Un mese senza mezze misure. Dal 22 novembre, esordio a Napoli, al 21 dicembre, col sorriso pre natalizio di Genova, Raffaele Palladino ha vissuto un tour de force serrato per iniziare la scalata dei nerazzurri, con 8 gare in 29 giorni. E, sotto tanti aspetti, è stata un’Atalanta completamente agli antipodi rispetto alla parentesi di Ivan Juric. In un dettaglio, soprattutto: se il tecnico croato ha pagato una pareggite acuta (8 pari in 15 gare), il mister di Mugnano ha solo vinto (6 volte) o perso (2). E, si sa, nel calcio dei tre punti non si va lontani con troppe X.

Annunciato ufficialmente l’11 novembre, durante la sosta per la nazionale dopo il tracollo contro il Sassuolo, Palladino ha debuttato appunto il 22 novembre al «Maradona»: un avvio choc, con un parziale di 0-3 al 45’, mitigato da una ripresa di piglio migliore e dal gol della bandiera di Scamacca, fin qui il giocatore simbolo del nuovo corso.

Da lì sono arrivate tre vittorie consecutive in tre competizioni diverse, la settimana perfetta col filotto Eintracht-Fiorentina-Genoa (in Coppa Italia), prima del pesante rovescio di Verona. Un segnale da saliscendi, quello, che nelle uscite successive s’è riproposto non nei risultati ma nelle prestazioni. Se contro il Chelsea è stata scritta una vittoria storica, in rimonta, frutto di carattere e organizzazione tattica, i successivi due impegni di campionato hanno consegnato indicazioni alterne: la sfida con il Cagliari, pur aperta dal gol lampo di Scamacca, si è complicata più del dovuto per risolversi infine con una zampata «sporca» del bomber romano; in casa del Genoa, domenica, l’esultanza è esplosa solo al 94’ dopo un match giocato quasi interamente in superiorità numerica.

Ma conta vincere, fare i punti, riguadagnare il terreno perso. Ed è quello che Palladino ha fatto. Come? Lavorando sulla testa oltre che sulla tattica, ritrovando alcuni big (su tutti Scamacca, ma anche rivitalizzando De Ketelaere), limitando le rotazioni di formazione, ridando linfa all’attacco (tra Serie A, Champions e Coppa Italia, l’Atalanta di Palladino ha sempre segnato; quella di Juric era rimasta quattro volte a secco). E, in fondo, in questo primo scorcio c’è stata pure un po’ di fortuna. Che non guasta, dopo qualche episodio storto che ha influito sul bilancio del suo predecessore.

Fra i subentrati meglio solo Spalletti

La scelta dell’Atalanta ha confermato quel vecchio adagio secondo cui cambiare paga. Basta guardare al resto del campionato, dove sta prevalendo il buon esito delle scelte drastiche. La Juventus è stata la prima a farlo, esonerando Igor Tudor dopo 8 giornate: allora i bianconeri erano ottavi (media di 1,5 punti a partita), e adesso, dopo l’approdo di Luciano Spalletti (che in campionato ha portato la media a 2 punti a partita) sono risaliti in quinta piazza. Al Genoa l’avvicendamento è scattato alla 9ª giornata con le dimissioni di Patrick Vieira: il Grifone era ultimo con 3 punti (0,33 punti a partita), attualmente è 17° e con Daniele De Rossi la media è aumentata a 1,33 punti a gara. Non ha dato una scossa vera, almeno finora, il ricambio a Firenze: Stefano Pioli è stato sollevato dall’incarico al 10° turno, quando la Viola era ultima con 4 punti (0,4 a gara), e con Paolo Vanoli (media di 0,83 punti) è ancora sul fondo nonostante il successo contro l’Udinese abbia acceso una fiamma di speranza.

Poi, appunto, all’11ª giornata c’è stato l’allontanamento di Ivan Juric: i nerazzurri erano tredicesimi (media di 1,18 punti), con Palladino (1,80 punti) sono noni. Finora, appunto, tra i subentrati in Serie A solo Spalletti ha un rendimento migliore di Palladino.