ha affermato che negli Stati Uniti, nonostante l’attuale aumento dei ricoveri ospedalieri correlati al virus «praticamente nessuno è in regola con la vaccinazione». Il professore sollecita gli americani a essere consapevoli e a rispettare la gravità della malattia. Ha aggiunto che soprattutto le persone anziane o affette da patologie croniche, immunodepresse o in gravidanza dovrebbero «avvalersi del vaccino». «Non possiamo essere compiacenti con il COVID», ha detto il professor Russo. «Rimane una malattia potenzialmente letale, soprattutto nei soggetti ad alto rischio», ha aggiunto. «Il modo migliore per ridurre al minimo questi rischi è vaccinarsi almeno una volta all’anno, per gli individui ad alto rischio anche due iniezioni all’anno. Sebbene il vaccino contro il COVID non sia efficace nel prevenire l’infezione, è molto efficace nel ridurre le probabilità di essere ricoverati», ha affermato.
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